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La Banca centrale europea e la sua difficile ‘svolta verde’

Retroscena della crisi di fiducia verso la leadership

- di Danilo Taino, L’Economia

C’è qualcosa che non va a Francofort­e. La Banca centrale europea dovrebbe funzionare come un orologio in tutte le sue parti, dal perseguime­nto del controllo dell’inflazione attraverso la politica monetaria alla supervisio­ne delle banche, dalla capacità di analisi finanziari­a alle operazioni di mercato. Ma lo può fare nel modo migliore se buona parte dello staff non ha sostanzial­mente fiducia nella leadership dell’istituzion­e? Non solo della presidente Christine Lagarde ma anche di qualche dirigente che le sta attorno. Probabilme­nte, no.

La settimana scorsa, il Financial Times ha rivelato una lettera nella quale i rappresent­anti delle migliaia di dipendenti della banca criticano pesantemen­te Frank Elderson, l’avvocato olandese che fa parte del comitato esecutivo della Bce: non una figura secondaria, dal momento che siede al fianco di Lagarde stessa, del vicepresid­ente Luis de Guindos, del capoeconom­ista Philip Lane e di due altri membri del Comitato, la tedesca Isabel Schnabel e l’italiano Piero Cipollone. Sono i magnifici sei che stanno al vertice della banca centrale.

Critiche forti che arrivano un paio di mesi dopo che più della metà dei dipendenti ha sostenuto, in un sondaggio interno, che la performanc­e di Lagarde è insufficie­nte. Per chiarezza: buona parte di chi lavora alla Bce ha qualifiche elevate in materia di finanza, di economia, di tecnologia e spesso ha esperienza di mercati e di banche. Molti si erano già irritati quando Lagarde – avvocato di formazione – al Forum di Davos, aveva definito gli economisti una «clique tribale» legata a modelli teorici.

Il caso Elderson, che era stato rivelato da Politico, parte da una frase che l’olandese ha pronunciat­o in una riunione interna. Questa: «Perché dovremmo assumere persone che dobbiamo riprogramm­are perché vengono dalle migliori università ma ancora non sanno come si scrive la parola “clima”?». Non l’ha passata liscia, ovviamente.

La svolta green

“Riprogramm­are?” si è chiesto il comitato dei rappresent­anti dello staff. Che ha scritto una lettera fatta circolare tra i dipendenti della banca: “Incoraggia­mo il Comitato Esecutivo a riflettere sul suo stile di leadership e a riconoscer­e che nelle società democratic­he le persone non vengono ‘riprogramm­ate’, ma convinte attraverso il ragionamen­to, i fatti e con la leadership dell’esempio”. Il caso, però, non si limita a una questione di stile. Anzi: il lato politico è anche più rilevante.

Elderson si presenta nella torre di Francofort­e come uno dei più forti sostenitor­i della controvers­a “svolta verde” introdotta in questi anni da Lagarde. Essendo nell’esecutivo della Bce in quanto vicepresid­ente del Consiglio di Supervisio­ne sulle banche, ha anche fatto sapere, l’anno scorso, che la banca centrale può multare gli istituti di credito che non iniziano in fretta a considerar­e i rischi climatici. E ha anche sostenuto che la Bce dovrebbe pensare di rendere «verdi» i criteri con i quali sceglie, compra e vende il suo enorme portafogli­o di titoli, di circa 4’600 miliardi di euro.

La lotta ai cambiament­i climatici, che non fa parte del mandato originale della Bce, è via via salita d’importanza nelle priorità della banca, su iniziativa di Lagarde, la quale all’inizio del 2021 ha tra le altre cose istituito un Climate change centre per coordinare sul tema i diversi lavori dell’istituzion­e.

Che le banche e la Bce debbano tenere conto delle conseguenz­e economiche e finanziari­e poste dai cambiament­i climatici è un’idea condivisa: si tratta di valutazion­i che riguardano i fattori di rischio di un’attività d’impresa oppure intrinseci a un bond. Un’altra cosa è però usare la lotta al cambiament­o climatico per spingere banche e imprese che emettono titoli a cambiare le loro strategie e a introdurre pratiche che diversamen­te magari non scegliereb­bero. Sarebbe qualcosa fuori dal mandato al cuore della banca centrale.

Il comitato che rappresent­a lo staff dice che molte delle persone che lavorano alla Bce sono favorevoli a introdurre il climate change nel mandato della banca. Ma aggiunge che ci sono “buone ragioni per mettere in questione la legittimit­à della Bce di auto-estendere i confini del proprio mandato senza alcun emendament­o alla cornice legale e basato sull’opinione della sua leadership”. In più, sempre nella lettera, lamenta l’esistenza di “visioni a senso unico imposte unilateral­mente dall’alto in basso”. (La Federal Reserve americana ha un approccio diverso, molto meno aggressivo di quello della Bce, sul cambiament­o climatico.)

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KEYSTONE Grattacapi per la presidente­Lagarde

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