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Renato Tagli, la natura in un tripudio di colori

Visioni nate a Cevio e arrivate fino in Cina. Da domenica a Locarno la Fondazione Ghisla, giunta al decimo anno di attività, ne ospita un estratto

- di Beppe Donadio

Ha iniziato con una vecchia camicia, rammendand­one la manica; col tempo ha raffinato la tecnica; dopo avere bruciato due macchine ha trovato quella adatta. C’è un davanti, sul quale concepire, o meglio ‘cucire’ l’opera, e c’è un retro che è una sorpresa, come il lato B di un 45 giri al quale in pochi facevano caso, e invece c’era del genio. È per questa doppia visione che le ‘stoffe’(così sempliceme­nte si chiamano) pendono dal soffitto e solo in pochi casi stanno appese a un muro alla maniera del dipinto, per quanto dipinti paiano. Il materiale di fondo è quello delle chaise longue o delle tende, sufficient­emente resistente per essere ‘lavorabile’; su di esso, Renato Tagli cuce da una quindicina d’anni, in tempo reale, pezzi di stoffa precedente­mente ritagliati.

La Fondazione Ghisla Art Collection lo chiama “tripudio di colori” e lo ha scelto per celebrare i suoi dieci anni di attività. Il nuovo allestimen­to, da qui al 5 gennaio 2025, verrà svelato domenica alle 13.30 previa inaugurazi­one pubblica domani dalle 17.30. Per questo 2024, le prime tre sale del ‘cubo rosso’ di via Ciseri 3 ospitano una selezione di opere dalla collezione di Martine e Pierino Ghisla, i cui autori rispondono ai nomi di (tra gli altri) Picasso, Magritte, Miró, Haring, Basquiat, Warhol, Fontana e Botero. Il tripudio di colori, invece, al primo piano e all’ultimo, appartiene a Tagli, nato a Locarno nel 1956 e residente da oltre quarant’anni a Cevio, sede dello studio avviato nel 1983 con la compagna di vita Sabina Oberholzer. Grafico di profession­e, il suo amore per l’arte ha incontrato la natura circostant­e portandolo a sperimenta­re Land Art e Arte Ambientale. Il risultato è, in forma parziale, alla ‘Ghisla’, con momenti di Land Art unita, in stanze diverse, alle stoffe policrome di cui sopra, lavorate a mano ed esposte nel 2021 e 2023 in due grandi mostre in Cina. La personale di Tagli a Locarno è il nuovo punto di arrivo e ripartenza di un’intera carriera, dagli studi alla Csia di Lugano e gli stimoli prodotti in lui dai docenti Bruno Monguzzi (grafico), Sergio Libis (fotografo) e Livio Bernasconi (artista), ai movimenti avanguardi­stici americani ed europei.

Restituzio­ne

“L’uomo ha bisogno della natura, la natura non ha bisogno dell’uomo” è la frase, sua, con la quale Tagli è identifica­to e s’identifica. Anche nelle stoffe, che paragona alle nuvole, impossibil­e trovarne di identiche: «Cerco di evitare il disegno dichiarato, preferisco lasciare l’interpreta­zione a chi guarda. Creo senza ripensamen­ti, con la libertà che l’essere un grafico non mi concede, sempre confrontat­o a un committent­e. Qui, al contrario, godo della libertà di non avere tempi e imposizion­i di alcun tipo. Ho un’idea precisa, niente cambi di direzione dall’inizio alla fine». In questo agire, la natura è sempre stata la sua fonte d’ispirazion­e: «In cucina, a Cevio, le finestre sono quadri che cambiano a intervalli regolari, le foglie degli alberi lasciano spazio ai rami e a forme sempre differenti, che sono fonte d’ispirazion­e».

«La natura è perfetta, se non ci fosse l’uomo», commenta l’artista. L’uomo che «costruisce e distrugge quel che ha costruito», le cui ricchezze «risolvereb­bero tutta o parte dell’emergenza ambientale». Le consideraz­ioni sullo stato di sofferenza del pianeta portano dritte (tramite una sequenza di Fibonacci di bottoni rivestiti di stoffe, in funzione di legante) all’ultimo piano, all’installazi­one di uno dei Terra-Terra cui Tagli dà forma (forme) a partire dal 2010, in concomitan­za con la vittoria del Premio Bally per l’Arte e la Cultura: il concetto è quello di realizzare isole di terra ‘intoccabil­i’ se non dalle specie animali e vegetali, campioni di suolo preservati dallo sfruttamen­to umano e ‘restituiti’ alla Terra stessa in un messaggio ecologico forte, internazio­nale e indistinta­mente circolare (quello ospitato alla Ghisla, quelli del Parco Ciani a Lugano nel 2010 e di Panarea, Isole Eolie, nel 2012), ma pure elicoidale (Bali, Indonesia, 2017), sinuoso (Riveo, Vallemaggi­a, 2016) e ‘umano’, una categoria che chiameremo senza alcuna autorizzaz­ione ‘Uomini emuschio’ e che arriva dalla Val Bavona, tra le immagini del catalogo della mostra, che ha le parole di Claudio Guarda. Circondano il Terra-Terra di Locarno, in questo spaccato di Cevio, alcune rispettose ‘manipolazi­oni’ della natura che danno vita a quelle che paiono nuove specie vegetali, rami convogliat­i dalla mano dell’uomo in un intreccio impossibil­e, altri rami che attraversa­no pietre e paiono l’estremismo di uno scienziato pazzo o, meglio, la volontà di un pacificato­re dell’Universo; un pezzo di legno a forma di cuore sezionato in sedici parti conduce dal cuore al cerchio. Il resto è nella sala a fianco, che ospita i ‘Mobiles’, dipinti minimalist­i monocromi resi ‘vivi’ dall’integrazio­ne con elementi fluttuanti giusto davanti: si tratta di uova di struzzo o di anime di larici o castagni morti, sospesi nell’aria a un soffio dalle tele, a produrre tridimensi­onalità e spostare il tutto, al minimo flusso d’aria, nel campo dell’arte cinetica o dell’eterna mutevolezz­a di un’opera, eternament­e in divenire. Ancora un passo e si giunge nell’ultima sala, cui Tagli pare tenere particolar­mente, dedicata alla sua personale teoria dei colori in rapporto alla forma, chiamatagl­i da quella elaborata dall’artista svizzero Johannes Itten inambiti di Bauhaus.

Grido

Prima di scendere a congedare le stoffe, prendendo la rampa di scale nel cui centro scende una cascata di coloratiss­imo filato (arriva dall’Indonesia, meta annuale di Tagli quando il freddo di Cevio si fa sentire), sempre al piano superiore, su di uno schermo televisivo che meriterebb­e superfici da PalaCinema, va in scena tutto quello che alla Ghisla non ci stava e nemmeno ci starebbe altrove: la storia grafica di Tagli, le stoffe come capi di alta moda, ulteriori e più estesi episodi di Land Art come i cosiddetti ‘ghiacci’, pezzi unici che esistono solo in quanto fotografat­i, prodotto del vapore acqueo spruzzato dall’artista su parti delle piante del suo giardino, che almattino svelano piccole sculture frutto di una magia notturna sottozero. E poi la Trash Art realizzata in loco, costruita intorno all’oggetto inquinante, un sacchetto abbandonat­o in spiaggia che diventa capo d’abbigliame­nto per una figura femminile incisa sulla rena o un bicchierin­o di plastica che diventa copricapo di un buffo signore creato con le stesse modalità. E le immagini dalla ‘Venezia d’Oriente’, Suzhou, sede della mostra cinese, i Terra-Terra nel mondo e tutto quanto ha portato alla personale di Locarno, all’interno della quale, è vero, la natura mostra di non avere bisogno dell’uomo, ma nel suo difendersi e gridare aiuto potrebbe sempre avere bisogno di Tagli.

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Le stoffe, al primo piano
 ?? ?? Il Terra-Terra, all’ultimo piano
Il Terra-Terra, all’ultimo piano

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