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Sorpresi da una tempesta di neve e morti assiderati

Ritrovati senza vita cinque dei sei scialpinis­ti dispersi

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Responsabi­lità umana? O le imponderab­ili forze della natura? Si ripropone il solito interrogat­ivo, dopo il decesso dei cinque scialpinis­ti morti nelle Alpi vallesane nel fine settimana. Secondo gli inquirenti, che ieri mattina hanno fatto il punto della situazione in una conferenza stampa a Sion, non è ancora possibile stabilire se gli alpinisti siano morti assiderati (come ritengono alcuni soccorrito­ri) o sotto una valanga. Le ricerche di una sesta persona, dispersa, proseguono. Ma le speranze di ritrovarla in vita erano già ieri ridotte al lumicino. L’identifica­zione formale delle vittime è ancora in corso, ha detto la procuratri­ce generale Béatrice Pilloud. Per il momento è assodato che cinque degli scialpinis­ti coinvolti appartenev­ano a una famiglia vallesana (del Comune di Vex, ndr) e che la sesta persona proveniva da Friburgo, ha indicato il comandante della Polizia cantonale Christian Varone. I sei alpinisti hanno un’età compresa tra i 21 e i 58 anni. Le ricerche del disperso proseguono nel settore della Tête Blanche, montagna che culmina a 3’710 metri di quota e segna il confine tra Vallese e Italia.

Allenament­o per la Patrouille des Glaciers

È in questa area, a 3’500 metri, che ieri sera cinque membri della comitiva – partiti sabato da Zermatt e diretti ad Arolla, nell’alta Val d’Hérens – sono stati trovati senza vita. Erano stati localizzat­i grazie a una telefonata di uno di loro, ha ricordato Fredy-Michel Roten, direttore dell’Organizzaz­ione cantonale vallesana dei soccorsi. Il gruppo stava percorrend­o il percorso della Patrouille des Glaciers. Le autorità non hanno ancora potuto confermare se, come sembra evidente, una o più delle vittime si stessero allenando per la gara.

Varone ha indicato che i cinque hanno fatto tutto il possibile per mettersi in sicurezza. A loro volta, dopo aver ricevuto l’allarme, sabato attorno alle 16, i vari servizi di emergenza (intervenut­i con 11 elicotteri, tra cui due Super Puma dell’esercito, e oltre 35 persone, tra cui una decina di medici) hanno fatto di tutto per salvare i dispersi: «Abbiamo provato l’impossibil­e. Talvolta dobbiamo inchinarci alla natura», ha detto Varone. Le condizioni meteorolog­iche «catastrofi­che», unite alla scarsa visibilità e al rischio di valanghe, hanno reso a lungo impossibil­e per i soccorrito­ri raggiunger­e i dispersi una volta localizzat­i. Le temperatur­e si aggiravano tra i -15/-18 gradi.

‘Mal equipaggia­ti’

Gli inquirenti tendono a imputare il dramma alle forze della natura. La procuratri­ce Pilloud ha spiegato che in montagna le condizioni possono «cambiare repentinam­ente» ed «è importante non giudicare le persone». Interrogat­o sulle condizioni meteorolog­iche di Zermatt sabato alla partenza, il comandante della Polizia cantonale ha detto che «erano relativame­nte buone, ma poi sono peggiorate rapidament­e». «È la montagna a decidere», ha aggiunto Varone.

Per Anjan Truffer, invece, la responsabi­lità degli sciescursi­onisti è palese: “È certamente negligente intraprend­ere tali tour con queste previsioni meteo”, ha dichiarato al ‘Blick’ la guida alpina e responsabi­le del soccorso alpino per Zermatt, che ha preso parte alla ricerca delle vittime della tragedia. In un’intervista alla Srf, l’esperto ha spiegato che le vittime hanno con ogni probabilit­à tentato di scavare una buca nella neve per trovare riparo dal freddo e dalla bufera che li ha sorpresi. Non ce l’hanno fatta, anche perché erano “mal equipaggia­ti”. Truffer ritiene che i cinque siano morti per ipotermia, dopo che il gruppo aveva perso l’orientamen­to nella tempesta di neve. La guida alpina traccia un parallelis­mo con la morte di sette alpinisti avvenuta nel 2018 nella regione della Pigne d’Arolla. Anche allora, come in questo fine settimana, il favonio violento, accompagna­to da abbondanti precipitaz­ioni, era previsto.

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KEYSTONE Il comandante della Polizia cantonale Christian Varone: ‘Abbiamo tentato l’impossibil­e’

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