Regina di costanza e compromesso
Il decimo posto di Saalbach regala alla ticinese una doppietta che la eleva ancor più nell’Olimpo del Circo bianco. ‘Ero nervosa, pensavo soltanto a finire’
Otto anni dopo il primo trionfo – e sette dopo il gravissimo infortunio al ginocchio sinistro dei Mondiali di St. Moritz – Lara Gut (nel frattempo diventata Gut-Behrami) torna a essere la numero uno dello sci alpino femminile, a trentadue anni, quasi trentatré. Un dato che da solo dà già la dimensione della campionessa di Comano e della sua capacità di rimanere ad altissimi livelli per lungo tempo. Anche nel corso di questo inverno Lara non ha mai mostrato il minimo segno di cedimento, inanellando una serie mostruosa di ottimi risultati, in tre discipline diverse: sette vittorie, ben sedici podi e una sola eliminazione, nel superG di Val d’Isère, a cui si aggiungono altri due piazzamenti, fuori dalle prime dieci, entrambi in discesa libera.
La maturità e la mentalità vincente della ticinese sono emerse prepotentemente anche nella gara di ieri sulle nevi austriache di Saalbach, quella da non sbagliare assolutamente e che per questa stessa sua natura diventa paradossalmente la più facile da fallire.
Invece Gut-Behrami ha dimostrato un equilibrio notevole tra il reprimere la voglia di strafare, puntare alle posizioni più nobili e correre troppi pericoli e l’istinto di tirare il freno a mano – aspetto che di certo non le appartiene – e rischiare di farsi beffare dal cronometro. Il compromesso le è riuscito perfettamente ed è arrivato un decimo rango.
E proprio il gigante si è rivelato essere la chiave del successo, tant’è che la stessa trentaduenne non ha esitato nel dopo gara a definire il primo successo nella classifica di specialità come la vittoria più soddisfacente, ancor più che quella nella generale.
Certo, non si possono nemmeno lasciar passare sotto traccia gli infortuni occorsi a tre grandissime avversarie come Mikaela Shiffrin, Petra Vlhova e Sofia Goggia (così come nel 2016 avevano dovuto alzare bandiera bianca la stessa Shiffrin, Lindsey Vonn e Anna Veith), tuttavia la statunitense ha pur sempre preso il via a 21 gare contro le 26 della ticinese, conquistando la coppa di specialità in slalom speciale. E anche lasciarsi alle spalle Federica Brignone è stato un risultato tutt’altro che evidente da raggiungere. L’italiana è infatti stata autrice di una grande stagione, che l’ha vista imporsi in sei circostanze e classificarsi per dodici volte tra le prime tre, per un ragguardevole bottino di 1’472 punti, che con due gare ancora da disputare ne fanno già la miglior seconda classificata dal 2015, e i 1’531 punti di Tina Maze.
Il carattere della campionessa di Comano potrà non piacere a tutti e ovviamente nessun ticinese sarà mai obbligato a tifarla soltanto per senso d’appartenenza cantonale. Il suo lavoro però è quello di vincere gare di sci alpino e questo inverno ha nuovamente confermato di essere una delle migliori della storia in questo ambito. Con il passare degli anni a quella smania di migliorarsi, di competere e di vincere ha aggiunto la capacità di gustarsi i traguardi raggiunti. Anche stavolta senza però esagerare nelle celebrazioni. Anzi al traguardo è parsa quasi compassata, un po’ come lo è stata – non esagerata né in aggressività, né in difesa – la sua gara, forse non ancora del tutto conscia del risultato ottenuto, ma soprattutto sollevata dall’enorme pressione subita in partenza e nei giorni precedenti. All’arrivo ha mostrato qualche gesto d’assenso con il capo, ha alzato gli occhi tirando un grosso sospiro di sollievo e dopo essersi accucciata qualche istante sulle ginocchia ha alzato i pugni al cielo in segno di vittoria. Poi durante la cerimonia di consegna della coppa di specialità ha esibito il suo iconico sorriso.
Dopo Erika Hess, Maria Walliser, Michela Figini e Vreni Schneider (l’ultima a riuscirci nel 1994, prima di fare il tris l’anno seguente), la trentaduenne diventa la quinta svizzera a mettere in bacheca almeno due globi di cristallo. Per quanto riguarda invece la coppa di gigante, questa mancava dal 2002, quando finì per la seconda volta consecutiva nelle mani di Sonja Nef.