Di salari e di competitività
Gli stipendi pagati in Ticino sono i più bassi di tutta la Svizzera. Tagliarli sarebbe ancor di più controproducente
Recentemente si è parlato molto di salari, sia delle differenze tra Ticino e il resto della Svizzera sia tra settore pubblico e privato. Vale la pena riprendere alcuni dati ufficiali pubblicati dall’Ufficio federale di statistica ed elaborati in base alla Rilevazione svizzera della struttura dei salari, che avviene ogni due anni. L’ultimo rilevamento è del 2022, ma non tutti i dati sono ancora disponibili e quindi facciamo riferimento a quelli del 2020 che permettono un confronto completo.
Le differenze tra il nostro cantone e il resto della Confederazione
Il grafico 1, dà una visione immediata dei diversi livelli salariali tra le grandi regioni del Paese dove il Ticino è considerata una regione unica. Il rettangolo mostra gli stipendi nella fascia tra il 25 e il 75% dei salari, mentre i trattini rappresentano gli estremi più bassi e quelli più alti. Come si può facilmente vedere, le differenze tra il Ticino e il resto della Svizzera sono evidenti: il salario per le persone senza particolari qualifiche è di 3’449 franchi (in Svizzera, 4’333), mentre per i lavoratori più qualificati siamo a 9’640 franchi (in Svizzera 11’948). Si potrebbe ipotizzare – come si fa sovente – che i salari bassi del Ticino siano dovuti alla pressione dei lavoratori frontalieri, ma perché anche quelli più alti sono inferiori?
La tabella 1, elaborata dall’Ufficio cantonale di statistica, mostra l’evoluzione su dieci anni, con differenze elevate e crescenti rispetto al resto del Paese, salvo per le persone più qualificate.
Nel 2020 la differenza tra Svizzera e Ticino nei salari più elevata era di 2’300 franchi mentre quella degli stipendi più bassi era di 884 franchi. In percentuale abbiamo valori attorno al 23% e oltre, un dato decisamente elevato e ingiustificabile.
Pubblico e privato
Il grafico 2 conferma i dati precedenti, ma evidenzia come i salari (mediana) in Ticino sono significativamente più bassi rispetto alle altre regioni del Paese.
A questo punto è necessario entrare maggiormente nei dettagli. Nella tabella 2 viene proposto un confronto tra Ticino e Svizzera, sull’arco di 12 anni, degli stipendi privati e pubblici in base alla posizione lavorativa.
Il dato più interessante è quanto riportato a destra: le differenze salariali tra pubblico e privato. Tali differenze sono molto più marcate in Ticino rispetto ai dati nazionali. Non solo, in Ticino sono addirittura aumentate in 12 anni per i “quadri inferiori” e per i “responsabili lavori”, mentre in Svizzera sono diminuite in tre posizioni lavorative, in una sono rimaste uguali (quadri superiori e medi) e sono aumentate in un caso (Responsabile esecuzione lavori). Apparentemente questi dati sembrano giustificare la vulgata della gran parte della classe politica indigena. Nella realtà la situazione è un po’ più complessa. In Ticino la differenza tra il settore pubblico e quello privato è decisamente superiore a quello a livello nazionale.
Nelle ultime settimane si è diffusa la fake news che la mediana dei salari pubblici (2020) sia di 100mila franchi, mentre in realtà è di 86’280 (nei dati dell’inchiesta Rss è compresa la 13esima mensilità) mentre a livello svizzero la mediana è di 96’144, con una differenza quindi di 10mila franchi annui. Nel settore privato ticinese la mediana è di 62’436, mentre in Svizzera è di 79’980 con una differenza di 17’544 franchi: un’enormità.
Mentre in Svizzera i salari tra il 2008 e il 2020 sono aumentati del 9,03%, in Ticino hanno registrato un aumento del 6,24% e addirittura nel pubblico sono aumentati meno che nel privato, mentre a livello nazionale l’aumento degli stipendi pubblici è stato praticamente uguale a quello del privato.
La Tabella 2 permette, a chi ne ha voglia, di fare altri confronti. Ma il dato di base è che la situazione salariale in Ticino evidenzia una differenza crescente rispetto al resto del Paese e che il problema non sta negli stipendi dei dipendenti pubblici troppo alti, ma esattamente all’opposto e cioè in stipendi troppo bassi in particolare nel privato.
Le implicazioni macroeconomiche
Questa situazione che si verifica in Ticino ha delle evidenti implicazioni macroeconomiche, che innescano una spirale negativa. In Svizzera la propensione al consumo è di circa 0,6 il che significa che per ogni franco di reddito, 60 centesimi vanno in consumi. Ora, se i redditi sono bassi e se comunque aumentano meno rispetto al resto del Paese, è evidente che la quantità di soldi immessa nel circuito economico locale sotto forma di consumi diminuisce, a fronte oltretutto di prezzi che aumentano in linea con quelli nazionali e in alcuni casi ancora di più come nel caos dei premi di cassa malattia o dell’elettricità. Proviamo a quantificare, prendendo i dati della tabella 2. La differenza tra gli stipendi svizzeri e quelli ticinesi è di 1’119 franchi (consideriamo la voce ‘Totale’, ma evidentemente si può fare lo stesso caso per le singole qualifiche) e lo moltiplichiamo per il numero dei dipendenti ticinesi (165’470), otteniamo 185’160’930 franchi. Ora se consideriamo la propensione al consumo dello 0,6, otteniamo mancati consumi per 111 milioni. Naturalmente, minori stipendi significano anche minori entrate per le casse pubbliche. Con un calcolo grossolano (perché i parametri differiscono in base al reddito) arriviamo a una quarantina di milioni… non incassati.
Come se ne esce?
Naturalmente non si può nemmeno immaginare che da un giorno all’altro i salari ticinesi si adeguino alla media nazionale. Non è economicamente possibile per diverse ragioni, ma soprattutto perché il sistema è strutturalmente debole e genera un valore aggiunto per addetto insufficiente. Il problema non è tanto quello dei frontalieri che esercitano effettivamente una pressione al ribasso dei salari, ma di un sistema economico che recupera utili riducendo i salari, invece di puntare sulla creazione di maggior valore aggiunto attraverso innovazione di prodotto, di processo e di organizzazione. L’esempio non dovrebbe essere Zugo per la sua fiscalità, ma Basilea dove la presenza dei frontalieri (18% della forza lavoro; in Ticino è al 24%) non influisce sui salari proprio perché la competitività del sistema economico è elevata.
Per almeno tre decenni la strategia dominante è stata quella di agire dal lato dell’offerta con risultati per nulla brillanti. Sarebbe ora di iniziare a pensare anche alla domanda.
Nota: ringraziamo Eric Stephani dell’Ufficio cantonale di statistica per l’aiuto nella raccolta dei dati.