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Le quattro stagioni della politica monetaria

- Di Daniel Ritzer

I musicisti sono già al loro posto. Anche il pubblico. Entra il direttore di orchestra. Applausi. Dai primi accordi si capisce che la sequenza non sarà la solita. Si parte col Concerto n.4 in Fa minore, ‘L’inverno’.

Pochi giorni prima del solstizio di dicembre, correva l’anno 2014, la Banca nazionale svizzera introduce i tassi d’interesse negativi. Stando alle parole del presidente Thomas Jordan, la misura mira a “ridurre l’attrattiva del franco”. Erano i tempi della soglia minima del cambio 1,20 franchi per un euro (poi abbandonat­a a gennaio 2015). Qualcuno tossisce, qualcuno russa. Il direttore si asciuga la fronte con un fazzoletto bianco. Si prosegue in maniera disordinat­a. Ora è il turno del Concerto n.2 in Sol minore, ‘L’estate’.

Cinque giorni prima del solstizio estivo del 2022 la Bns sorprende tutti: anticipand­o le mosse della Banca centrale europea decide il primo rialzo dei tassi d’interesse dopo oltre sette anni, aumentando il tasso guida di mezzo punto (da -0,75 a -0,25%). Spiega Jordan che la politica monetaria più restrittiv­a adottata dalla Bns “mira a impedire che il rincaro si propaghi in maniera più diffusa”. A maggio 2022 l’inflazione aveva raggiunto il 2,9 per cento. L’inconsueto intervallo consente a diverse persone di uscire dall’auditorium. Poi rientrano. Quando si è pronti a ripartire il silenzio riempie la sala. Concerto n.3 in Fa maggiore, ‘L’autunno’. Confrontat­a con un’inflazione del 3,5%, la Banca nazionale chiude l’era dei tassi d’interesse negativi il giorno precedente all’equinozio autunnale, sempre nel 2022. Il tasso guida viene riportato in terreno positivo (0,5%). Si compie così la “metamorfos­i” del franco. La forza della nostra valuta non è più un problema per l’economia elvetica, anzi: diventa la sua principale arma contro i rincari importati dall’estero.

Mentre si attende l’inizio del Primo (e ultimo) Concerto in Mi maggiore – ‘La primavera’ –, quello che accompagna l’equinozio che sancisce la fine della stagione invernale, e che vedrà la Bns del dimissiona­rio Jordan riunirsi per l’esame trimestral­e della situazione economica e monetaria in cui potrebbe essere deciso un primo taglio dei tassi d’interesse dopo un ciclo al rialzo durato un anno e mezzo, in Ticino BancaStato annuncia risultati “di portata storica” conseguiti nel 2023. Utile da 101 milioni di franchi per il Gruppo e un versamento record di oltre 65 milioni al Cantone (una ventina in più rispetto all’anno precedente), resi possibili soprattutt­o grazie alla “normalizza­zione dei tassi d’interesse” attuata dalla Bns.

Che poi quella stessa “normalizza­zione” della politica monetaria abbia portato a un tasso d’interesse reale che oggi “batte” l’inflazione e disincenti­va gli investimen­ti, a un eccessivo rafforzame­nto del franco che penalizza l’industria di esportazio­ne, a un aumento del costo dei finanziame­nti che rende più difficolto­so l’accesso al credito alle Pmi, a un rincaro delle pigioni per via dell’incremento del tasso ipotecario di riferiment­o, e pure a che Cantoni e Confederaz­ione rimangano a “bocca asciutta” senza ricevere alcun dividendo dalla Bns, non dovrebbe scoraggiar­ci: sono solo degli effetti collateral­i. O detto altrimenti: i costi della normalità.

In un Paese dove i banchieri – sponsor dello spettacolo – siedono sempre in prima fila, diventa quasi naturale che mentre accade tutto ciò la musica di Vivaldi continui a suonare, indisturba­ta.

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