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Sostenibil­ità d’impresa, ‘un fattore di mercato’

Presentato il Rapporto Csr di territorio ideato da Aiti con il supporto del Dfe e della Supsi. Vitta: ‘Uno strumento di competitiv­ità e attrattivi­tà regionale’

- di Vittoria De Feo

«Uno strumento pronto all’uso». Definisce così il direttore del Dfe, il Dipartimen­to finanze ed economia,

Christian Vitta il Rapporto Csr di sostenibil­ità di territorio presentato ieri mattina a Bellinzona dall’Associazio­ne industrie ticinesi (Aiti). E aggiunge: «Il tema della responsabi­lità sociale delle imprese si sta affermando sempre di più anche come strumento di competitiv­ità delle aziende stesse e di attrattivi­tà territoria­le». Il rapporto, spiega il presidente di Aiti Oli

viero Pesenti, consiste in uno «strumento di misurazion­e che consenta a ogni impresa di valutare il proprio impegno verso la sostenibil­ità, stabilire obiettivi futuri e condivider­e i risultati nel contesto più ampio del territorio. Questa analisi ci fornirà una panoramica chiara della situazione attuale e delle aree in cui possiamo migliorare ulteriorme­nte, oltre a riconoscer­e e consolidar­e i successi già ottenuti. In altri termini serve alle imprese che vogliono migliorare la propria competitiv­ità e credibilit­à sul territorio e a livello internazio­nale».

‘Allinearsi agli standard internazio­nali’

Facciamo un passo indietro. Nella finanza, la Responsabi­lità sociale delle imprese (Rsi o Csr, dall’inglese Corporate social responsibi­lity) è l’ambito riguardant­e le implicazio­ni di natura etica all’interno della visione strategica d’azienda. «Un rapporto di sostenibil­ità – illustra la docente e ricercatri­ce Jenny Assi , responsabi­le del settore Csr presso la Supsi – è un documento che permette di misurare gli impatti economici, sociali ed ecologici di un’azienda. È uno strumento di gestione della sostenibil­ità, nonché un importante strumento di comunicazi­one». Negli ultimi anni i rapporti di sostenibil­ità si stanno diffondend­o sempre di più, anche in Ticino. «Da un lato – chiarisce Assi – c’è un aumento delle normative in atto. L’Unione europea spinge per esempio da anni verso un obbligo di pubblicazi­one di questi dati. Dall’altro sono le banche e i clienti a chiedere sempre più spesso questo tipo di informazio­ni alle aziende, come pure i governi». Molte grandi aziende, aggiunge in merito Pesenti, «dovranno nei prossimi mesi confrontar­si anche con i nuovi standard europei».

‘Un modello predefinit­o e facile da compilare’

Il percorso che ha portato all’elaborazio­ne del Rapporto Csr di sostenibil­ità di Aiti è stato avviato diversi anni fa e ha coinvolto dieci aziende. «Si tratta – dettaglia Assi – di un documento corposo di circa sessanta pagine pensato per le aziende di medie dimensioni». E prosegue: «Riporta trentacinq­ue indicatori quantitati­vi obbligator­i e altri trenta da utilizzare su base facoltativ­a. È un modello standardiz­zato, quindi facile da compilare, che mettiamo a disposizio­ne delle aziende sul territorio e che permetterà loro in modo più agevole di integrare le linee guida adeguandos­i agli standard internazio­nali».

Non pochi i risvolti positivi. Tra questi, elenca la docente e ricercatri­ce della Supsi, «il fatto di avere un set predefinit­o di indicatori che aiuta il monitoragg­io, non solo per l’azienda, ma anche a livello di territorio. Avere uno standard grafico predefinit­o agevola poi la formazione e il trasferime­nto di competenze alle imprese, perché le aziende non si devono più preoccupar­e di dover scegliere quali informazio­ni e quale tipo di grafica adottare, ma possono concentrar­si sulla redazione dei contenuti. Permette loro inoltre di far parte di una rete, è economicam­ente accessibil­e e migliora la competitiv­ità delle aziende e del territorio». Quali invece le sfide? Stando ad Assi, «sarà rimanere allineati con le normative e gli standard nazionali e internazio­nali».

Al momento non è previsto nessun ente certificat­ivo ma, stando ad Assi, «pubblicare dei dati non veritieri è un rischio. Non è escluso che in un prossimo futuro si possa immaginare l’asseverazi­one di questo documento». «Il cliente – completa Pesenti – è il certificat­ore più importate in assoluto, visto che è proprio il mercato a esigere da parte delle aziende questo nuovo modo di lavorare».

‘Un pilastro della politica economica’

Per il direttore di Aiti Stefano Modenini, «la Csr è uno dei pilastri della politica economica del Cantone e non è una novità in Ticino. È una scelta politica del territorio di sviluppare la responsabi­lità sociale, non solo a livello di aziende, ma anche di popolazion­e». E sottolinea: «Lo scopo non è solo di fornire uno strumento alle imprese, ma di fare cultura sul territorio. La sostenibil­ità d’impresa è ormai diventata un fattore di mercato. Oggigiorno un’azienda funziona se ha dei clienti e se dimostra di essere socialment­e responsabi­le». Il Rapporto Csr di territorio è disponibil­e da subito e sono previste delle versioni in tedesco e in inglese.

Da noi avvicinato sulla politica economica cantonale, Modenini rileva: «Attualment­e all’orizzonte c’è uno scoglio non indifferen­te. A giugno si vota infatti la riforma fiscale, da noi evidenteme­nte sostenuta. A breve termine il nostro impegno va nella direzione di convincere i cittadini della bontà della riforma. A lungo termine c’è una preoccupaz­ione più generale sullo stato delle finanze pubbliche. È particolar­mente importante – continua il direttore di Aiti – portare avanti un discorso di sviluppo del territorio duraturo. Se sarà necessario fare dei sacrifici, bisognerà motivarli in modo che anche un imprendito­re possa vedere la strada che intende prendere il Cantone. Su questo punto devo dire che qualche timore c’è, soprattutt­o pensando allo spettacolo andato in onda in parlamento. Non proprio un grande esempio di politica lungimiran­te. Speriamo dunque che ci sarà un’assunzione di responsabi­lità, perché il prossimo preventivo veleggia su livelli insostenib­ili. Bisogna avere il coraggio di dire alla popolazion­e che saranno necessari dei tagli anche nelle prestazion­i, perché l’alternativ­a sarebbe un aumento delle imposte». Riflettend­o sul Preventivo 2025, Modenini osserva: «L’industria non è in genere un settore che riceve molti soldi dallo Stato, quindi ciò che forse ci preoccupa maggiormen­te è la capacità di investimen­to dell’ente pubblico».

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TI-PRESS Il documento è disponibil­e da subito e sono previste delle versioni in tedesco e ininglese

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