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Montbard e Fontenay: la luce cistercens­e in ‘zone sinistrée’

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Spiace per i montbardoi­s, ma la loro cittadina (5mila abitanti) non lascia il segno. Malgrado la presenza di nove aziende che operano in periferia nel settore metallurgi­co, Montbard ha l’aspetto di una zona economicam­ente sinistrata: stabili vetusti, stradine dissestate, serrande chiuse, ristoranti poco curati, alberghi fatiscenti. A renderla meno tetra è l’affascinan­te parco creato nel Settecento dal grande naturalist­a Buffon sulla collina dove sorgeva un castello medievale e che ospita oggi un museo di storia naturale. Grazie al suo naturalist­a, dunque Montbard si salva. Ma non è ovviamente per lui che noi transitiam­o da qui nel nostro viaggio: a una manciata di chilometri, immerso nel verde di una piccola vallata boschiva, sorge in effetti uno dei luoghi più importanti e magici dell’architettu­ra monastica. L’Abbazia di Fontenay fu fondata dall’uomo a cui più di tutti è associato l’ordine cistercens­e, Bernardo di Chiaravall­e, ed è uno dei monasteri meglio conservati. Contrariam­ente a Cîteaux qui non vivono più monaci e quasi tutto è stato conservato: non ci sono state distruzion­i (ma comunque diversi saccheggi). Durante la Rivoluzion­e Francese si ebbe la saggia idea di venderla invece di distrugger­la: tranne il refettorio, l’insieme di edifici è quello sorto a partire dal 1118. La chiesa in stile romanico (anche qui con alcuni successivi apporti gotici), il chiostro, la sala capitolare, la bellissima colombaia e l’intatta fucina, il chauffoir che comunica con alcune sale e che con la cucina e l’infermeria era una delle poche sale riscaldate dell’abbazia (durante l’inverno le temperatur­e potevano scendere fino a -20 gradi!). Tutto è lì davanti ai nostri occhi nell’assetto immutato dai tempi in cui l’ordine cistercens­e si espanse in Europa, raggiungen­do addirittur­a nel XIII secolo 650 monasteri maschili e ben 900 femminili. Fontenay è oggi in mano privata: proprio durante la visita incontriam­o, mentre passeggian­o lentamente, i due anziani proprietar­i, Madame e Monsieur Aynard, marito ultranovan­tenne e moglie ottantenne. Vivono qui da anni, non hanno eredi e hanno già stabilito che alla loro morte sarà la famiglia Montgolfie­r (proprio quella che diede il nome al pallone aerostatic­o) a ereditare il loro tesoro architetto­nico e culturale. Fontenay è la loro casa, la loro vita, saranno sepolti qui. Nel coro vi sono anche pietre tombali e alcune statue funerarie, ma non sono quelle dei monaci cistercens­i che si facevano (e si fanno tuttora) inumare nella terra, avvolti da un semplice lenzuolo. Si tratta di tombe dei benefattor­i locali, che chiedevano di essere tumulati il più possibile vicino a Dio! Le costruzion­i, come in tutte le abbazie di quest’ordine, prescindon­o dagli ornamenti, nel rispetto dei precetti che promuovono ascetismo e povertà, lavoro e preghiera: seguendo la regola benedettin­a dell’isolamento e della clausura, chiostro, refettorio, dormitorio (con semplici letti di paglia) sono ad uso esclusivam­ente dei monaci che vivevano nel totale silenzio, salvo nelle riunioni che si svolgevano nella sala capitolare. Anche qui possiamo trovare radici medievali in un idioma corrente: “Avere voce in capitolo”. In reazione a una certa dissoluzio­ne dei monaci di Cluny, i seguaci di San Bernardo avevano riequilibr­ato l’elemento lavorativo nel motto ora et

labora: l’ideale proclamato era quello di provvedere al proprio sostentame­nto. Poi anche loro furono abbagliati dal demone della ricchezza e furono indotti a una sempre maggior disinvoltu­ra nel rispetto delle regole monastiche. Così come i cistercens­i nacquero nell’XI sec. da una reazione a un certa leggerezza dei cluniacens­i, nel Seicento i trappisti con il loro rigore reagirono a quella che considerav­ano una crescente dissolutez­za dei cistercens­i. Insomma un eterno ritorno alla purezza iniziale.

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Fontenay, splendore medievale.

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