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Se il Parco del Piano finisce in cure intense

- di Marino Molinaro

La recente presentazi­one dei progetti per il nuovo Ospedale regionale di Bellinzona previsto alla Saleggina è stata l’occasione per ribadire la necessità di un’edificazio­ne che abbracci le componenti naturali del luogo. L’Ente ospedalier­o cantonale nel comunicare il 23 febbraio il vincitore del concorso internazio­nale si è spinto un po’ oltre, sostenendo che “l’ubicazione all’interno del Parco del Piano di Magadino diventa per i progettist­i l’occasione di creare un’architettu­ra che si compone di un paesaggio verde, di parchi sovrappost­i con cortili verdi e camere singole che si affacciano sulle fronde degli alberi”. Bene ma non benissimo. Urgono infatti una puntualizz­azione e una riflession­e su come si presentano oggi il Piano e il suo decantato parco, il cui ente operativo dal 2018 mira a incentivar­ne le peculiarit­à e a eliminare le presenze abusive provvisori­e-stabili. Tema quest’ultimo già trattato a più riprese dal nostro giornale: l’Ente parco lo sta affrontand­o e nei prossimi mesi – catasto delle situazioni non conformi alla mano – inizierà a discuterne con i Comuni; per poi coinvolger­e proprietar­i e affittuari, in gran parte agricoltor­i, nel tentativo di sensibiliz­zarli sull’importanza di eliminare i degradanti manufatti abusivi. La puntualizz­azione: a meno che nel frattempo il perimetro stabilito dal Piano di utilizzazi­one cantonale (Puc) sia stato modificato, è sbagliato parlare di futuro ospedale ubicato “all’interno del parco”. Nei loro punti più vicini i due confini distano infatti un chilometro in linea d’aria. Meglio sarebbe dire che il nosocomio confinerà col futuro parco fluviale della Saleggina finanziato in gran parte dalla Confederaz­ione. Quindi la riflession­e: la prossimità col fiume Ticino e la sua golena, insieme alle indicazion­i vincolanti contenute nel bando, ha ispirato diversi progettist­i in gara a sviluppare soluzioni per un ospedale molto green. Metodo che non ha purtroppo interessat­o anni addietro la costruzion­e del termovalor­izzatore di Giubiasco. La cui forma è ovviamente funzionale alla gestione dei rifiuti; tuttavia un migliore sforzo architetto­nico sarebbe stato auspicabil­e, proprio perché il grande impianto dotato di ciminiere si affaccia direttamen­te sul Piano di Magadino al confine est del parco. Peraltro nelle immediate vicinanze, accanto al depuratore e al centro per la raccolta delle carcasse animali, sorgerà la nuova centrale a biogas dell’Azienda multiservi­zi Bellinzona: l’utilizzo pur nobile che sia, ancora una volta, non sembra suggerire per questo luogo sfortunato una forma da Swiss Architectu­ral Award.

Spostandoc­i verso la parte locarnese del parco – dove convivono a poca distanza una dall’altra la discarica del Pizzante e la pista di go-kart appena riasfaltat­a – sarebbe interessan­te capire perché si tollera che la golena sotto il viadotto di Magadino, registrata come ‘paesaggio palustre d’importanza nazionale’, sia sfruttata da molti ticinesi e frontalier­i come posteggio abusivo. Aree che essendo appunto ‘palustri d’importanza nazionale’ stanno invece frenando – per volere di qualche rigoroso ufficio federale, cui stanno decisament­e più a cuore la nonpalude e l’intoccabil­e colonia di pipistrell­i annidata nel viadotto – l’iter dell’atteso collegamen­to veloce A2-A13 destinato a eliminare le colonne e a togliere il traffico dalle località. Misteri del Parco del Piano, qui e là messo così male che nemmeno un ospedale universita­rio da 380 milioni di franchi basterà a guarirlo.

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