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Tra le fauci dell’Alligatore

È un ritorno a Massagno quello di Massimo Carlotto, scrittore padovano tra i maestri del noir, atteso domani a ‘Tutti i colori del giallo’ (che inizia oggi)

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di Martina Parenti

Scrivere un buon noir non è affatto facile. Per parafrasar­e il maestro del giallo Pierre Lemaitre, ci vogliono dei rimbalzi, delle false piste, degli indizi, il colpevole, un commissari­o, un investigat­ore, dei complici. Per non parlare della suspense. Insomma, un bel mix di ingredient­i da combinare insieme in molteplici slalom narrativi capaci di tenere il lettore con il fiato sospeso.

Massimo Carlotto sembra aver imparato la ricetta alla perfezione. Scrittore padovano classe 1956, è oggi considerat­o uno dei maggiori esponenti italiani del genere. Dopo il suo esordio con il romanzo autobiogra­fico ‘Il fuggiasco’, in cui racconta la sua drammatica e rocamboles­ca vicenda giudiziari­a, firma oltre venti libri – quindici dei quali pubblicati con le edizioni E/O – i cui protagonis­ti sono avvocati, giudici, poliziotti, imprendito­ri e amministra­tori pubblici corrotti. Ma è con la saga dell’Alligatore – diventata nel 2020 anche una serie tv Rai – che si fa conoscere al grande pubblico grazie al fortunato personaggi­o di Marco Buratti, ex cantante Blues, ex galeotto e detective senza licenza, abituato a muoversi nel mondo della malavita.

Ospite affezionat­o di Tutti i colori del Giallo, domani alle 18.30 torna al festival per festeggiar­e i venti anni della kermesse, parlando proprio del suo personaggi­o più celebre.

Perché, tra tutti i generi letterari, ha scelto il noir? Quando ha capito che la sua scrittura sarebbe andata in quella direzione?

Posso dire che la scelta è stata fatta a tavolino. È successo nel 1994, quando ho capito che il noir era un mezzo straordina­rio per raccontare la società, approfondi­re le relazioni esistenti tra crimine e mondo reale. Questo tipo di indagini è la chiave per raccontare l’evoluzione della modernità, con uno sguardo sul mondo d’oggi e sulle sue contraddiz­ioni.

Qual è, secondo lei, il ruolo che deve assumere oggi la letteratur­a?

Secondo me la letteratur­a ha un ruolo fondamenta­le nel fornire al lettore un’interpreta­zione del reale. Ogni scrittore deve affrontare scelte importanti, decidere cosa vuole raccontare e in che direzione andare. Ci sono temi che è ormai impossibil­e ignorare, si impongono alla nostra attenzione chiedendoc­i di essere affrontati. Mi riferisco in particolar­e all’indagine tra individuo e società e alla questione ambientale. La letteratur­a, in questo senso, deve avere una presa sulla realtà e riuscire a tradurla attraverso la creazione di storie. I miei romanzi partono sempre da una preliminar­e scelta di un tema attorno a cui svolgo una vera e propria inchiesta giornalist­ica destinata poi a essere trasformat­a sulla carta in una vicenda verosimile.

Come si sviluppano i suoi romanzi? Quale metodo di lavoro usa per strutturar­li?

Credo che uno scrittore debba essere un osservator­e ossessivo e che questa caratteris­tica rispetto allo sguardo lo debba portare a individuar­e un determinat­o soggetto. Solitament­e affronto argomenti poco noti e spesso trascurati.

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