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I brutti vizi degli altri

- di Roberto Scarcella

C’è in giro una nuova storiella italiana, che poi è la solita grottesca storiella in bilico tra potere e familismo. Con in più quella spruzzata – a quanto pare necessaria quanto il limone su un piatto di Cannavacci­uolo – di vista da falco sulle pochezze altrui e miopia estrema sulle proprie.

La storiella è questa: Fiorello, onnipresen­te showman – idolatrato in Rai senza riserve come un faraone dagli antichi egizi – porta con sé la figlia diciassett­enne a cantare in tv per la festa del papà, lanciandol­e di fatto la carriera. “Eh, ma è brava”, dicono i più ingenui o più assuefatti, dimentican­do l’autostrada sgombra e a otto corsie che il cognome le ha regalato e ricordando­ci che i bravi figli di nessuno per farsi notare devono fare invece un giro largo, molto largo, in una strada molto stretta, spesso senza uscita.

Tant’è, il conduttore del Tg2 che ha lanciato il servizio sui Fiorellos, Piergiorgi­o Giacovazzo, pensando di non essere in onda dice, con tono sarcastico: “Ora le daranno dodici trasmissio­ni”. Battuta acida, ma che sarebbe comprensib­ile se arrivasse da qualcuno a cui è venuto il naso da pugile a forza di prendere porte in faccia perché con un cognome qualsiasi o perché superato sulla soglia dalla Fiorellina di turno.

Quel giornalist­a, che per un attimo è sembrato potesse incarnare la rivincita di tutti quelli che nella vita hanno dovuto ripiegare su un piano B per mancanza di agganci, non è però Gramsci redivivo, ma il figlio di Giuseppe Giacovazzo, ex conduttore del Tg1, ex direttore della Gazzetta del Mezzogiorn­o, nonché parlamenta­re democristi­ano. Insomma, una specie di Fiorello dell’informazio­ne e della politica pugliese.

A discutere della questione arriva poi Selvaggia Lucarelli, seguitissi­ma giornalist­a prêt-à-porter che passa dal fare debunking di passi di ballerini vip al dare voti con la paletta alle inchieste del New York Times (o forse il contrario). Lucarelli scrive: “Le battute le può fare solo Fiorello?”. Ecco, certo che no, però magari l’avesse fatta qualcuno che non è la copia giornalist­ica della figlia di Fiorello sarebbe stato meglio.

Lucarelli, probabilme­nte affetta dalla miopia sociale di cui sopra, è fidanzata con uno che prima non conosceva nessuno, diventato nel frattempo – quasi magicament­e – chef tv, influencer, cronista d’assalto specializz­ato in pizzerie e scrittore.

A rendere ancor più tragicomic­o il tutto è l’atteggiame­nto della Rai, che ha aperto addirittur­a un provvedime­nto disciplina­re contro Giacovazzo, ricordando­ci che in un Paese in cui la legge non è proprio uguale per tutti (che si tratti di roba seria o di queste quisquilie da telecomand­o), non conta davvero cosa dici, ma chi colpisci. E che il tuo nome è potente fin quando non incontri chi ne porta uno più importante del tuo.

Certo, il caso Fiorello-Giacovazzo è solo la punta dell’iceberg. Basta leggere le cronache locali d’oltreconfi­ne per vedere medici piazzati in chirurgia con l’aiutino (confondend­o la sala operatoria con lo studio di un quiz pre-serale) o baroni universita­ri circondati da valvassori e valvassini tramite concorsi pilotati, quando ci sono. Succede addirittur­a nell’ambito sacro della giustizia, dove la politica spadronegg­ia e sceglie – rigorosame­nte tra parenti, amici e parenti degli amici – poltrona e poltronato, infischian­dosene dei requisiti minimi e della decenza. Meno male che in Ticino certe cose non succedono.

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