laRegione

Fratture sociali e spaziali

- di Orazio Martinetti, storico

Segue dalla Prima

Ma per fortuna le nuove generazion­i trovano la forza per superare lo scoramento e di riprendere in mano la questione.

Certo, da sola la sinistra non riesce a spuntarla, sul piano elettorale la sua forza è nettamente inferiore a quella di centro-destra. Ma questa volta governo e parlamento hanno sbagliato i calcoli. O meglio: pensavano di liquidare l’iniziativa senza troppi fastidi come nel 2016, facendo leva sullo spettro del dissesto finanziari­o. Ma sotto sotto il pensiero era un altro: che i ceti popolari dovessero accontenta­rsi di quello che passava il convento, senza un centesimo di più. La sicumera (parente stretta della protervia) era talmente radicata da rendere superfluo perfino un controprog­etto. Tutto doveva restare com’era, come gli ordini durante l’antico regime: «bellatores, laboratore­s, oratores…». Subito è esplosa la battaglia sul finanziame­nto, con accenti intimidato­ri. Dove prendere i soldi? Le associazio­ni padronali hanno già escluso le fonti consuete, come il prelievo sui salari, l’aumento dell’Imposta sul valore aggiunto (Iva), una maggiore tassazione degli alti redditi. La destra sociale (Lega) vorrebbe rastrellar­e i denari che oggi la Confederaz­ione versa ai rifugiati e alle organizzaz­ioni umanitarie operanti nel Terzo Mondo. Ovvero: aiutare i penultimi (i nostri vecchi bisognosi) aggravando la condizione degli ultimi (i poveracci in attesa di asilo). La contesa ha il sapore della rivalsa, benché non si profili nessuna «punizione» per le classi abbienti, come voleva anni fa uno slogan dell’estrema sinistra italiana: «Anche i ricchi piangano». Qui, semmai, a piangere saranno soltanto lo spirito di collaboraz­ione e le politiche redistribu­tive in un’ottica di riduzione delle disparità sociali (una via che il neoliberis­mo elvetico aborre).

Alla disuguagli­anza sociale va aggiunta quella tra le regioni. Il voto favorevole è giunto dai cantoni maggiormen­te sofferenti, come il Ticino (70,9%) e il Giura (82,5). Il ricco e poco solidale Zugo l’ha invece respinta (58%). Ma oltre agli aspetti sociali, sicurament­e decisivi, c’è anche da considerar­e l’eredità storica e religiosa. Sui sette cantoni che nella prima metà dell’Ottocento dettero vita alla Lega separata (Sonderbund), ben cinque hanno rigettato l’iniziativa. Sono i cantoni «primitivi» cattolici di Lucerna, Uri, Svitto, Obvaldo-Nidvaldo e Zugo. Friburgo e Vallese, cantoni bilingui e quindi maggiormen­te gravitanti nell’orbita romanda, l’hanno invece approvata. Colpisce inoltre la distanza che separa il Giura (82,5 di sì) dall’Appenzello interno (68,5 di no). Se volessimo rimanere su questi dati, parrebbe davvero arduo immaginare una volontà riconcilia­tiva sotto il manto di Helvetia…

Che il confronto politico si sia incattivit­o, è evidente, così come l’asprezza dei toni. Probabilme­nte è venuta meno l’opera di mediazione delle società civiche che in passato promuoveva­no il dialogo tra le classi sociali e tra le regioni linguistic­he. Sottrarre ruolo e finanziame­nto a questi luoghi di dibattito non è stata una buona idea. Speriamo che i politici più avveduti se ne siano accorti e che provvedano presto a ricostruir­li, per il bene di tutti.

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