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Pochi giovani in politica? Meili: ‘L’ambiente è ostile’

Intervista alla consiglier­a comunale dei Verdi di Lugano, per cercare di capire come mai la politica sia poco attrattiva per le nuove generazion­i

- di Mirko Sebastiani

La scarsa adesione dei giovani alla vita politica è un problema che colpisce trasversal­mente tutti i partiti. E tocca anche gli ecologisti, che forse più di tutti trattano tematiche sentite dalle nuove generazion­i, come i diversi movimenti ambientali­sti degli ultimi anni (il caso pù recente è lo sciopero del 15 marzo) dimostrano. Deborah Meili, classe 1995 e consiglier­a comunale dal 2021, è infatti l’unico membro della sezione di Lugano dei Verdi sotto i trent’anni. L’abbiamo intervista­ta per cercare di capire cosa renda la politica così poco attrattiva per i suoi coetanei.

Il suo partito, durante l’ultima assemblea, ha espresso la propria difficoltà nel trovare giovani disposti a mettersi in gioco. Quali possono essere le cause?

È un quesito che mi pongo anch’io. Ho chiesto a molte persone di candidarsi insieme a me. Tra chi non ha interesse a entrare in politica istituzion­ale, a chi non ha interesse a farlo a Lugano. Tra chi vorrebbe, ma per via di figli e del lavoro non ha tempo, chi è di un altro comune, chi non ha la cittadinan­za, chi è minorenne, chi si sta trasferend­o. E non dimentichi­amoci che Lugano è tutt’ora l’unica tra le più grandi dieci città della Svizzera ad avere un governo così a destra. Questa Lugano ci tiene tanto a essere ‘sexy’ per il capitale, ma non fa ‘il filo’ alle persone giovani e alle loro qualità. Ogni tanto si dice ecologica, ma di fatto non è che lo voglia davvero essere. Perché la politica è fatta di parole, e questo modo di fare ecologia è prettament­e politico, senza fatti concreti. Come con le piste ciclabili, che vengono pubblicizz­ate ma di fatto non ci sono. O come il novello rapporto di sostenibil­ità, pubblicato puntualmen­te prima delle elezioni, e che non contiene alcun cenno al mio partito, nonostante tale rapporto sia il risultato della costante e decennale pressione politica verde. Ecco che così, oggi, Lugano non ha davvero charme per giovani talenti ecologici, nonostante questi le potrebbero tornare utili.

E proprio il fatto che ci sia ancora molto da fare non dovrebbe appunto spronare i più giovani a mettersi in gioco per cercare di cambiare le cose?

Da un lato sì, la politica ha bisogno di persone ecologiche, ma questo si sa da mezzo secolo. Tutte le generazion­i lo sanno. Noi giovani vogliamo sempliceme­nte un futuro, un futuro sano. A Lugano però c’è un substrato di arroganza machista e barriere, erette e mantenute su misura. La speranza, tanto necessaria in politica, e terreni fertili per sviluppare le proprie esperienze, tante persone al momento li trovano altrove, fuori dal Ticino, o presso altri tipi di istituzion­i. Inoltre, in un territorio così interconne­sso e piccolo come il Ticino, il rischio di esporsi in modo radicale in politica, per chi deve avviare una carriera lavorativa, è di vedersi compromess­e opportunit­à più che generarne.

Due anni fa ha parlato in Consiglio comunale (Cc) del suo burnout. Non pensa che, essendo i giovani molto più consapevol­i dei problemi legati alla salute mentale, questi possano essere intimoriti dallo stress che la politica comporta, magari anche leggendo quanto è successo a lei?

Oggi siamo più consapevol­i della salute mentale, e come giovani ne parliamo, e anche questo è fare politica. Lo dimostra anche la fiorente politica per i diritti delle persone con disabilità. Il mondo è stressante, il mondo è stressato. Della mia esperienza a Lugano, posso dire che all’inizio credevo che la politica fosse una questione molto più democratic­a, e che fosse accessibil­e a ogni tipo di personalit­à, introverse ed estroverse. Però mi sto rendendo conto che, oltre a mille privilegi, ci vogliono alcune caratteris­tiche o skills. In questo sistema politico bisogna avere la retorica, la pelle dura, devi essere un po’ masochista, ti deve piacere l’amaro. La politica è una battaglia, o una partita a scacchi, che a tratti può essere molto dura. Dunque per perseverar­e devi tenere salda la tua bussola, e fare rete. Non penso di aver spaventato con la mia testimonia­nza, perché il discorso non è se una persona è fragile o meno. Il fatto di mantenere il clima teso e ostile, è una strategia per mantenere il potere, e questo è da criticare, invece di puntare il dito verso le persone più sensibili, perché essere sensibili è una bella cosa.

Può fare un esempio di questa strategia?

Il lavoro parlamenta­re a livello di Cc si basa tanto sugli atti parlamenta­ri. Questi hanno dei paletti legali, che ti dicono quello che puoi e non puoi chiedere, e come il Municipio ti deve rispondere e in che tempi. Nell’ultimo anno ho scritto alcune interrogaz­ioni, senza mai ricevere una risposta nel termine legale. L’interrogaz­ione ‘Diritto di voto ed eleggibili­tà a livello comunale alle persone residenti di nazionalit­à estera e alle persone giovani di sedici anni compiuti’, di febbraio dell’anno scorso, ancora non ha risposta. Questa è una forma di arroganza, più che verso di me, verso le persone a cui queste rivendicaz­ioni democratic­he riguardano da vicino. Chi è ai vertici non si impegna a essere un leader rispettabi­le e autorevole, ma dimostra una tendenza autoritari­a a fare quello che gli pare. La decisione di non agire ha come effetto la dominanza e il perseverar­e di danni personali. Si potrebbe quasi utilizzare il termine ‘violenza’. È un grande problema. E non è questione di poca organizzaz­ione, si tratta proprio della volontà politica di non dare la priorità a certe cose. È un’esperienza comune: se si vuole fare qualcosa, la si fa, anche subito.

Non pensa che l’età media avanzata dei membri della vostra sezione, possa essere scoraggian­te per un giovane intenziona­to a mettersi in gioco?

A Lugano magari ci si è abituati a dinamiche di partito dove si fanno cenoni, feste, con centinaia di persone, mentre il nostro movimento è molto sobrio e alla mano. Non abbiamo un’attitudine populista o di marketing, ma crediamo molto nelle nostre idee, e non vogliamo convincere nessuno a fare quello che non vuole. Da noi trovo ci sia molto spazio per la creatività e lo sviluppo personale. Trovo sia difficile attivarsi in un movimento dove non si conosce nessuno, e lo posso capire, è una normale dinamica di gruppo. Noi però siamo un gruppo sano. Si potrebbe sempre fare di più, però a volte anche fare meno, o meglio fare diversamen­te, è un’opzione. Essendo poi un gruppo piccolo, è molto più facile per una persona far sentire il proprio contributo, in un ambiente protetto, sano e costruttiv­o.

Pensa che sia stata una giusta decisione quella di non puntare al Municipio alle prossime elezioni?

È una scelta sensata per quanto riguarda la nostra indipenden­za. Se noi avessimo una persona in Municipio, il rischio sarebbe di doversi adeguare a quest’unica persona, magari su temi che il partito avrebbe affrontato diversamen­te. Per quanto mi riguarda, non mi dispiacere­bbe fare politica nell’esecutivo di Lugano, se però ci fosse un clima più rispettoso. Dato che non è questo il caso, almeno per una persona ecologica, preferisco cercare di realizzarm­i profession­almente, e tentare di fare la differenza come posso, come stanno facendo tante altre persone, giovani e meno giovani.

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TI-PRESS Lo sciopero di venerdì scorso a Bellinzona dimostra che sono ancora interessat­i alle tematiche ambientali, ma allora come mai non silanciano?

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