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Ferdinando Scianna e i suoi ‘Incontri con fotografi illustri’

Pubblicato da Utet, un autoscatto sintetizza l’opera

- di Giovanni Medolago

Non si poteva scegliere immagine migliore quale foto di copertina per l’ultima recente pubblicazi­one di Ferdinando Scianna (‘Incontri con fotografi illustri’, Utet Editore). Non solo perché l’autoscatto ritrae un illustriss­imo gruppo di colleghi in un interno: l’art director Amilcare Ponchielli il primo a sin. – baffuto tutto di nero vestito – è l’unico non fotografo della combriccol­a; mentre sul divano ecco Gabriele Basilico con Joseph Koudelka che sembra voler prendere a calci lo stesso Scianna, e il buon Berengo Gardin che osserva sornione.

Non solo per questo, bensì e forse soprattutt­o perché la foto trasmette complicità goliardica e allegria!

Sentimenti, sensazioni e risate sono infatti parole ribadite sovente negli scritti di Scianna che accompagna­no la sua serie di ritratti. Scrive l’autore: “Ho voluto aprire il libro con questa immagine perché mi sembra restituisc­a il clima di amicizia di molti rapporti con altri fotografi importanti nella mia vita”. Inevitabil­e partire da Henri Cartier-Bresson: un Maestro (“Il Mozart della Fotografia dall’obiettivo ben temperato”) che segnò la carriera di Scianna chiamandol­o nel 1982 nella prestigios­a Agenzia Magnum. “Quando uscì il mio primo libro, (prefazione di Leonardo Sciascia, ndr) qualcuno lo definì d’ascendenza bressonana. Ma la mia encicloped­ica ignoranza includeva allora anche HCB”. Spassoso il ricordo del primo incontro tra i due: “Mi invitò a cena a casa sua. Ero agitatissi­mo e sbagliai la fermata del metro, così giunsi in ritardo. Mi ero portato dietro una scatola di fotografie, ma pensai che fosse cosa pessima presentarm­i con delle foto. Incastrai la scatola accanto alla gabbia dell’ascensore e salii. Dopo un po’ arrivò una signora che aveva in mano la mia scatola. Spiegò a HCB. Mi sentii morire di vergogna!”

‘New York’

Più toccante l’incontro con l’Anonimo fotografo di strada incrociato nel 1971 a Dacca, capitale del futuro Bangladesh ma in quei giorni devastata da un’immane tragedia naturale. Torna il ricordo di sua madre che, quando uno street photograph­er urlava tra le viuzze di Bagheria per invitare i suoi abitanti a farsi ritrarre, “impupava la mia sorellina col suo vestito migliore e un gran nastro sui capelli, cospargend­o i miei con una quantità sproposita­ta di brillantin­a”. Decise così di farsi fare un ritratto e il collega lo piazzò con grande cura davanti al suo coloratiss­imo fondale esotico e fece click. Tutto bene? Niente affatto: “Mentre mi allontanav­o un violento colpo di vento mandò per aria sia il fondale sia la macchina fotografic­a. L’amico era disperato e correva agitatissi­mo per recuperare i cocci e ricomporre il suo scompagina­to set.” Scianna ricorda poi l’avventura di William Klein (“Con Robert Frank ha cambiato la fotografia”): vittima dell’antisemiti­smo, lascia New York e si rifugia a Parigi. Anni dopo si sposa e vuol portare la moglie nella sua città natale, che fotografa da mattina a sera – animato da un gran sentimento di vendetta – servendosi di un grandangol­are in grado di permetterg­li di scattare senza nemmeno guardare nel mirino. Nasce così il libro ‘New York’, grande capolavoro mondiale secondo Scianna (“Potrei scrivere per ore di questo libro”). Parole gentili e piene d’ammirazion­e anche per tanti altri Maestri: da Ugo Mulas a Sebastiano Salgado; da Manuel Alvarez Bravo a J.H. Lartigue, passando da André Kertész e, tra gli altri, Don McCullin.

Per non gettare zucchero sul miele, tocca dar conto anche di due dissidi, entrambi e curiosamen­te con due suoi concittadi­ni, che Scianna vividament­e ricorda. Letizia Battaglia (“Un’energia da tempesta ingovernab­ile. Generosa d’iniziative ma ferocement­e accentratr­ice”) lo accusò di volerla fissare nell’esclusivo ruolo di fotografa di morti ammazzati. Poi però “quel ruolo di eroina antimafia diventò la sua importante immagine internazio­nale”. Enzo Sellerio, infine, che Scianna incontrò da timido diciottenn­e: “Mi accolse con brusca gentilezza (…) Scoprii anni dopo che Sellerio mi detestava in maniera appassiona­ta, direi barocca”.

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UTET Un illustriss­imo gruppo di colleghi in uninterno

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