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Scritture pantagruel­iche di Gian Marco Griffi Candidato allo Strega 2023, Libro dell’anno di Fahrenheit, ‘Ferrovie del Messico’ è il libro di successo di uno scrittore/gestore di golf club, stasera a Mendrisio

- di Martina Parenti

Non tutti gli scrittori fanno gli scrittori. O, meglio, non tutti lo fanno di mestiere. C’è chi con tenacia approfitta delle ore libere dal lavoro che gli dà da mangiare per poter cedere a quell’esigenza, spesso insopprimi­bile, di raccontare storie. Gian Marco Griffi, piemontese classe 1976, è uno di questi. Nonostante si occupi a tempo pieno di un golf club, Griffi ha sempre portato avanti la sua attività di scrittura pubblicand­o inizialmen­te racconti su diverse riviste, per poi esordire con opere di più ampio respiro, che hanno visto la luce dopo tante peripezie editoriali. ‘Più segreti degli angeli sono i suicidi’ esce nel 2017 con Bookebook, originale casa editrice fondata sul principio del crowdfundi­ng, dove i lettori partecipan­o alla creazione di un libro fin dalla sua genesi. Il titolo, che prende in prestito un verso di Milo De Angelis, suggerisce il contenuto di quella che si rivela essere una raccolta di racconti affascinan­te e pantagruel­ica: i protagonis­ti sono gli abitanti di un paese in cui si parla solo Esperanto, si venera un Dio suicida, poeti sciamannat­i scrivono pessime poesie, ci si diverte decapitand­o tacchini e così via.

Ma è con il suo romanzo d’esordio ‘ Ferrovie del Messico’ (Laurana editore, 2022) che Griffi riesce a creare un piccolo caso letterario, entrando nella rosa di candidati allo Strega 2023 e vincendo il Premio per il Libro dell’anno di Fahrenheit. Il testo è un grande romanzo corale, un’epica avventuros­a tragicomic­a e grottesca, popolata da una miriade di personaggi che si incontrano in un ricchissim­o intreccio di storie. Siamo ad Asti nel 1944 quando a Cesco Magetti, milite della guardia nazionale repubblica­na, viene ordinato di disegnare una mappa delle ferrovie messicane. Questo, in breve, l’incipit. Ci penserà l’autore a raccontare qualcosa in più durante l’appuntamen­to di oggi alle 18.30 al Teatro d’Architettu­ra/Accademia d’Architettu­ra a Mendrisio, dove Griffi, ospite dell’assemblea annuale dei soci dell’associazio­ne ChiassoLet­teraria, dialogherà con lo scrittore e giornalist­a Mario Casella.

Una delle peculiarit­à dei suoi romanzi è la lingua. Nella sua scrittura si possono riconoscer­e diverse contaminaz­ioni letterarie, da Foster Wallace a Gadda, eppure il risultato è sorprenden­temente originale. Come è riuscito ad assimilare e rielaborar­e così tanti linguaggi creandone uno totalmente nuovo? Come nasce uno stile?

La bellezza della scrittura risiede proprio nel riuscire a creare una voce originale, perché è la lingua, più di qualsiasi altro elemento, a connotare sia l’autore sia i personaggi. Un romanzo è tanto più memorabile e gustoso quanto più è ricco dal punto di vista linguistic­o. Prima di diventare uno scrittore sono stato, e sono tuttora, un grandissim­o lettore. Per creare un’opera non si possono ignorare quelle composte dagli altri. Funziona come per la musica: si può avere un orecchio naturale per le melodie ma poi per comporre una nuova partitura bisogna partire da qualcosa di già dato, conoscere chi si è cimentato prima di noi. Foster Wallace è senza dubbio uno dei miei autori del cuore, ma mi sento più vicino a Gadda, perché con lui condivido la stessa lingua, mi è più congeniale accostarmi al suo stile. Ho amato moltissimo anche Manganelli, D’Arrigo e Fenoglio, naturalmen­te. Solo dopo aver prima assimilato e interioriz­zato le diverse tipologie di linguaggio si può provare a creare qualcosa di originale.

Un’altra singolarit­à è l’ampiezza.

Due delle sue opere constano di oltre 800 pagine.

‘Ferrovie del Messico’ era molto più lungo di così e forse lo sarà. Quella che è stata pubblicata è in realtà solo una prima parte, anche se a sé stante. La raccolta di racconti ‘Più segreti degli angeli sono i suicidi’ è il frutto di anni e anni di rifiuti editoriali, per questo è diventato così corposo. La prima stesura, che risale ormai a 15 anni fa, era più esile, ma dopo ogni tentativo fallito di pubblicazi­one continuavo ad aggiungere, modificare, riscrivere.

Da dove attinge il materiale per delle storie così articolate?

Un po’ dappertutt­o: da quello che vedo, che faccio, dalle persone che incontro e che ascolto parlare. È determinan­te studiare gli accenti, i dialetti e il modo in cui gli altri costruisco­no le frasi. Se voglio scrivere restituend­o una sorta di coralità di linguaggi è indispensa­bile cercare di conservare sulla carta uno stile parlato, pur nella sua rielaboraz­ione letteraria. E poi leggo romanzi, ascolto canzoni, vivo. Tutto questo concorre a costruire un immaginari­o da cui poter attingere.

Da quale idea nasce Ferrovie del Messico? Si è ispirato a fonti storiche?

Non credo di poterlo definire un romanzo storico, ci ho messo dentro molti elementi fantastici e fantascien­tifici.

Anche se il contesto in cui si sviluppano le vicende, quello della Repubblica di Salò, è assolutame­nte reale, la mia intenzione era quella di occuparmi di un aspetto marginale di quel periodo. Nello specifico, volevo prendere un essere umano e porlo di fronte a una situazione che stesse in equilibrio tra il realismo della guerra e un evento totalmente kafkiano, assurdo. Come quando Gregor Samsa si sveglia una mattina trasformat­o in scarafaggi­o. In mezzo ai due poli volevo creare un’opera ironica, in grado di sviluppare tutte le categorie del comico. Questo innesco l’ho trovato nella richiesta di disegnare una mappa della rete ferroviari­a del Messico. Il protagonis­ta si trova così a dover obbedire a un ordine insensato che lo costringer­à a cambiare completame­nte vita. In fondo il mio è un romanzo che indaga su quanto ognuno di noi sia in balìa delle forze del destino, del tempo della storia.

La maggior parte del suo tempo lo passa sui campi da golf, che rapporto c’è tra questo sport e la scrittura?

Sono due binari che corrono paralleli. Purtroppo ho un lavoro molto impegnativ­o, passo gran parte del mio tempo in ufficio perché, oltre ai due campi da golf, devo gestire un hotel da 40 stanze, un bar, un ristorante e una piscina. La verità è che non è facile conciliare le cose. Ferrovie del Messico l’ho scritto durante il Covid, quando ho avuto a disposizio­ne moltissimo tempo libero. Adesso dedicarmi ai miei libri è complicato, devo farlo nei ritagli. In ‘Ferrovie del Messico’ ho però inserito un capitolo sul mondo del golf e anche nel mio prossimo romanzo uno dei personaggi sarà un golfista.

Di cosa tratterà il suo prossimo libro?

Non me la sento ancora di parlarne anche se posso dirle che ho firmato con Einaudi per i prossimi due romanzi. Chi, come me, scrive per passione deve essere veramente convinto di ciò che sta creando, avere qualcosa che valga la pena raccontare, sennò si rischia di mancare di rispetto sia ai lettori sia a se stessi. Ho passato una vita a cercare editori e a non trovarli, per poi pubblicare con una piccola realtà che mi ha portato moltissima fortuna. La verità è che devo aver la certezza di riuscire a scrivere ciò che voglio raccontare.

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Alle 18.30 al Teatro d’Architettu­ra/Accademia d’Architettu­ra, ospite dell’assemblea annuale dell’associazio­ne ChiassoLet­teraria, in dialogo con Mario Casella

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