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Nella Genova di Govi con Solenghi e Pozzi

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Genova, anni 50. Steva è un uomo semplice e mite, vessato dai rimbrotti dall’incalzante moglie Giggia. I due coniugi, non più giovanissi­mi, sono impegnati nella scrupolosa ricerca di un “buon partito” per maritare la loro unica figlia, Metilde. La selezione genera intrighi, malintesi e gag, con marito e moglie pronti a fare carte false per garantire all’erede e a tutta la famiglia un futuro agiato. È il soggetto de ‘I maneggi per maritare una figlia’ di Niccolò Bacigalupo, il 22 e il 23 marzo alle 20.30 al Teatro di Locarno, un classico della tradizione dialettale genovese consegnato alla storia dal genio di Gilberto Govi. A dirigerlo è Tullio Solenghi, che con Margherita Rubino cura anche l’adattament­o. Solenghi (Steva), genovese, è in scena con una concittadi­na, Elisabezza Pozzi, che dal teatro drammatico si sposta qui in ambiti di commedia per dare vita al personaggi­o di Giggia. Complici le scene di Davide Livermore, che in un gioco di bianco e nero riporta lo spettatore al Govi televisivo degli anni Sessanta, quella che va in scena a Locarno è “una sorta di clonazione”, scherza Solenghi nelle note di presentazi­one dello spettacolo. “Per me quella di Govi è una ‘maschera’ senza tempo, paragonabi­le a quella di Arlecchino, ed è con questo rispetto e con questa dedizione che mi accingo a interpreta­rlo. Non esiterei a definirla una sorta di stimolante ‘archeologi­a teatrale’ che permette al pubblico odierno, in una sorta di viaggio nel tempo, di rivivere coi ‘Manezzi’ uno dei momenti più esaltanti del teatro genovese del secolo scorso”.

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‘I maneggi per maritare una figlia’, venerdì e sabato

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