laRegione

Nomine giudiziari­e tra auspici e silenzi

- Di Andrea Manna

L’ennesima dimostrazi­one della necessità e dell’urgenza di un ripensamen­to in Ticino delle modalità di reclutamen­to dei magistrati è proprio il risultato dell’elezione ieri in Gran Consiglio dei subentrant­i delle procuratri­ci dimissiona­rie Alfier e Pedretti e di una giudice supplente del Tribunale d’appello. Nonostante le recenti discussion­i e polemiche, soprattutt­o su due dei tre candidati proposti al plenum per la nomina dalla commission­e parlamenta­re ‘Giustizia e diritti’, alla prova dei fatti il voto (segreto) in aula ha confermato la spartizion­e partitica delle poltrone giudiziari­e: un sistema opaco, che per finire privilegia trattative, amicizie e promesse anziché le competenze degli aspiranti magistrati. Per le forze politiche, per buona parte di esse, ciò che conta è occupare, anche a Palazzo di giustizia, posti. Che significan­o prestigio e potere. Ormai non vi è altra lettura possibile. È un meccanismo malsano che lede immagine e credibilit­à della magistratu­ra e che continuerà sino a quando il compito di eleggere le toghe sarà del Gran Consiglio e dunque dei partiti. La nomina parlamenta­re conferisce una forte legittimaz­ione? Legittimaz­ione e autorevole­zza il magistrato se le guadagna con il lavoro quotidiano. Ai cittadini che si rivolgono alla Giustizia importa anzitutto che procurator­i e giudici siano all’altezza del ruolo che ricoprono. E nemmeno i correttivi varati dal Gran Consiglio nel novembre del 2017, con l’adesione al rapporto di maggioranz­a della commission­e speciale che aveva istituito quasi due anni e mezzo prima allo scopo di premiare le capacità di chi intende entrare in magistratu­ra, hanno rimosso, mantenendo la nomina parlamenta­re, inciuci e mercato delle ‘cadreghe’.

“Come commission­e – ha dichiarato venerdì alla ‘Regione’ la presidente della ‘Giustizia e diritti’, la socialista Daria Lepori – ribadiamo la volontà di tornare, in tempi brevi, a riflettere sul sistema di nomina dei magistrati”. Sarebbe preferibil­e in tempi brevissimi, anche per dar seguito all’auspicio espresso ancora ieri in Gran Consiglio da deputati di più partiti: l’attuale sistema di designazio­ne delle toghe va cambiato e rapidament­e. Alcune proposte volte a sottrarre le nomine al legislativ­o cantonale sono già tradotte in atti parlamenta­ri, come quello depositato nel… 2021 dal Plr. L’Mps suggerisce il sorteggio dei candidati ritenuti idonei dalla Commission­e di esperti. Ma allora di quest’ultima dovrebbero far parte anche professori di diritto di università d’oltre Gottardo. La Lega rilancia l’elezione popolare delle toghe. Una soluzione che accentuere­bbe l’influenza dei partiti. E poi in campagna elettorale quali promesse potrà mai fare il candidato magistrato? Quella di applicare la legge? Sai che novità. Certo che nel dibattito pubblico di questi giorni sul sistema di nomina spicca il silenzio – imbarazzan­te – del potere giudiziari­o. In questo caso il principio della separazion­e dei poteri non c’entra. Eppure non una conferenza stampa, non un comunicato. Dov’è il Consiglio della magistratu­ra? Dove sono i vertici del Tribunale d’appello e della stessa Procura? Ma dov’è anche l’Ordine degli avvocati, principali interlocut­ori della magistratu­ra. Tutti d’accordo con il manuale Cencelli? È un silenzio che disorienta l’opinione pubblica. Che disorienta quei cittadini, e sono tanti, che consideran­o il potere giudiziari­o l’ultimo baluardo a tutela della convivenza civile, minata anche dalle derive della politica quando antepone i propri interessi a quelli della collettivi­tà (per esempio avere magistrati eletti poiché competenti).

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