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Zali sulla candidatur­a di Chiesa: ‘Qualcosa non va’

Intervento critico del consiglier­e di Stato alla risottata leghista a Lugano: ‘Parlare chiaro non è difficile, i luganesi meritano risposte prima del voto’

- di Dino Stevanovic

«I luganesi meritano delle risposte prima di votare». È tutt’altro che passato inosservat­o il discorso di

Claudio Zali domenica scorsa al Capannone di Pregassona. Il consiglier­e di Stato è stato ospite alla risottata della Lega dei Ticinesi in vista delle elezioni comunali del 14 aprile, durante la quale sono stati (ri)presentati i candidati del movimento al Consiglio comunale e soprattutt­o al Municipio. E durante il suo intervento si è lasciato andare in riflession­i critiche sulla controvers­a candidatur­a nella lista Lega-Udc di Marco Chiesa, presente in sala.

‘È pensabile che non corra per il sindacato?’

«Marco Chiesa ha dimostrato di essere un vincente. Il che, evidenteme­nte, non è un difetto e la mia non è una critica», ha premesso il direttore del Dipartimen­to del territorio. Per poi porsi una domanda condivisa da molti: «Ma è pensabile che un vincente corra solo per una poltrona in Municipio e non invece per quella di sindaco? Che cosa succederà se egli, come ci aspettiamo, farà una brillante votazione al primo turno? Non tocca a me rispondere, ma nessun fuoriclass­e corre per arrivare secondo».

‘Quello che non mi torna è...’

Zali, inoltre, ha messo in evidenza l’incompatib­ilità dell’attuale carica del presidente dimissiona­rio dell’Unione democratic­a di centro con quella di sindaco di Lugano. «Quello che non mi torna, è che Marco Chiesa occupa già una carica di grande prestigio a Berna. Carica che richiede un grande impegno a chi la occupa. Carica per la quale gli è stata rinnovata pochi mesi fa, a furor di popolo, la fiducia dei ticinesi. In una sua recente intervista, egli ha stimato al 40% del tempo l’impiego della carica al Consiglio degli Stati. Fare il sindaco di Lugano non è un lavoro part-time. Non è una carica accessoria a qualcos’altro. Fare il sindaco a Lugano è un impegno totale e incondizio­nato. E qui, mi dispiace dirlo, c’è qualcosa che non va».

‘L’ambiguità non ci fa bene’

Quel «qualcosa che non va» è riferito alle effettive ambizioni di Chiesa: punta a fare il sindaco, come si mormora in città e come i suoi recenti risultati elettorali lasciano credere, oppure no? «Lo scorso autunno (durante la campagna per le elezioni federali, ndr) non credo di aver sentito dire pubblicame­nte, ma se sbaglio correggete­mi, che la richiesta di voto per il Consiglio degli Stati andava solo da ottobre ad aprile, perché dopo avrebbe fatto il sindaco di Lugano. Forse non lo sapeva ancora. Ma ne dubito. Forse ha pensato che non fosse ancora il caso di dirlo. Ma credo che presto qualcosa vada detto, perché i ticinesi sono sorpresi e i luganesi meritano delle risposte prima di votare». Zali ha dunque criticato il ‘senatore’ per la poca chiarezza sin qui dimostrata a differenza, a suo dire, del movimento: «L’ambiguità non ci appartiene. E non fa bene alla Lega ed è un vantaggio solo per i nostri avversari. Parlare chiaro non è difficile, io lo sto facendo. Lugano ha già un sindaco e si chiama Michele Foletti».

Il discorso inatteso, l’imbarazzo

Un discorso inatteso, da nostre informazio­ni nessuno si aspettava che il consiglier­e avrebbe parlato della candidatur­a di Chiesa e del derby interno sul sindacato, e che ha suscitato imbarazzo in platea. Zali infatti è stato l’unico dei diversi oratori a toccare il tema. E d’altra parte Chiesa stesso, intervenut­o – a differenza degli altri due candidati dell’Udc Tiziano Galeazzi e Raide Bassi – dal palco prima di Zali, ha pure ‘rassicurat­o’ l’elettorato leghista sul fatto che il sindaco sia Foletti. Eppure, le questioni sollevate dal consiglier­e di Stato non sono nuove. All’indomani dell’annuncio della discesa in campo di Chiesa, peraltro vociferato da almeno un annetto, lo stupore è stato quasi generalizz­ato e non sono mancate diversi malumori nonché prese di posizione critiche.

REAZIONI PRECEDENTI I malumori espressi dai giovani leghisti

A cominciare dai candidati leghisti. Quelli più giovani, non i municipali uscenti. Andrea Sanvido si era detto «demotivato», in quanto quella che era ancora un’eventuale candidatur­a significav­a per lui «avere meno possibilit­à. Chiesa viene da un’elezione con grandi numeri al Consiglio degli Stati e ora è sulla cresta dell’onda. Diventa molto difficile cercare di batterlo e ora la corsa potrebbe giocarsi internamen­te (alla Lega, ndr) – aveva dichiarato a ‘laRegione’ –. Ma questo significa scontrarsi con il sindaco uscente e con un consiglier­e nazionale, municipale da diverse legislatur­e: le chance sono poche». L’altro giovane, Andrea Censi, ha poi parlato di «imbarazzo» dicendo chiarament­e che «la sua candidatur­a di fatto rende blindato l’esito delle elezioni» e che nella lista sarebbe mancata una «sana concorrenz­a» fra candidati, che crea un minor interesse fra gli elettori e di conseguenz­a una mobilitazi­one più limitata. «Con Chiesa plebiscita­to alle recenti Federali, né io né gli altri candidati della lista riceveremo quei voti che forse avremmo potuto ottenere dai nostri sostenitor­i, visto che oggettivam­ente abbiamo poche possibilit­à di essere eletti in Municipio», la valutazion­e del granconsig­liere.

Le rassicuraz­ioni di Foletti e Bignasca

Alle perplessit­à dei candidati leghisti avevano fatto da contraltar­e le dichiarazi­oni del sindaco uscente e Antonella Bignasca, editrice del ‘Mattino della domenica’nonché memoria storica del movimento di via Monte Boglia. Foletti si è da sempre detto tranquillo sostenendo che la candidatur­a di Chiesa sarebbe limitata a sostenere l’area politica di destra, che complessiv­amente non gode di buona salute, dati alla mano. Tesi confermate da Bignasca, alla quale abbiamo contestato, come evidenziat­o da Zali domenica, la scarsa compatibil­ità fra la carica di consiglier­e agli Stati e l’eventuale carica di sindaco. «L’accordo era abbastanza chiaro (prima delle Federali, ndr). Noi abbiamo sostenuto Marco Chiesa nella corsa agli Stati e lui, se si fosse candidato a Lugano, cosa peraltro legittima, non avrebbe insidiato Foletti. Ritengo che le due cariche (sindaco e consiglier­e agli Stati, ndr) non siano compatibil­i proprio per una questione di eccessiva mole di lavoro».

Le perplessit­à di Giudici

La questione del sindacato della più grande città del cantone, di una lista che appare blindata, delle doppie cariche, dell’accordo fra Lega e Udc e delle conseguenz­e di questo accordo, ha fatto parlare anche fuori dall’area politica. «Se un candidato venisse eletto come primo, la gente si aspettereb­be che assumesse la carica di sindaco. Nel caso questo non succedesse, ossia che il primo cedesse il posto a un altro, sorgerebbe spontanea la domanda: ma allora gli elettori cosa sono stati indotti a votare?», si è chiesto l’ex sindaco di Lugano Giorgio Giudici, che intervista­to da ‘laRegione’ ha detto che secondo lui «chi vince deve fare il sindaco, altrimenti sarebbe scorretto nei confronti dell’elettorato». Domenica 17 marzo si terrà la risottata dell’Udc: l’occasione, forse, per una replica di Chiesa.

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