laRegione

Secondo tentativo con un Paese terzo

Il Consiglio degli Stati vuole accordi di transito per poter trasferire i richiedent­i eritrei respinti. Petra Gössi (Plr): non dobbiamo arrenderci all’impotenza

- di Stefano Guerra da Palazzo federale

L’idea è questa: concludere un accordo di transito con un Paese terzo per trasferirv­i i richiedent­i asilo eritrei la cui domanda è stata respinta in Svizzera e che, in teoria, dovrebbero lasciare la Confederaz­ione. Lo scorso anno il Plr era riuscito a farla passare alla Camera dei Cantoni. Poi però a dicembre è arrivato lo stop, di misura (96 a 91), da parte del Nazionale. Fresca di elezione al Consiglio degli Stati, Petra Gössi (Plr/Sz) ha subito rilanciato. Una sua mozione pressoché analoga (vedi sotto) è stata accolta ieri con 26 voti a 16 (la sinistra, più la verde-liberale Tiana Angelina Moser, oltre che tre ‘senatrici’ e un ‘senatore’ del Centro), contro il parere del Consiglio federale. Il dossier va ora al Nazionale. ‘laRegione’ ha incontrato al termine del dibattito la ex consiglier­a nazionale, nonché ex presidente del Plr.

Niente di nuovo, o di creativo: la via è già stata battuta in passato; e non ha funzionato. Questo ha detto in sostanza il consiglier­e federale Beat Jans (Ps). Petra Gössi, perché la pensa diversamen­te?

Un accordo di transito con un Paese terzo per facilitare il rinvio di richiedent­i asilo respinti è già stato tentato circa 20 anni fa, col Senegal. Nella situazione attuale, è politicame­nte opportuno riprovarci.

Allora non se ne fece nulla, però: quell’accordo alla fine il Senegal lo respinse. Perché adesso dovrebbe funzionare?

Il progetto non andò in porto per ragioni politiche. Nella risposta a una mozione analoga di Damian Müller (Plr/Lu), lo scorso anno il Consiglio federale motivava invece il suo rifiuto adducendo soprattutt­o problemi di natura giuridica. Adesso si tratta dimostrare che anche su questo piano la proposta è realizzabi­le. La maggioranz­a, sorprenden­temente chiara, ottenuta dalla mia mozione al Consiglio degli Stati dimostra quanto sia importante che il governo si impegni in questa direzione.

Quali Paesi terzi ha in mente?

Se anche il Nazionale approverà l’atto parlamenta­re, spetterà al Consiglio federale individuar­e rapidament­e un Paese terzo. In un primo tempo l’accordo si applicherà soltanto ai cittadini eritrei con domanda d’asilo respinta. In seguito si vedrà. La cosa importante è che adesso si faccia un primo passo.

Il problema non sta tanto nel trovare un Paese terzo disposto a farsene carico. Se l’Eritrea continuerà a non voler riammetter­e i suoi cittadini respinti da altri Paesi, un accordo del genere sarebbe verosimilm­ente inutile. Difficile credere che la rappresent­anza eritrea nel Paese terzo rilasci un documento d’identità che consenta a queste persone di rimpatriar­e.

Sarà difficile, non lo nascondo. Una soluzione non è a portata di mano. Ci sono voluti 16 anni di trattative per siglare l’accordo di libero scambio con l’India. Ma alla fine ce l’abbiamo fatta.

Daniel Jositsch (Ps/Zh) ha parlato di «strumenti populisti». Non teme che il suo partito diventi una brutta copia dell’Udc, continuand­o a rincorrerl­a sul suo terreno?

No. Daniel Jositsch ha anche detto di capire che qualcosa vada fatto. Ma non ho sentito proposte costruttiv­e da parte sua o di altri. Sono per una politica d’asilo dura, ma corretta. E corretta deve essere anche nei confronti della popolazion­e. Se i presuppost­i per la permanenza in Svizzera di queste persone non sono dati, allora la politica è obbligata a cercare altre vie. E se non possiamo costringer­e l’Eritrea a riprenders­i i suoi cittadini, non ci resta che tentare di individuar­e un Paese terzo disposto a collaborar­e. Cosa c’entra questo con il populismo, non lo so.

Non è politica simbolica, la sua?

No. La pressione della popolazion­e cresce ed è palpabile, anche nel mio cantone [Svitto, ndr]. Il Consiglio federale deve tenere conto di questa diffusa preoccupaz­ione e fornire delle soluzioni, se non si vuole che la situazione peggiori ulteriorme­nte. Il problema è che i richiedent­i asilo respinti provenient­i dall’Eritrea non possono essere rimpatriat­i contro la loro volontà, poiché il loro Paese non accetta i rinvii coatti [non solo dalla Svizzera, ndr]. Queste persone [erano 309 a fine 2022 e 278 a fine 2023, ndr] sono obbligate a partire, non hanno il diritto di restare in Svizzera. Però la maggior parte di loro si rifiuta di rientrare volontaria­mente in patria. Finora siamo rimasti pressoché inermi di fronte a questa situazione, persino ai regolament­i di conti nella comunità eritrea dei quali si sono resi protagonis­ti alcuni facinorosi. Non possiamo sempliceme­nte arrenderci all’impotenza.

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