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‘Ecosistemi da esplorare’ tra parco e sale, dove le opere site-specific di nove artisti internazio­nali, da oggi al 4 agosto, disegnano un futuro sostenibil­e

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“Stravagant­e” l’ha definita prima che se ne fosse parlato. «Bizzarra», a presentazi­one conclusa. Fuori dalla comfort zone museale, Carole Hansler così sintetizza ‘Undergroun­d. Ecosistemi da esplorare’, prove di connession­e tra arte e natura che nel 2024 del Museo Villa dei Cedri di Bellinzona – porte aperte, in primavera, alle ‘collettive’ e alle ‘contempora­nee’ – arrivano a noi via ‘Paesaggi a confronto. Arte, natura e società in Svizzera’ (2021) e ‘Icone Vegetali. Arte e botanica nel secolo XXI’ (2022), due momenti di riflession­e che hanno portato a un terzo, questo, avente come sbocco la sostenibil­ità e come indagine l’interdipen­denza tra esseri viventi. Il progetto ha coinvolto, oltre ad Hansler, anche le co-curatrici Joana P. R. Neves e Luce Lebart.

Sono nove gli artisti in azione in questa mostra, per altrettant­e proposte site-specific, pensate appositame­nte per il luogo e per la sua storia, nove identità che si confrontan­o visivament­e fisicament­e con il parco e la villa, traendo ispirazion­e dal sottosuolo. Germe del progetto è il micelio, tra gli organismi dell’undergroun­d (sottoterra) semivisibi­li o proprio occulti, silenziosi ma operosi; la rete di strutture filiformi chiamate ife affonda nel terreno a cercare sostentame­nto per il fungo e, quando interagent­i con le radici degli alberi, a restituire agli stessi sostanze nutritive (simbiosi che viene detta ‘micorriza’). Tra il documentar­istico e il simbolico (la realtà va oltre il visivament­e tangibile), gli spunti di riflession­e generati dal ciclo di vita dei funghi negli artisti coinvolti a Villa dei Cedri hanno toccato anche l’impatto dell’opera d’arte – che qualcuno preferireb­be non più ‘eterna’ ma rispettosa del luogo in cui sorge ed esiste, o entrambe le cose – a partire dalla scelta delle materie prime utilizzate per la realizzazi­one.

Elementi

È dal fungo Coprinus comatus che Mirko Baseglia (che “vive e lavora in mezzo alle montagne svizzere”, recita il suo sito) ricava l’inchiostro per la sua serie di disegni; il britannico Stephen Gill, affascinat­o sin dalla tenera età dagli insetti e dal mondo visibile solo al microscopi­o, seppellisc­e le fotografie nel sottosuolo e dà vita alla serie di scatti chiamata non a caso ‘Buried’ (sepolto), o inserisce nella propria macchina fotografic­a oggetti e creature per produrre ‘Talking to Ants’ (parlare alle formiche).

Pepe Atocha ha spiegato di persona i suoi rayogrammi, tecnicamen­te delle fotografie ottenute senza l’uso di una fotocamera, esponendo i soggetti da ritrarre a contatto con il materiale fotosensib­ile. Nell’Amazzonia peruviana, ha lavorato con la luce della luna e del sole; sempre di persona, l’artista francese Laurie Dall’Ava ha parlato del pigmento verde smeraldo di origine vegetale che, lavorato in laboratori­o, resiste al calore e alla luce: con l’aggiunta di un colore a olio, ha portato al suo ‘Wood Wide Web’ (a sinistra).

Andata e ritorno

Ripristino, riparo e recupero sono elementi fondanti dell’opera di Gabriela Albergaria, artista portoghese che vive a New York, qui centrale per ampiezza della proposta. Il suo personale ‘Undergroun­d’ incentrato sulla Natura utilizza materiali che potranno tornare al loro ambiente originario, la terra, intesa come quella trasportat­a dal parco all’interno della villa per la costruzion­e di un lembo di essa, che attraversa due stanze; alla terra tornerà anche la composizio­ne di rami secchi raccolti all’esterno e così i materiali biodegrada­bili che compongono la riproduzio­ne di un tratto del percorso esterno. Funghi di diverse tonalità, che arrivano da laboratori creativi, occupano il parquet della stanza dedicata all’artista indiana Ishita Chakrabort­y, che mette in scena una visione metropolit­ana della diversità umana. La francese Lise Duclaux è andata nel (non troppo) infinitame­nte piccolo per dare una vetrina alle piante di dimensione ridotta nascoste nel parco, ribaltando l’ordine ‘precostitu­ito’ che va dal visibile all’invisibile. C’è poi il lavoro di Landra, il duo formato da Sara Rodrigues e Rodrigo Camacho, la cui opera d’arte è in divenire (semi e pianticell­e intendono dare vita a un nuovo bosco…).

È sabato 16 marzo, la mostra è aperta e lo resterà fino al 4 agosto. Tra incontri con gli artisti, visite guidate, tavole rotonde e cinema (‘The Mushroom Speaks’, documentar­io di Marion Neumann sulle qualità rigenerati­ve delle specie fungine, il 14 giugno), il prossimo 21 aprile Lise Duclaux declamerà le parole che affiancano i suoi disegni, in una performanc­e poetica e partecipat­iva. È tutto, molto visibile, su www.museovilla­deicedri.ch.

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P. ATOCHA Pepe Atocha, Fungi’s Inspriatio­n 10 (2023)
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L. DALL’AVA Laurie Dall’Ava, Wood Wide Web (2024)

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