Châlons, Voltaire e l’ombelico di Gesù
La ventisettesima tappa del nostro tour da Assisi a Bruges ci conduce nel cuore delle forti trasformazioni che il paesaggio rurale ha subito nei secoli: da centro nevralgico del Medioevo a area agricola quasi disabitata, la Champagne si riscatta con le sue città e la sua cultura. Troyes – Châlons-en-Champagne
La Champagne è mondialmente associata ai suoi vigneti, ma qui dopo Troyes e per tutto il percorso che ci porta dal dipartimento dell’Aube a quello della Marne più a nord, è un moltiplicarsi di grandi distese agricole: frumento, orzo, colza, mais, barbabietole da zucchero, foraggi, patate a perdita d’occhio. Per vedere i primi grappoli di uva bisognerà attendere la prossima tappa. Pazienza, qui si macinano chilometri senza incontrare un essere umano ed è la condizione ideale per meditare. Se vi piace pedalare in solitudine, questo è il posto che cercavate. Che il percorso sia sostanzialmente in pianura, interrotta da qualche avvallamento e da qualche modesta collinetta, lo si poteva dedurre dall’etimo stesso della regione (Champagne dal vecchio francese canpayne che significa “grande distesa piatta”). Pianura sterminata, a tratti di un verde abbagliante dopo le piogge primaverili, terra fertile grazie al sottosuolo cretoso. Con l’industrializzazione questi luoghi hanno subito un fortissimo spopolamento che si è protratto per un secolo a partire dal 1850. Nel primo dopoguerra si è cominciato a disboscare per recuperare aree da consegnare all’agro-industria. La meccanizzazione ha trasformato paesaggio e società. Di agricoltori ne rimangono ben pochi, molti possedimenti superano i cento ettari, i villaggi che incontriamo non sono disabitati, sono anche curati, ma comunque ci vive poca gente. Mentre pedaliamo ci immaginiamo la Champagne feudale, nata nell’epoca carolingia e che ha visto esplodere il numero dei villaggi rurali tra il XII e il XIII sec. Attorno al 1300 l’Europa era addirittura sovrappopolata! A Troyes si imbocca la rue Michelet che ti fa attraversare la Senna e subito una ciclabile ti porta in periferia dalle parti dello stadio dell’Aube (che sembra listato a lutto, il Troyes è appena stato retrocesso in Serie B!). Si giunge a Creney, poi Luyères con le sue fattorie a graticcio. Un memoriale con impressi i nomi di quattro resistenti fucilati dai nazisti il 26 agosto del 1944 ci ricorda quanto il Grand Est sia stato nel corso della storia un campo di battaglia, dal tempo dei romani alla Guerra dei Cent’anni, allo scontro di Sedan durante la guerra franco-prussiana, fino all’offensiva tedesca delle Ardenne. La sterrata, circa 5 chilometri dopo il villaggio di Corbeil, è un tuffo in mezzo ai campi di cereali. Sembra di annegare nelle coltivazioni e di scomparire dalla terra. Si è soli, gli unici suoni percettibili sono il gracchiare dei corvi e il lamento del vento che soffia da nord. Il nostro obiettivo è quello di fare una sosta a Vitry-le-François dove inizia la via ciclabile che lungo la Marne conduce alla nostra meta: la Véloroute 52 che parte da qui è perfetta, costeggia il canale del fiume, tra viali disegnati da aceri ricci, ippocastani, robinie, querce, pini, da una parte e prairies fleuries proprio sulla riva del canale, dall’altra. Apprezziamo lo sforzo per la ciclopista (che in prospettiva dovrà condurre da Parigi a… Praga) e quello per la rinaturazione che si manifesta ormai un po’ ovunque attorno ai corsi d’acqua: una rivoluzione ideologica, la natura non più da dominare, ma da rispettare e comprendere. Si entra a Châlonsen-Champagne senza incappare in macchine, rombi di motori, gas di scarico. Si è immersi nella natura, tra parchi giochi, famiglie che passeggiano, ciclisti, jogger. Quoi de mieux?
Châlons-en-Champagne, bella, ma non è Venezia…
La cittadina, 45mila abitanti, ritrova il suo nome medievale nel 1995. Prima, dall’800, si chiamava Châlons-sur-Marne. Soppresso dalla Rivoluzione Francese in quanto retaggio del feudalesimo, il vecchio nome è dunque riapparso ma Châlons-en-Champagne è rimasta comunque la préfecture del dipartimento della Marne. Fatto alquanto singolare se si considera che pure Reims fa parte dello stesso dipartimento. Ma agli occhi dei rivoluzionari del 1789 quest’ultima doveva pagare pegno per essere stata la città in cui venivano incoronati i re di Francia. Una
cancel culture ante litteram! Châlons è piacevole, ha indubbiamente un certo charme, ma non è incontournable, anche se i luoghi degni di interesse non mancano: l’incantevole Grand Jard, il parco attraversato da un canale laterale della Marne, gli altri tre parchi con aree di svago e di sport, il Mau e il Nau, nomi che potrebbero ricordare personaggi di cartoni animati, due piccoli corsi d’acqua che penetrano fino in centro, le sue maison à pans de bois meno numerose e raffinate delle consorelle a graticcio di Troyes, ma pur sempre esteticamente pregevoli. E poi naturalmente i suoi edifici religiosi medievali scampati alle distruzioni della Rivoluzione Francese. Delle due chiese più grandi, la più interessante non è la cattedrale (Saint Étienne) bensì la collegiata Notre-Dame-en-Vaux, promossa a patrimonio mondiale dell’Unesco. Non gode purtroppo di un buono stato di salute, anzi. Facciate corrose dallo smog, statue pericolanti, infissi logori, pietre sfaldate; restauri importanti sarebbero urgenti. Il problema ovviamente riguarda i costi e i finanziamenti. Intorno all’edificio notiamo con piacere e un po’ di emozione numerose pietre d’inciampo che portano il nome di uno dei più illustri figli di questa città, Cabu, fumettista di Charlie Hebdo, trucidato nell’attentato del gennaio 2015. Il fanatismo religioso percorre tutta la storia, Cabu agli occhi degli islamisti era certamente un eretico. La collegiata risale a quel XII sec. di grande effervescenza architettonica in cui vennero avviate le costruzioni di 15 chiese, due abbazie, quattro conventi e sette ospedali. Notre-Dame-en-Vaux attirava numerosi pellegrini per una ragione di cui si può trovar traccia nel “Trattato sulla tolleranza” di Voltaire. Il grande illuminista che non amava troppo il clero, aveva tessuto gli elogi di Gaston de Noailles, vescovo di Châlons. A cavallo del Settecento il prelato aveva fatto esaminare la reliquia all’origine dei pellegrinaggi nella sua città e considerandola fasulla l’aveva fatta distruggere. Atto che Voltaire aveva considerato onesto e pure coraggioso, in quanto totalmente impopolare. Di che reliquia si trattava? Del saint ombilic du Christ, cioè del cordone ombelicale di Gesù che secondo la tradizione sarebbe stato consegnato dall’imperatore di Bisanzio a Carlo Magno, il quale l’avrebbe poi dato a un pontefice e questi a sua volta al vescovo di Châlons. Una narrazione molto emblematica delle credenze medievali. Notre-Dame-en-Vaux colpisce per la sua complessità e armonia. Una chiesa ariosa, la cui costruzione risale al XIII sec., con diverse vetrate originali del ’500 tra cui quella famosa che ritrae la leggendaria battaglia di Clavijo (844) che secondo la tradizione cristiana vide la partecipazione di San Giacomo apostolo (Santiago) sul suo cavallo bianco! Aiutò i soldati delle Asturie a sconfiggere i Saraceni e per questo il santo all’origine del più celebre dei pellegrinaggi fu battezzato matamoros , cioè colui che ammazza i mori, i musulmani. Dopo esser stati a Troyes e prima di giungere a Reims, siamo comunque coscienti che a Châlons non vi sia un’analoga esuberante offerta storica e culturale. Forse meglio così. Dobbiamo lasciare un po’ di spazio mentale alla spensieratezza e ne approfittiamo per gironzolare in una città che pare ben gestita, sempre più pedonale e sempre più verde. Molto riposante e a tratti seducente con i suoi canali. La chiamano la petite
Venise , anche se a dire il vero Venezia è parecchio lontana...