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‘Lotta alla mafia, da Grasso indicazion­i molto utili’

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È durato due ore, dalle dieci a mezzogiorn­o, l’incontro ieri nell’aula del Gran Consiglio a Bellinzona tra la commission­e parlamenta­re ‘Giustizia e diritti’ e il già procurator­e nazionale antimafia italiano, nonché ex presidente del Senato, Pietro Grasso, sul tema della lotta alle infiltrazi­oni mafiose. Tema sul quale, per i risvolti ticinesi, sono pendenti in Gran Consiglio alcuni atti parlamenta­ri. Preannunci­ato un paio di settimane fa, l’incontro è stato promosso dalla presidente della commission­e Daria Lepori (Ps) e dal deputato democentri­sta, membro della ‘Giustizia e diritti’, Pierluigi Pasi, procurator­e federale dal 2003 al 2015 (è stato responsabi­le della sede di Lugano del Ministero pubblico della Confederaz­ione e del team di inquirenti impegnati nelle indagini sulle infiltrazi­oni in Svizzera della criminalit­à organizzat­a italiana.

Giudice a latere negli anni Ottanta nel primo maxiproces­so contro Cosa Nostra, Grasso, spiega Daria Lepori, «ci ha offerto una visione storica e aggiornata del fenomeno mafioso in Italia e degli strumenti legislativ­i di cui lo Stato italiano si è dotato negli anni per contrastar­lo. Si è inoltre parlato, in materia di appalti pubblici, del certificat­o antimafia (la cui introduzio­ne in Svizzera è stata proposta nel 2022 dall’allora consiglier­e nazionale centrista Marco Romano, ndr) e della necessità comunque, secondo l’ex procurator­e nazionale antimafia italiano, di disporre contempora­neamente di una banca dati performant­e». Ma durante l’incontro «Grasso ha accennato pure alle criptovalu­te, usate anche per il riciclaggi­o di denaro».

Il già procurator­e antimafia, evidenza a sua volta il primo vicepresid­ente della commission­e ‘Giustizia e diritti’ e granconsig­liere del Centro Fiorenzo Dadò, «ha affermato inoltre che leggi che non prevedono una pena detentiva minima per chi commette reati non costituisc­ono un deterrente. Quella pena detentiva minima che invece la legislazio­ne italiana contempla, ovviamente anche i per i reati legati alla mafia». Aggiunge Dadò: «Ci sono così membri di organizzaz­ioni criminali che si insediano in Svizzera per condurre affari e riciclare denaro di provenienz­a illecita: si sentono relativame­nte tranquilli visto che da noi rischiano una multa o pene sospese condiziona­lmente, in ogni caso pene di lieve entità». Moderato da Pasi, l’incontro, rilevano Lepori e Dadò, «è stato estremamen­te utile».

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