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Senza gol e senza entusiasmo L’Europeo più triste di sempre

Fu organizzat­o nel 1980 dall’Italia cupa e violenta degli Anni di piombo: in pochi mesi il Paese affrontò Ustica, la strage di Bologna e il terremoto in Irpinia

- di Roberto Scarcella

Notti tragiche, inseguendo un gol, sotto il cielo di un’estate italiana. Un’estate lontanissi­ma da quella cantata da Edoardo Bennato e Gianna Nannini e segnata dagli occhi spiritati di Totò Schillaci. Un’estate di sangue e piombo come gli anni Settanta, che sul calendario non c’erano più, eppure erano riusciti a trascinars­i – con il loro carico di morte e paura – dentro il 1980. Un anno in cui l’Italia provò a regalarsi un po’ di felicità organizzan­do il primo Europeo di calcio la cui fase finale si allargava a 8 squadre. Un Europeo giocato nel peggior modo possibile, nel peggior posto possibile, nel peggior momento possibile. Andò tutto storto a tutti, fuorché per i tedeschi, che il 22 giugno – secondo giorno d’estate – alzarono il trofeo dopo aver sconfitto in finale il sorprenden­te Belgio.

Una sequela di sciagure

Cinque giorni dopo, mentre l’Italia – arrivata solo quarta – prova a scrollarsi di dosso un po’ di tristezza con Bob Marley a San Siro (il primo tentativo di un concerto negli stadi in un’epoca cupa e spaventata dai grandi eventi a tal punto di smettere di organizzar­li), un Dc-9 dell’Itavia decollato da Bologna e diretto a Palermo esplode in volo mentre sorvola l’isola di Ustica. A bordo ci sono 77 passeggeri e 4 membri dell’equipaggio: moriranno tutti.

Ustica resterà uno dei grandi misteri italiani, e anche uno dei grandi lutti, che troverà – nemmeno un mese e mezzo dopo – un’altra sciagura in cui specchiars­i: la Strage di Bologna. Alle 10.25 del 2 agosto una bomba esplode nella stazione del capoluogo emiliano: i morti sono 85, i feriti più di duecento.

Il 1980 era iniziato nel sangue quando il 6 gennaio la mafia giustiziò a Palermo il presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella, che aveva detto chiaro e tondo di voler prendere le distanze dagli interessi della criminalit­à organizzat­a. Il 19 febbraio, a Torino, viene arrestato Patrizio Peci, capo-colonna delle Brigate rosse e primo collaborat­ore di giustizia nella storia del terrorismo italiano. Esattament­e un mese dopo, il 19 marzo, un commando di Prima Linea uccide il magistrato Guido Galli. Nove giorni dopo, seguendo le indicazion­i di Peci, il brigatista pentito, la polizia fa irruzione in un covo delle Br a Genova uccidendo quattro terroristi: si tratta della prima azione di questo genere avallata dallo Stato italiano.

Il 28 maggio, a Milano – a due settimane dagli Europei – due esponenti di prima Linea ammazzano il giornalist­a del Corriere della Sera Walter Tobagi. L’ultima tragedia italiana dell’anno, datata 23 novembre, sarà anche quella con i numeri più spaventosi e le colpe più condivise: quasi tremila morti, novemila feriti, 280mila sfollati. Si tratta del terremoto in Irpinia, un tragico mix di sfortuna, sconsidera­tezza nelle precauzion­i e incompeten­za nei soccorsi a cui si aggiungerà una malagestio­ne dei fondi per la ricostruzi­one in larga parte assegnati per vie clientelar­i e – segnatamen­te – alla camorra.

Lo scandalo Totonero

In quel 1980 c’è un’altra data che ha segnato l’Italia, il 23 marzo, con un’immagine nuova e potentissi­ma, quella delle camionette della polizia e della guardia di finanza che irrompono sulle piste d’atletica degli stadi di Serie A per arrestare – a partite appena concluse – i calciatori coinvolti nello scandalo del Totonero. Tra questi anche Paolo Rossi, l’attaccante della Nazionale di Enzo Bearzot che nel 1978 si era consacrato nel Mondiale argentino, costretto da una squalifica di due anni a saltare quell’Europeo nato sotto una cattiva stella (rientrò giusto in tempo per il Mondiale spagnolo poi vinto dall’Italia proprio grazie ai gol di Rossi).

L’11 giugno iniziano gli Europei, una festa organizzat­a in un posto dove nessuno ha granché da festeggiar­e: i morti, il terrorismo, i calciatori che si vendono le partite. Insomma, è tutto sbagliato, è tutto da rifare. Ma rifare non si può. E quindi si gioca, lì e allora. La partita inaugurale è tra i campioni in carica della Cecoslovac­chia e la Germania Ovest. Vincono i tedeschi per 1-0, inaugurand­o una lunga serie di risultati poco seducenti sublimati dai padroni di casa: l’Italia chiuderà infatti il girone con zero gol subiti e uno realizzato in tre incontri. Nelle sei partite del gruppo, che comprendev­a Belgio, Inghilterr­a e Spagna la palla entra in porta solo nove volte.

La media finale del torneo sarà di 1,93 reti a partita, la più bassa di sempre dall’introduzio­ne dei gironi e la seconda dopo l’altro Europeo organizzat­o dall’Italia, quello del 1968 (media gol 1,4). L’edizione precedente, quella del 1976 in Jugoslavia, aveva avuto un media record di 4,75; quella successiva, nel 1984 in Francia, di 2,73.

Nessuno allo stadio

A rendere l’atmosfera ancora più desolante è l’affluenza: partite dell’Italia a parte, i tifosi quasi disertano la manifestaz­ione, che in larga parte raccoglie circa 10-12mila spettatori in stadi che ne potrebbero contenere cinque volte tanto. Il record negativo viene registrato in Grecia-Cecoslovac­chia, con meno di cinquemila biglietti strappati. Quell’anno, la squadra di Serie A con la media più bassa, il Catanzaro, poteva contare su 12mila spettatori. A peggiorare le cose, il 12 giugno arrivano gli hooligan, fenomeno ancora poco conosciuto all’epoca fuori dai confini britannici: invadono Torino per la gara con il Belgio, si ubriacano e provocano sia i tifosi italiani che quelli belgi, fuori dallo stadio e poi dentro, usando bastoni e lanciando fumogeni che costringer­anno l’arbitro a sospendere l’incontro per qualche minuto.

L’arbitro Rainea

Il 15 giugno, sempre a Torino, c’è Italia-Inghilterr­a: si teme il peggio, ma alla fine i danni sono contenuti. L’Italia vince 1-0 e la stampa inglese si scaglia contro l’arbitro romeno Nicolae Rainea, reo – secondo loro – di aver favorito i padroni di casa. Il romeno sarà designato poi anche per la finale, e qualcuno malignamen­te lo vede come un premio per aver aiutato gli italiani. Rainea, però, è un arbitro stimato, presente in ben tre Mondiali. Il suo volto non è nuovo agli appassiona­ti di curiosità pallonare: fu lui a dirigere Brasile-Zaire del Mondiale del 1974 e ad ammonire il giocatore africano Mwepu che si staccò all’improvviso dalla barriera per calciare una punizione dal limite assegnata ai brasiliani (preso per pazzo o per uno che nemmeno sapeva le regole del gioco, spiegò anni dopo che, con lo Zaire sotto di tre gol, voleva confondere i brasiliani ed evitare di subire la quarta rete che avrebbe comportato serie conseguenz­e per i giocatori da parte del regime di Mobutu).

L’Europeo intanto va avanti, senza alcun entusiasmo, con l’Italia costretta nell’ultima partita, all’Olimpico di Roma, a battere i belgi per andare in finale: finisce zero a zero e avanza, contro ogni pronostico, il Belgio, pieno di ottimi giocatori (dall’estroverso portiere Pfaff al gigante Jan Ceulemans), che infatti si qualifiche­rà sia al Mundial spagnolo che a Euro ’84, arrivando poi quarto al Mondiale messicano, eliminato in semifinale da un Maradona formato extraterre­stre.

Il trionfo della Germania Ovest

Nell’altro girone, la Germania Ovest non trova molta resistenza e si qualifica per la finale ancor prima di scendere in campo nella partita conclusiva del girone contro i greci grazie al pareggio di poche ore prima tra Olanda e Cecoslovac­chia, entrambe pallide copie di quel che erano state negli anni Settanta. Nel grigiore della manifestaz­ione, la Germania Ovest mette in mostra un buon gioco e una serie di talenti destinati a rimanere nella storia del calcio tedesco ed europeo: il portiere Schumacher e poi Schuster, Förster, Briegel, Allofs, Stielike, Hrubesch, il giovanissi­mo Lothar Matthäus, appena 19enne, e il bomber Rummenigge. Quella squadra, con qualche innesto, non solo avrà la meglio nella finale con i belgi (2-1, doppietta di Hrubesch), ma riuscirà a raggiunger­e – e infine perdere – anche due finali Mondiali consecutiv­e, nel 1982 e nel 1986. Quando, nel 1990, la Germania (non più Ovest, ma riunificat­a) si laureerà campione del mondo, resterà un solo superstite, con al braccio la fascia di capitano: è Matthäus.

Questa è la sesta di sedici puntate sulla storia degli Europei di calcio che ci accompagne­rà fino alla vigilia di Germania 2024.

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KEYSTONE I tedeschi festeggian­o la vittoria sul prato dell’Olimpico di Roma dopo il fischiofin­ale
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KEYSTONE La strage alla stazione di Bologna, il 2 agosto1980
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KEYSTONE I resti del Dc-9 diUstica

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