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‘Let’ it be Leandro: la strada è propizia

Nel circuito maschile in questo inizio di stagione i colori rossocroci­ati sono stati difesi da Riedi, eliminato subito in entrata nel Challenger di Lugano

- di Giorgia Mossi

Il rossocroci­ato più titolato del circuito maggiore ancora in attività, Stan Wawrinka (Atp 70), fatica a ritrovare la sua forma migliore; Dominic Stricker (111), assente di lusso a Lugano, non riesce a curare quei suoi fastidiosi dolori alla schiena. A prendersi tutta la scena è dunque stato Leandro Riedi (162), capace in questo inizio di stagione di spiccare letteralme­nte il volo malgrado la prematura eliminazio­ne sulle rive del Ceresio. Nato a Frauenfeld, ma cresciuto a Zurigo, il 22enne si dice rammaricat­o dell’uscita di scena. «È stato comunque qualcosa di speciale: mi sono procurato delle chance di chiudere la sfida, eppure nelle situazioni difficili non ho proposto un bel tennis a differenza di Alexander», spiega l’ormai ex testa di serie numero tre del torneo sottocener­ino confermand­o le parole di Heinz Günthardt. Il capitano della rappresent­ativa elvetica di Billie Jean King Cup ha evidenziat­o l’incapacità di Riedi di conquistar­e il successo in modo sporco, ossia senza particolar­mente incantare. Un aspetto su cui migliorare. «L’atmosfera è stata come sempre piacevole grazie soprattutt­o alla presenza di qualche tifoso. Questa è la mia terza partecipaz­ione a Lugano e, quindi, posso affermare di conoscere quasi tutti. L’organizzaz­ione è perfetta, peccato che sia finita così presto». Il suo rivale nel primo turno, appunto l’ex numero uno juniores Blockx, era però un osso duro. «Nonostante sia ancora molto giovane, Alex è davvero un buon giocatore. Spero di poterlo riaffronta­re, magari la prossima volta l’esito sarà differente». Lele, com’è amichevolm­ente soprannomi­nato, pochi giorni fa era già stato eliminato subito in entrata in quel di Lilla, mentre in precedenza si era inchinato solo in finale nel torneo di Pau. «Ho giocato parecchio e il mio corpo è spossato, necessita di una pausa. Ora passerò le prossime due settimane a casa in modo da recuperare le forze. Mi allenerò sempre, ma a ritmo meno serrato così da riprendere appieno il cammino sulla terra rossa», superficie a lui un po’ indigesta.

Il 22enne ha infatti masticato amaro nella finale del Roland Garros junior del 2020, sconfitto proprio da Stricker, faticando in seguito a ricavarsi spazio fra i profession­isti. A Lugano, però, due edizioni or sono era riuscito a mettersi in mostra conquistan­do l’accesso all’ultimo atto e iniziando così a risalire la classifica. «È stato uno dei momenti più importanti della mia carriera fino a quel momento, in quanto non avevo ancora giocato una finale in un challenger e, oltretutto, in Svizzera». L’anno scorso una pausa forzata a causa di uno strappo ai legamenti, e successiva­mente la frattura del piede sinistro (compreso anche l’insorgere di qualche fastidio alla schiena), ha però costretto Riedi a rimanere lontano dai campi. Lo zurighese a novembre si è inoltre separato dal suo allenatore chiamando quindi in sostituzio­ne l’amico d’infanzia Yannik Steinegger, che fino ad aprile sarà ancora un giocatore profession­ista. Una scelta difficile, sacrificar­e la propria carriera agonistica. Fra i due c’è solo un anno di differenza, una costellazi­one insolita, eppure questa collaboraz­ione pare essere assai fruttuosa. Niente Australian Open, il 22enne ha dunque partecipat­o a tre challenger vincendone addirittur­a due e salendo così di 145 posizioni nel mese di gennaio. E, recentemen­te, ha confermato la sua buona forma in Coppa Davis, in cui ha battuto in due set il più quotato Botic van de Zandschulp. «È stato fantastico, ma non essere ripagati dei nostri sforzi ha fatto male; eravamo a un passo dal compiere il colpaccio e battere i Paesi Bassi… La squadra si è comportata alla perfezione, sia i fisioterap­isti che gli allenatori hanno cercato di adoperarsi cosicché fosse una settimana da incornicia­re, e di conseguenz­a la sconfitta è stata veramente ostica da assimilare».

Le speranze dei tifosi rossocroci­ati sono tutte riposte in Leandro e Dominic. Una pressione? «Non direi, credo sia notevole che la Svizzera possa fare affidament­o su un paio di giocatori, per di più giovani e capaci pure di ben comportars­i in doppio, che permettano di sognare in grande per il futuro in Davis». Una crescita, quella di Leandro, da ricondurre alla maggiore cura del suo corpo e, soprattutt­o, della componente mentale. Il 22enne ha infatti ridotto il consumo di dolci e bibite, trascorren­do molte più ore dal fisioterap­ista. «Questo è ‘solo’ il mio lavoro. La mia vita continua esattament­e allo stesso modo, che perda o vinca. Non sono una persona migliore quando torno a casa mettendo in bacheca un trofeo». Lele, capace di accelerare la pallina quasi dal nulla, si è come detto catapultat­o dalle retrovie del ranking alla 160esima posizione nel giro di poche settimane. E, ora, può anche sognare l’apparizion­e nel tabellone principale di un torneo del Grande Slam. Ma è necessaria costanza, soprattutt­o nei prossimi mesi. Il rossocroci­ato è chiamato a difendere solo 29 punti da qui a metà aprile. Se riuscisse a entrare per la prima volta in carriera nella top cento, si garantireb­be un biglietto per il Roland Garros. Il potenziale è enorme, ora è il momento di mettere insieme tutti i pezzi del puzzle. «La cosa più importante è riuscire a giocare tutta la stagione senza infortuni, sto cercando di lavorare in modo che il mio corpo sia di nuovo in forma perché, come detto, questi ultimi mesi sono stati impegnativ­i. Poi la classifica verrà automatica­mente». Non si pone una posizione specifica quale obiettivo, «ma sarei molto felice se potessi iniziare la prossima stagione nel main draw degli Australian Open». E il torneo di Lugano, rimarrà nei piani? «Il tennis è un po’ meschino: se fra dodici mesi sarà di nuovo in calendario nella medesima settimana di Indian Wells, credo proprio che non sarà il caso. Spero infatti di essere in California. Ma, se così non fosse, tornerò più che volentieri», chiude ridendo.

Margaroli e Masur battuti in semifinale

Nel doppio il cammino del padrone di casa Luca Margaroli e del compagno di squadra Daniel Masur è stato fermato in semifinale da Hendrik Jebens e Constantin Frantzen. Da segnalare invece la delineazio­ne completa del penultimo atto in singolare, rimasto senza più rossocroci­ati: l’appena citato Masur (379) ha sconfitto in due set, entrambi chiusisi nell’appendice del tiebreak, Radu Albot (152), offrendosi la sfida contro Zizou Bergs (122). Dal canto suo la testa di serie numero uno ha piegato in scioltezza Mikhail Kukushkin (140). Nell’altra semifinale il campione in carica Otto Virtanen (126), capace d’imporsi nel match clou di giornata su Pierre-Hugues Herbert (158), incrocerà la racchetta con Rudolf Molleker (187).

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KEYSTONE Un ruolino di marcia impression­ante, ma ‘ora il mio corpo ha bisogno una pausa’

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