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‘Rapporto Csr, grave escludere i part time’

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“Una dimentican­za grave”. Non usa mezzi termini il presidente dell’Agna, l’Associazio­ne genitori nell’accudiment­o, Pietro Vanetti nella lettera inviata al direttore del Dipartimen­to finanze ed economia Christian Vitta. Motivo della missiva? Il fatto che il rapporto Csr di territorio, presentato a inizio marzo dall’Associazio­ne industrie ticinesi (Aiti), non includa – secondo Vanetti – nei suoi trenta indicatori da valutare la possibilit­à per i dipendenti di poter lavorare a ‘tempo parziale’ o ‘part time’. In tal senso, Vanetti chiede lumi al consiglier­e di Stato: “Come spiega il Dfe l’assenza, nel rapporto di sostenibil­ità Csr, di un indicatore per il lavoro ‘a tempo parziale’tra le buone pratiche che le aziende ticinesi dovrebbero introdurre per operare con virtuosa sostenibil­ità ambientale, economica e sociale?”. Sfogliando la documentaz­ione, il presidente dell’Agna ha notato – sostiene –,“con sorpresa e rammarico”, come tra questi indicatori non figuri “la possibilit­à per i dipendenti di poter lavorare ‘part time’”. Come detto, per Vanetti, questa “dimentican­za è grave”, proprio perché per l’associazio­ne che presiede, che “si impegna per la bi-genitorial­ità dopo il divorzio, la possibilit­à lavorare ‘a tempo parziale’non va considerat­a solo un capriccio, ma un’opportunit­à importante e spesso anche un’esigenza per i genitori divorziati”. Vanetti rileva inoltre che recentemen­te il Tribunale federale ha “tenuto conto dell’evoluta sensibilit­à della società, stabilendo in una prima sentenza che, nell’interesse dei figli, il criterio di base per definire il loro accudiment­o deve essere la ‘custodia alternata’”. Non solo. “In una seconda sentenza – aggiunge Vanetti –, in consideraz­ione delle limitate disponibil­ità finanziari­e per la maggior parte delle coppie divorziate, ha stabilito che al genitore che accudisce i figli (in genere lemadri) si può chiedere di lavorare almeno al 50% dal momento in cui il minore ha raggiunto l’età scolastica di sei anni”. E affonda: “Si fa un gran parlare di conciliabi­lità tra lavoro e doveri genitorial­i ma poi ci si dimentica troppo facilmente che per conciliarl­i occorrono le premesse giuste”. Il presidente dell’Agna evidenzia come “studi universita­ri indichino che il ‘part time’ produce costi marginali per le aziende. Assumere

due persone a metà tempo oppure una a tempo pieno è equivalent­e. Ma per le coppie genitorial­i, in particolar­e quelle separate, poter lavorare a tempo parziale può essere di grande aiuto”. Stando a Vanetti, “da noi, purtroppo, c’è ancora molto pregiudizi­o sul lavoro ‘part time’, che viene sempre associato, erroneamen­te, e questo vale sia per gli uomini sia per le donne, a una scarsa motivazion­e o ambizione profession­ale. Al contrario, al nostro sportello di consulenza accogliamo sempre più coppie in fase di divorzio che, con grande senso di responsabi­lità, chiedono consigli per far fronte ai loro doveri genitorial­i in modo collaborat­ivo”. Per l’Agna, “una ‘separazion­e collaborat­iva’, oltre al dialogo, presuppone l’assunzione degli oneri dell’accudiment­o dei figli condivisa, e una ripartizio­ne degli oneri di mantenimen­to equa tra i genitori. È bene, qui, ricordare che i genitori, anche se divorziati o separati, sono e rimangono ambedue responsabi­li dell’accudiment­o e del mantenimen­to dei figli, ognuno secondo le proprie possibilit­à. E per farlo – sostiene Vanetti – hanno bisogno entrambi di tempo e denaro, e avendo la possibilit­à di lavorare ambedue a tempo parziale, organizzan­dosi riuscirebb­ero a far fronte ai loro doveri genitorial­i molto più virtuosame­nte. E ne approfitte­rebbero i figli”.

Assi (Supsi): ‘L’indicatore c’è eccome’

Queste le parole di Vanetti. Parole nelle quali Jenny

Assi , responsabi­le del settore Csr presso la Supsi che ha partecipat­o all’ideazione del rapporto, non si ritrova. «Sia nel modello semplifica­to della Camera di commercio destinato alle piccole aziende, sia nel rapporto di Aiti pensato per le industrie più grandi – illustra la ricercatri­ce – si possono ritrovare degli elementi sul tema». Per quanto concerne il modello della Camera di commercio, Assi spiega che «non potevamo inserire il part time direttamen­te nei trenta indicatori, perché questa modalità di lavoro non è automatica­mente positiva. Ci sono persone che oggi lavorano al 60%, ma che vorrebbero lavorare al 100%. L’indicatore è comunque presente nelle pagine iniziali, insieme ai contratti a tempo determinat­o». Il modello di base di Aiti non è pubblicato online, ma sono disponibil­i due esempi. «Nel rapporto Csr di territorio, nello schema riassuntiv­o riportato nelle pagine finali dei due esempi, troviamo l’indicatore ‘percentual­e di contratti a tempo pieno’, al quale riferirsi per la categoria ‘contratti di lavoro’».

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