laRegione

(Breve) vita d’artista di Sylva Galli

Morì che aveva solo 23 anni. In un’epoca in cui alle donne non era consentito, provò a vivere di arte. A Rancate si confronta con le artiste del suo tempo

- di Beppe Donadio

Ce ne andiamo da Rancate con un pensiero: di artiste in Ticino, maartiste che con l’arte ci campavano, un tempo ve n’era una soltanto e non era sposata. Questo nella retrograda convinzion­e che, una volta maritate, esse dovessero dedicarsi anima e corpo alla famiglia e ai propri mariti che, loro sì, potevano continuare a fare vita d’artista. Una legge del 1934 addirittur­a ricordava alle insegnanti che l’unirsi in matrimonio significav­a abbandonar­e la profession­e. Eccezion fatta per Regina Conti (1888-1960) e poche altre, le aspiranti artiste erano costrette a sostentars­i con l’insegnamen­to o, meglio per loro, godere della fortuna del venire da famiglie benestanti, o dell’avere sposato un buon partito, meglio ancora se buonissimo.

Si parla di anni 40, quelli nei quali si è aperta e chiusa la breve parabola artistica di Sylva Galli, morta 23enne dopo una breve vita consacrata all’arte. La Pinacoteca Züst di Rancate le dedica la mostra che si apre martedì 26 marzo e che si chiuderà l’8 settembre. Inserita nel filone delle rassegne dedicate alle donne artiste, si accompagna anch’essa a uno sguardo più ampio sulle artiste coetanee di Galli, anno più anno meno. Ecco perché quella curata da Mariangela Agliati Ruggia e Giulio Foletti, a fare gli onori di casa nell’incontro di presentazi­one, prende il titolo di ‘Sylva Galli (1919-1943) e le artiste del suo tempo’.

Fortuna post mortem

Se “la pittura faceva parte della buona educazione femminile”, ricorda Foletti, Sylva Galli cerca di smentire l’assunto contrappon­endo uno status di donna libera che un giorno attirerà su di sé le attenzioni del ‘femminismo progressis­ta’, che in Sylva vedrà colei che si afferma contro la malattia e contro tutto e tutti, artista pura per quel che le è dato di vivere e al di là del provenire anch’ella da un contesto agiato. “La famiglia Galli sposò in pieno il suo desiderio e il suo modo di fare arte”, spiega Agliati Ruggia. “La sua è una presenza/assenza nel panorama artistico ticinese, che commuove per la tenacia, la ferocia, la voglia di dipingere. Era presa dal sacro fuoco dell’arte”. Un ardere che la portò a realizzare 150 dipinti in pochi anni, forse nella consapevol­ezza che la sua vita non sarebbe stata troppo lunga. Tenace è stato anche il ricordo della famiglia, cui si deve gran parte della fortuna post mortem della giovane. “Certo, il cognome Galli è un cognome importante, ma importanti critici di arte si sono scomodati per lei”, specifica la curatrice, e la presenza di alcune sue opere a Palazzo Pitti a Firenze e alla Galleria d’Arte Moderna di Roma “non possono essere il frutto di pressioni”. Anzi, la strenua difesa dell’eredità artistica di Sylva Galli alla morte dei genitori, la ferma volontà che le opere restino in famiglia, tramandate di discendent­e in discendent­e, se da un lato hanno reso più facile reperire il corpus in mostra alla Züst, dall’altro (il divieto di vendita a terzi) ne hanno limitato la trasmissio­ne. È questa, consideraz­ione di entrambi i curatori.

Per Sylvia Galli, rispondend­o all’invito della famiglia a ricordare l’antenata, la Züst mette in atto quanto accaduto nel 2018 in ‘Arte e diletto. Valeria Pasta Morelli (1858-1909) e le pittrici del suo tempo’, con la pittrice originaria di Mendrisio inserita in un più ampio contesto femminile di arte ottocentes­ca ticinese e svizzera. Sei anni dopo, la sala 1 della Pinacoteca ospita le opere dell’esiguo numero di donne andate oltre il diletto, come Adelaide Pandiani (1836-1917, che “sacrificò serenament­e l’arte ai suoi dolci doveri), Giovanna Castagnola (1869-1942) e Rachele Giudici (1887-1909). Sin dai gessi della scuola di Lugano, le sale successive inquadrano biografica­mente Galli (la 2), ne ricostruis­cono il percorso (la 3), prima di ‘citare’ l’arte femminile del suo tempo (sala 5), passando per un tributo ai Chiesa ‘stirpe d’artisti’ (sala 4), stante l’appoggio dei due fratelli Francesco e Pietro alle rispettive consorti Corinna Galli, attiva nel mondo culturale, e Germaine Petitpierr­e, attiva in ambiti di ricamo (‘Germaine che ricama’, 1912, campeggia luminoso a fondo sala).

Torniamo alla sala 5, aperta dalla sopraccita­ta Conti, cui si deve l’evoluzione dell’arte al femminile; un suo autoritrat­to datato 1932 conduce alle visioni di Mariangela Rossi (1919-2014), la figura umana dal cranio bislungo di una ‘Figura di donna con spilla’, gli slanci cubisti nelle belle ceramiche esposte, che di quelle teste deformi riportano estratti. In mostra sono i ritratti di Irma Giudici Russo (1899-1994), tanto apprezzata da Carlo Carrà e della quale spicca l’acquerello ‘Vestito a scacchi’del 1935. E ancora: Anita Nespoli (1894-1974), Anita Spinelli (1908-2010), Anna Baumann-Kienast (1880-1961) e la sua bianca ‘Madonna con bambino’; le sorelle Adelaide (1925-1976) e Valeria Borsa (19232007), Rosetta Leins (1905-1966), Irma Bernasconi-Pannes (1902-1971) e Margherita Osswald-Toppi (1897-1971), al netto di altre artiste giunte in Ticino dopo la morte di Galli, dunque al di fuori del raggio d’indagine di questa mostra.

Svizzera e parigina

“Non tocca a noi dire cosa avrebbe potuto essere se non fosse morta così giovane, quello è un altro discorso. Possiamo solo dire che nel panorama delle altre donne artiste di quel periodo, Sylva Galli spicca per libertà e freschezza che non sono da tutti e tutte”. È la convinzion­e di Foletti, che definisce l’artista originaria di Bioggio “svizzera e parigina allo stesso tempo”. Perché è proprio a Parigi che Sylva guarda, “cosa poco appropriat­a” per una giovane che hai nei suoi riferiment­i, secondo la critica, Braque, Cézanne, Renoir, Matisse e Derain, e che poi sposterà lo sguardo verso Zurigo. Il percorso partito dalla Scuola profession­ale di disegno della Scuola d’Arti e Mestieri di Lugano, proseguito al Technicum cantonale di Friborgo, si era concluso (via Zurigo, appunto) in riva al Ceresio con lei già malata, ma in grado di frequentar­e la Scuola di figura e di nudo di Carlo Cotti. Sylva Galli si è sempre rifiutata di esporre, dichiarand­o di non sentirsi matura per affrontare il giudizio del pubblico. Lo ha fatto per lei la famiglia tre mesi dopo la sua scomparsa, portandone le opere nella sede del Lyceum club di Lugano: “Natura profonda dai tratti virili, maschia, donna dallo spirito completame­nte antiprovin­ciale”, sintetizzò un cronista nei giorni dello svelamento.

 ?? EREDI SYLVA GALLI ?? La mostra si apre martedì 26 marzo, per chiudersi l’8 settembre. Nella foto, di Sylva Galli, ‘Natura morta’, olio su tavola (31,5 x 45cm)
EREDI SYLVA GALLI La mostra si apre martedì 26 marzo, per chiudersi l’8 settembre. Nella foto, di Sylva Galli, ‘Natura morta’, olio su tavola (31,5 x 45cm)
 ?? EREDI GALLI ?? Sylva Galli, ‘Genitori alla finestra’, olio su tavola
EREDI GALLI Sylva Galli, ‘Genitori alla finestra’, olio su tavola

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland