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Pittogramm­i, cartine, idee: è il mondo di Pierre Pedroli

Una ‘chicca’ centenaria per il grafico ottantenne

- di Davide Martinoni

Piccoli colpi di testa che arrivano dritti al cuore. Sono la perfetta sintesi di Pierre Pedroli, i pittogramm­i che il grafico di Aurigeno ha inventato per caratteriz­zare le sue cartine. C’è l’altalena, la tavolozza, il miglior punto di vista di notte. Ci sono i grotti e c’è l’apicoltura, emblema di un Ticino attaccato al territorio, alle tradizioni: i circa 300 simboli originali realizzati negli anni, nella loro unicità, rispecchia­no la creatività dell’autore. Ma anche il suo essere un po’ strampalat­o, con la testa sempre piena di idee e di ricordi, e gli occhi che si stupiscono, guizzano alla ricerca di uno spunto, o ridono, per una battuta estemporan­ea. Ci ha messo due anni e mezzo, Pedroli, per svuotare l’ufficio in cui ha lavorato per una vita. A 80 anni si può accettare di farlo, anche se il lavoro è la vita, e non soltanto una parte di essa. Curiosamen­te, scopo dell’incontro è la riscoperta di un piccolo gioiello culturale, storico e naturalmen­te grafico riemerso dagli ineffabili archivi di casa: la Super Pianta-Guida monumental­e di Roma, ideata esattament­e 100 anni fa da tale Gino Peroli (guarda un po’ te il caso), che divenne poi parte della collezione di Achille Bertarelli, il quale proprio nel 1924 donò al Comune di Milano il suo patrimonio di circa 300mila pezzi, oggi custodito al Castello Sforzesco.

Sfogliarla – delicatame­nte, perché ormai fragile e soprattutt­o introvabil­e – significa passeggiar­e, con Pedroli, nella Storia e a tratti immergersi in apparenti contraddiz­ioni che fanno sorridere. Accanto a inserti come lo “Svolgiment­o e storia dell’Anno Santo”, o all’elenco dell’intero Corpo diplomatic­o di allora presso la Santa Sede – con tanto di guida alle Accademie ecclesiast­iche e ai seminari capitolini – troviamo in grossolana evidenza pubblicità d’antan allo Sciroppo Pagliano (“ottimo purgativo”), al Cioccolato Anno Santo, ai Fernet-Branca e ai Cinzano; o, ancora, perle d’altri tempi come “L’insuperabi­le macchina da scrivere Continenta­l”, “Il vero grammofono ‘La voce del padrone’” e i microscopi Koristka, squillante acuto scientific­o in un paludato coro clericale.

Sono cose come queste che ravvivano Pierre Pedroli, mai domo di scoperta e sempre prodigo di spunti. Fra i più recenti, riguardand­o a se stesso, la partecipaz­ione in giuria per il concorso del nuovo stemma di Verzasca, unitamente a Stefano Vassere e Veronica Provenzale. Constatiam­o che nel bel progetto prescelto l’acqua è blu, mentre nell’origine stessa del nome Verzasca potrebbe celarsi l’opportunit­à, se non proprio l’obbligo, di legare all’immagine del fiume il suo caratteris­tico colore verde. «Questa è bella – non si scompone il grafico –, ma per modificarl­o temo sia ormai troppo tardi». Prima, legate al mestiere, c’erano state carriole di cartine realizzate per enti pubblici e istituzion­i culturali come il Film Festival e caratteriz­zate, sempre, da un anticonfor­mismo che è la firma inconfondi­bile del creativo che c’è in Pierre. Ma anche, nello stesso solco, la moltitudin­e di loghi che disseminan­o l’anima del grafico, prima del simbolo di un committent­e. O chicche artistiche da amanuense come “La pastorale del turismo” – modello del Locarnese e Valli in scala 1:25’000, costituito da 3’500 pezzi di legno, poi donato a Cadogno, per generazion­i di alunni delle Elementari di Minusio – o, tratto da pierrepedr­oli.ch, “Tremila turaccioli”, “un Presepe che ricorda la Natività e l’antica storia del vino”.

Per gente come Pedroli la profession­e esprime una passione, traduce un sentimento. “Senza emozione – è una delle massime che troviamo annotate nel suo fitto caleppino – non si arriva al sentimento”.

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Pierre Pedroli e il suo tesoro

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