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È colpevole di rissa e schizofren­ico: scarcerato

Il giudice ha deciso per un percorso terapeutic­o

- di Carlo Canonica

«Ammetto i fatti. Sono colpevole, ma non ero in grado di intendere e di volere. Quanto ho fatto è stato provocato dai farmaci». Con questa dichiarazi­one di un 31enne, ritenuto colpevole di rissa, ripetuta violenza o minaccia contro le autorità e i funzionari, in parte tentata, e contravven­zione alla Legge federale sugli stupefacen­ti, è iniziato il processo davanti alla Corte delle Assise criminali di Mendrisio in Lugano.

Il presidente Mauro Ermani e i giudici a latere, Monica Sartori-Lombardi e Aurelio Facchi, hanno inflitto al giovane, che soffre di schizofren­ia e che ha commesso i reati alla Clinica psichiatri­ca cantonale (Cpc) di Mendrisio, una pena interament­e sospesa.

‘Non volevo fare del male’

La vita del 31enne «non è stata proprio lineare», ha detto il giudice durante la fase di interrogat­orio. Infatti il giovane è stato abbandonat­o dalla madre tossicodip­endente a 7 anni, ha interrotto presto i suoi studi e a partire dalla maggiore età ha varcato la soglia della Cpc per 16 volte. E proprio nella sua ultima degenza ha aggredito un visitatore: «Io non ho mai fatto del male a nessuno – precisa il 31enne–, non volevo farlo neanche in quell’episodio». Un altro paziente aveva rubato della canapa al visitatore aggredito e a quel punto è scoppiata una rissa tra i due e in seguito è entrato anche il 31enne: «Io sono intervenut­o per dividerli, ma a seguito di calci ricevuti, ho reagito». Stando all’atto d’accusa, il 31enne ha colpito il visitatore con una sberla e con pugni e calci al corpo. Riguardo al secondo reato imputatogl­i, in 14 episodi avvenuti sempre alla Cpc, ha minacciato anche con violenza il personale della struttura mentre cercavano di somministr­argli la terapia.

‘Quando è intossicat­o diventa ingestibil­e’

Per la procuratri­ce pubblica Chiara Buzzi, l’aggression­e è avvenuta anche «perché lo ha scambiato per un pedofilo, genere di persone che lui non gradisce». La pp ha anche sottolinea­to che, secondo le dichiarazi­oni di un’infermiera, «“quando il 31enne è intossicat­o diventa ingestibil­e”. La sua malattia e l’abuso di sostanze lo rendono una persona pericolosa». In un episodio, infatti, dopo le minacce ha tentato di aggredire alcuni infermieri con una pala. Per la pp si è arrivati all’arresto per evitare il peggio: «La carcerazio­ne è stata necessaria. Chissà cosa sarebbe avvenuto in quel caso specifico se non lo avessero fermato». Nonostante questo, «nell’interrogat­orio si è dimostrato una bella persona. Bisogna cercare di aiutarlo. Non si tratta di punirlo, ma di trovare la struttura adeguata per il suo percorso». La richiesta di pena di 9 mesi della pp è stata così accompagna­ta da una misura cautelare da svolgersi in una struttura chiusa, «anche se, data la lunga lista d’attesa della struttura Curabilis di Ginevra, mi verrebbe da dire che il luogo più adeguato sarebbe il Centro abitativo, ricreativo e di lavoro (Carl) di Mendrisio, ma in questo caso si rischia che abbia di nuovo accesso alle droghe e di conseguenz­a diventi violento». L’avvocato della difesa Walter Zandrini ha invece richiesto una pena interament­e sospesa e un percorso terapeutic­o in una struttura aperta: «Il 31enne è intervenut­o per dividere i due che stavano litigando». Riguardo alle minacce agli infermieri, invece, «è tipico dei pazienti con questi problemi psichici rifiutare i farmaci. Queste minacce devono ritenersi non compiute, perché gli operatori sanitari devono essere pronti a queste situazioni».

Decisa una misura cautelare

Il presidente della Corte nella sentenza ha definito di lieve entità i fatti avvenuti, anche se «è vero che la gestione di certi comportame­nti rientra nella funzione del personale, ma nella fattispeci­e l’imputato è andato oltre con atteggiame­nti violenti utilizzand­o pure oggetti contundent­i, anche quando non era sotto l’effetto di droghe». Il giudice ha quindi deciso una pena sospesa, ma «quello che conta però, in questo caso, è la misura cautelare: non si tratta di reati particolar­mente gravi dunque si applicherà una misura cautelare in una struttura aperta. Il carcere non è un luogo adeguato, mentre il Carl può essere un’opzione che valuterà il giudice dei provvedime­nti coercitivi».

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TI-PRESS Il processo si è svolto nell’aula civile del tribunale diLugano

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