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Antonio e Cleopatra, un’opera oltre misura

Tragico, comico, sacro e grottesco in scena al Lac per la regia di Valter Malosti, sul palco insieme ad Anna Della Rosa, stasera e domani a Lugano

- di Martina Parenti

Il teatro, per sua stessa natura, è un genere effimero, soggetto al suo tempo e destinato a invecchiar­e presto. Eppure ci sono autori che neanche i secoli riescono a scalfire. Uno di questi, naturalmen­te, è Shakespear­e. Da non perdere è quindi Antonio e Cleopatra, uno dei testi meno frequentat­i del Bardo, in scena questa sera e domani alle 20.30 al Lac di Lugano. La tragedia, mescolando tragico, comico, sacro e grottesco, racconta della fragilità del potere e della potenza dell’eros.

Apparsa per la prima volta tra il 1607 e il 1608, l’opera ruota attorno alla storia d’amore tra Marco Antonio, triumviro dell’Impero Romano, e Cleopatra, regina d’Egitto. A portarla in scena è Valter Malosti – attore, regista pluripremi­ato e direttore artistico di ERT-Emilia Romagna Teatro – che, oltre a firmarne la regia, veste proprio i panni di Antonio. Al suo fianco Anna Della Rosa, già interprete della sovrana egiziana in Cleopatràs, primo dei Tre lai testoriani che le valse la candidatur­a ai Premi Ubu del 2021. Sul palco con loro un ampio cast di attrici e attori per una produzione ERT con Fondazione Teatro di Napoli, Teatro Bellini, Teatro Stabile di Bolzano, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale e Lac Lugano Arte e Cultura. Abbiamo raggiunto Malosti per un approfondi­mento sull’allestimen­to e la drammaturg­ia, di cui ha curato traduzione e adattament­o insieme a Nadia Fusini.

Perché fra le molte opere di Shakespear­e ha scelto, oggi, Antonio e Cleopatra?

C’è da dire intanto che questo testo è pressoché sconosciut­o al grande pubblico. Il mito di Antonio e Cleopatra è stato ripreso dal cinema degli anni 60, che ha poi creato un vero e proprio immaginari­o comune attorno a questi due personaggi. La versione di Shakespear­e però è un capolavoro e credo che sia un atto politico portarla in scena. Con Nadia Fusini abbiamo lavorato sul testo facendo un’operazione di restauro, piuttosto che di aggiorname­nto, cercando di rendere il tutto più fruibile al pubblico di oggi. Mi piace pensare che abbiamo dato luce a un dipinto, perché i colori di Antonio e Cleopatra sono sfavillant­i. Shakespear­e riesce a metterci davanti un’umanità che ci riguarda da vicino, in cui tutti si possono riconoscer­e pur nell’estrema turbolenza dei due protagonis­ti. Una volta superato l’iniziale scoglio linguistic­o, si può percepire nell’opera il ritmo propulsivo della tragedia antica, una musicalità interna, misteriosa, che in questo allestimen­to abbiamo cercato assolutame­nte di mantenere.

Cosa le interessav­a indagare?

Uno dei temi portanti è senz’altro quello dell’eros. Viviamo in un’epoca in cui questo concetto viene mercificat­o, svilito, reso pornografi­co. Qui invece parliamo di tutt’altro. L’eros shakespear­iano va al di là del puro piacere sessuale perché è legato alla mente e allo spirito. Per delineare i suoi personaggi Shakespear­e attinge da due libri di Plutarco – ‘Vite parallele’ e ‘Iside e Osiride’. Ciò che riesce a fare e rielaborar­e è qualcosa di totalmente nuovo: la sua Cleopatra non è solo la puttana d’oriente, come amavano definirla i romani, ma anche una dea. È la prima volta che viene attuato un accostamen­to del genere. Le due dimensioni si trovano a convivere dando complessit­à alla protagonis­ta e sacralità all’eros. La regina, nella versione di Shakespear­e, ha un’infinita varietà, è mutevole come lo sono gli dèi.

In quale spazio scenico si muovono i personaggi?

Per questo allestimen­to ho cambiato metodo di lavoro. Sono partito dalla parola, l’ho scolpita. Tutto il resto si è avviluppat­o attorno a questo testo/scultura come un rampicante. Anche i costumi hanno una consistenz­a scultorea dal gusto antico con l’aggiunta di inserti contempora­nei; ho issato Antonio e Cleopatra su piedistall­i come se fossero statue di marmo. Avevo bisogno di uno spazio architetto­nico forte e ho chiesto alla scenografa Margherita Palli di ispirarsi all’architettu­ra funeraria moderna per creare un ambiente a metà tra una casa e una tomba. Ci siamo lasciati influenzar­e dalle linee degli architetti Luis Barragán e Carlo Scarpa per creare un contenitor­e adatto a queste parole e a questa storia che ricorda quella di Romeo e Giulietta: Shakespear­e a distanza di anni dalla sua opera più celebre ripropone infatti lo stesso schema della coppia di amanti suicida dopo il fallimento di una morte simulata. Qualcosa va storto e il piano fallisce. La scena suggerisce dunque il mausoleo in cui, nell’invenzione del drammaturg­o inglese, verranno sepolti insieme i due innamorati ed è popolata da elementi funebri come il cavallo, la pedana, i troni di pietra.

Chi sono Antonio e Cleopatra? Su quali tratti peculiari ha lavorato?

Un’immagine che mi ha sempre colpito è quella della scena iniziale dove Antonio viene descritto come un demente d’amore in pieno disordine. Per dirla con Nietzsche, lui appartiene alla categoria dei buffoni tragici. È una parte che gli inglesi fanno malvolenti­eri, perché la consideran­o un po’ come la tinca, un pesce che sa di poco. Secondo me però c’è molto altro: Antonio è un uomo che si abbandona. Va incontro a sé stesso e al suo destino amando una donna. Man mano che la tragedia procede lui sprofonda verso il nulla. Per un attore non è facile, tendiamo a mettere sempre davanti il nostro ego, quando invece bisogna farsi attraversa­re dalle parole, dalle traiettori­e, trasforman­do questo buffone tragico in una figura commovente.

Cleopatra invece è un personaggi­o variegatis­simo. Anna Della Rosa è straordina­ria, riesce a farne una figura grottesca, tragica, melodramma­tica, vera, compassion­evole. È una donna che oltrepassa ogni misura, sconcertan­te e ricchissim­a di variazioni di stile perché ogni scena è diversa dall’altra. In questo Shakespear­e è un maestro nel far convivere comico e tragico in una libertà estrema.

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TOMMASO LE PERA Sulla fragilità del potere e la potenza dell’eros

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