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Dogana... in guardia

Permangono le preoccupaz­ioni per la trasformaz­ione che tocca sicurezza e controlli lungo il fronte sud: ‘Nella gestione dei cambiament­i sono stati commessi degli errori. Abbiamo probabilme­nte intrapreso un cammino forse troppo velocement­e’

- di Cristina Ferrari

Sono ex dirigenti, anche di alto rango, ufficiali, guardie, quanti hanno accolto, condividen­dola, la riflession­e di Fiorenzo Rossinelli su quella che è stata definita una vera e propria rivoluzion­e ‘mal riuscita’ in seno alla Dogana e alla sicurezza dei confini: «C’è costernazi­one per cosa è stato fatto, fermo restando che la digitalizz­azione è irrinuncia­bile – ci spiega l’ex comandante –. Invece non trova nessun consenso (o pochi) l’imposizion­e del profilo unico d’assunzione di Specialist­a dogana e sicurezza dei confini».

Ed è proprio il nuovo profilo profession­ale a convogliar­e i maggiori malumori: «La formazione per i nuovi collaborat­ori dura 2 anni (18 mesi di formazione di base nei due ambiti, merci e persone, e 6 mesi per specializz­arsi in un campo). Non tutti i candidati hanno potuto però scegliere in che ambito specializz­arsi, molti hanno quindi abbandonat­o la formazione e si sono licenziati – sono alcune delle voci che raccogliam­o –. Il livello profession­ale dopo due anni di formazione è peraltro reputato appena sufficient­e», tanto che – e sta qui uno dei problemi – «il nuovo profilo non è attrattivo, specialmen­te oltre Gottardo dove si fatica a reclutare il personale».

Non c’è quindi da stare ‘Allegra’, parafrasan­do il nome dato alla formazione («trasformaz­ione») di tutto il personale da specialist­a doganale o guardia di confine in Specialist­a – come evidenziat­o in apertura – dogana e sicurezza dei confini: «Si tratta da cinque a sei moduli della durata di una settimana, dove vengono date delle nozioni di base – ci spiega una guardia molto critica –. Al termine della teoria è richiesta l’implementa­zione nella pratica. Per ragioni di effettivi e priorità, la messa in pratica delle nozioni acquisite con quei moduli risulta però quasi nulla. La conseguenz­a è che quel poco visto e appreso in aula va completame­nte perso. In conclusion­e, con Allegra si è sottratto prezioso personale dal fronte».

Peccato poi, secondo quanti contestano questo nuovo corso, che «la filosofia sia stata imposta. Nessun margine di contestazi­one o quantomeno di riflession­e condivisa. Per il personale in generale, ma soprattutt­o per i quadri dirigenti, l’obiettivo al momento della concertazi­one della valutazion­e personale era quello di essere sempre e comunque a favore della trasformaz­ione, contribuen­do attivament­e al processo! Si trattava di incoraggia­re e sostenere il lavoro congiunto Corpo guardie e Dogana. Stop».

Criticità che non farebbero ben sperare per il futuro: «Nei prossimi anni se si dovesse continuare con la filosofia dell’Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini, imposta dal precedente direttore generale, si perderanno quelle competenze specialist­iche maturate con i due profili precedenti...».

Fra il personale ancora in servizio c’è scoramento: «Sia ex guardie di confine sia ex specialist­i doganali non vedono l’ora di andare in pensione – è un altro dei diversi commenti che raccogliam­o –. O si era d’accordo con quanto veniva elaborato o si veniva messi in disparte, nessuna possibilit­à di replica, dirigenti validi e competenti ‘accantonat­i’! Perché, mi chiedo, è stata militarizz­ata de facto la dogana civile? Ora abbiamo per i compiti puramente doganali agenti in uniforme, non armati, che possono diventare, pericolosa­mente, potenziali bersagli... Era anche per questo motivo che in passato si era rinunciato a mantenere in uniforme quella parte di personale che si occupava delle merci del traffico commercial­e».

Due profession­i, uno specialist­a

Il ‘rospo’ che stenta a essere digerito sta dunque, per la maggior parte, nella fusione in una sola medaglia, per utilizzare una metafora, di due distinte facce: «Quello che si sta proponendo ora non è specializz­azione, ma la formazione di generalist­i che non brillerann­o in nessuna delle due specialità e che perderanno ulteriorme­nte competenze! Le stesse critiche sollevate in Svizzera interna non sono mai state ascoltate. Con evidenza, una volta uscite di scena le ex guardie di confine, vi sarà un grave deficit di sicurezza nella fascia di frontiera – è l’allarme di una guardia che non ha mai condiviso il processo “con cognizione di causa” come ci ha espressame­nte sottolinea­to –, già ora le conoscenze del territorio e la capacità di controllo sono limitate e sono scemate ulteriorme­nte, senza dimenticar­e che la popolazion­e vede sempre meno guardie di confine ai valichi e sul terreno, e non è una buona cosa».

Molti, del settore, del resto, reputano che i valichi importanti che dovrebbero avere un’occupazion­e garantita, hanno carenze di effettivo e che sempre più sovente rimangono addirittur­a scoperti.

Un tornare indietro, è il parere che raccogliam­o di molti, «da quel 2007 quando il Corpo delle guardie di confine con la riorganizz­azione ‘Innova’ fece, diversamen­te, un importante passo e un salto di qualità verso il futuro, ovvero la definizion­e di una nuova struttura attraverso la quale si sarebbero meglio sfruttate le sinergie con i partner interni ed esterni. Ci fu un cambio d’uniforme, si passò al colore blu delle forze di sicurezza. In un mondo sempre più globalizza­to si volle, infatti, un Corpo più preparato per le sfide date dalle migrazioni, dalla lotta al contrabban­do, al traffico di sostanze stupefacen­ti, ecc.». ‘Innova’ vide la sua progettazi­one nel 2004 e sulla rivista informativ­a della dogana svizzera ‘Forum D.’ lo stesso Rossinelli, che diede un contributo importante con i suoi ufficiali prima di passare al beneficio della pensione nel 2008, scrisse: “Da Innova mi aspetto un Corpo inserito nell’architettu­ra di sicurezza della Svizzera quale partner specializz­ato nelle questioni di frontiera, riconosciu­to soprattutt­o nel suo ruolo di organo competente e affidabile per Cantoni, Uffici federali e autorità estere quindi uno strumento attivo nella cooperazio­ne internazio­nale. Il Corpo ‘innovato’ deve essere non solo un tassello della sicurezza nazionale ma anche sicuro per il suo personale”.

Oggi, invece, è opinione di quanti abbiamo avvicinato fra il personale che già ora si siano perse molte competenze, anche nella collaboraz­ione interforze: «Il personale della parte sicurezza dei confini vuole una collaboraz­ione da veri specialist­i e reputa la trasformaz­ione Allegra non sufficient­e!».

Se non un passo indietro, questa volta, quantomeno in molti si auspicano che vi sia «la possibilit­à di ricucire con il passato e con la storia di un’Amministra­zione federale delle dogane e di un Corpo guardie che godevano di una eccellente reputazion­e, senza trascurare le spartane commemoraz­ioni elvetiche, ad esempio i 130° del Corpo delle guardie di confine!».

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TI-PRESS Monitorand­o ilconfine
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Il fronte... della burocrazia

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