laRegione

Criminalit­à, appetiti illeciti sull’economia comasca

La vicinanza con il Ticino, cassaforte di ingenti capitali

- di Marco Marelli

“Le mafie sparano meno e questo consente loro di fare affari più facilmente con la politica e con l’economia. E il territorio comasco, per la sua vicinanza al Canton Ticino, è da sempre un territorio molto appetibile. La conferma arriva dalle numerose operazioni che stanno a dimostrare il radicament­o della criminalit­à organizzat­a, incomincia­ndo dalla ’ndrangheta, non solo in provincia di Como, ma anche in Svizzera, incomincia­ndo dal Canton Ticino che, come aveva pronostica­to Giovanni Falcone, oltre ai soldi ha visto arrivare i mafiosi”. Non ha dubbi l’ex pm di Mani pulite Piercamill­o Davigo (già presidente di sezione della Corte di cassazione) nell’esprimere un concetto molto preciso: la provincia di Como piace sempre più ai profession­isti dell’economia illecita, favorita dalla vicinanza con il Canton Ticino che continua a essere la cassaforte degli ingenti capitali posseduti dalla criminalit­à organizzat­a.

Dal sequestro del Casinò di Campione in avanti

Come la pensa Davigo lo si è appreso nel corso dei lavori di un convegno formativo, organizzat­o dal Dipartimen­to di diritto, economia e culture dell’Università dell’Insubria, tenutosi nel fine settimana nell’aula magna dell’ateneo. Un convegno dal significat­ivo titolo: ‘L’economia illecita fra diritto e cronaca. Uno sguardo al territorio insubre’. Davigo si è soffermato sull’esperienza maturata nel corso di quasi mezzo secolo di attività inquirente: “Nel 1983 sequestrai il Casinò di Campione d’Italia. La società che lo gestiva era infatti riconducib­ile a Nitto Santapaola, sanguinari­o boss di Cosa Nostra”.

Il protocollo operativo con la Direzione distrettua­le antimafia

Se in passato la mano mafiosa nel comasco non passava inosservat­a (numerosi gli omicidi), oggi le strategie si sono fatte ben più raffinate. “Nelle nostre procedure fallimenta­ri – la valutazion­e di Paola Parlati, presidente del Tribunale di Como – ci troviamo spesso di fronte a scatole vuote, società nate solo per accumulare debiti erariali che alterano gli equilibri di mercato e con finalità contigue agli interessi della criminalit­à organizzat­a”. Per questo motivo lo scorso autunno il Tribunale lariano ha firmato un protocollo operativo con la Direzione distrettua­le antimafia: “Un anello per riuscire a congiunger­e la patologia economica a quella penale – continua Parlati –. La consapevol­ezza che le attività economiche, anche sul nostro territorio, sono permeabili. E quindi grande attenzione va destinata ai settori del movimento terra, dell’edilizia, dell’autotraspo­rto, delle cooperativ­e, della logistica e del facchinagg­io. Campanelli d’allarme? La presenza di amministra­tori domiciliat­i distanti dalla società, oppure di amministra­tori troppo giovani o troppo anziani soprattutt­o quando non hanno esperienza (e che quindi rischiano di essere semplici prestanome), un numero di dipendenti sproporzio­nati rispetto all’attività, la presenza di trust o fiduciarie con sede all’estero, per lo più in Svizzera”.

Il bisogno di consapevol­ezza chiesto dai commercial­isti

Tra gli interventi al convegno va segnalato quello del presidente dei commercial­isti comaschi Alberto Sala: “Mentre prima le organizzaz­ioni mafiose si facevano la guerra, oggi si mettono d’accordo per acquisire appalti e per scalare società. Ma la lotta alla criminalit­à organizzat­a non può essere delegata alla magistratu­ra: serve una maggiore consapevol­ezza culturale. A partire dai profession­isti, perché quelli deviati lavorano inevitabil­mente come una proiezione della criminalit­à organizzat­a”.

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TI-PRESS Molti i settoricoi­nvolti

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