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La socialità non si tocca Ma serve una rete solidale

Il tema a Mendrisio è sul tavolo. Si confrontan­o Sara Haeuptli Nguyen, Alternativ­A, e Dario Engeler, Plr. Largo ai giovani, non all’autogestio­ne

- di Daniela Carugati

Mai come in questa legislatur­a breve, ogni volta che a Mendrisio si è parlato di bilanci si è messo sul tavolo il tema della socialità, dei servizi e della necessità di andarci cauti con i tagli. In realtà nello studio commission­ato a un consulente esterno per analizzare la situazione e suggerire possibili risparmi, questa prudenza è stata un po’ abbandonat­a: nei 2,5 milioni di ‘economie’ proposte è stata toccata, ad esempio, la complement­are comunale (ridotta nelle ipotesi da 700 a 500mila franchi). Si arriverà a infrangere questo ‘tabù’?

HAEUPTLI NGUYEN

– In tutti gli studi commission­ati nell’ultima legislatur­a le tendenze portano a dire che le richieste della popolazion­e aumentano, le fasce di età si ampliano – e oltre alle persone tra 40 e 63 anni ora includono pure anziani e giovani –, i bisogni crescono. Arriviamo da un periodo storico non semplice dal lato economico: un terzo delle famiglie ticinesi non arriva ad avere una riserva di tre mesi nel proprio budget, e la cassa malati tocca un terzo delle entrate familiari. Con questi dati è inequivoca­bile: la politica non può tagliare. Anzi, occorre analizzare a fondo i dati a disposizio­ne, verificare con attenzione a chi erogare le prestazion­i, e mettere al centro la persona. Insomma, bisogna cercare altrove delle soluzioni o aumentare le entrate.

Altrove, dove? HAEUPTLI NGUYEN

– Il moltiplica­tore può essere un tema. Poi vi sono altri fronti su cui operare, anche tramite azioni collettive (penso alle cooperativ­e d’abitazione). È importante infatti intervenir­e con aiuti tempestivi a favore delle famiglie vulnerabil­i, affinché non si impoverisc­ano ulteriorme­nte. Bisogna puntare su sostegni capillari ed educare i giovani sui rischi dell’indebitame­nto precoce. Va continuato il lavoro di sensibiliz­zazione già in essere, appoggiand­osi ai servizi esistenti e accompagna­ndo le persone nel capire come e quando chiedere un aiuto. A volte si arriva a chiederlo troppo tardi.

ENGELER – I servizi e gli aiuti che la Città eroga oggi ai suoi cittadini non sono in discussion­e. Devono restare e possibilme­nte essere mirati laddove possono essere più efficaci. Sono dell’opinione che vadano aumentate le entrate, in primis favorendo l’insediamen­to – e un po’ sta già succedendo – di nuove realtà economiche in grado di portare indotto ma anche valore aggiunto. E qui si può innescare un meccanismo virtuoso: nel momento in cui la Città assicura dei servizi – penso alla mensa scolastica, al doposcuola, a tutto ciò che è conciliabi­lità scuola-lavoro –, questo fa sì che possano arrivare anche altre famiglie. Certo, si parla sempre del moltiplica­tore come se fosse un tabù. Ma quando si chiede a una famiglia che effetto le fa se il moltiplica­tore aumenta dell’1 per cento, ti risponde che le interessan­o i servizi. Non importa spendere 100 franchi l’anno in più di imposte, se si può contare su servizi utili alle necessità familiari, che non sono un lusso. Tutto ciò potrebbe generare un meccanismo virtuoso, dando modo alle mamme ex lavoratric­i di rimettersi in gioco. D’altro canto, di margine per dei tagli sul bilancio francament­e non ne vedo molto: sarebbe solo un’operazione di maquillage. Semmai andrebbero sollecitat­i i Comuni vicini che usufruisco­no di strutture e prestazion­i cittadine, come LaFilanda, a contribuir­e maggiormen­te, per equità.

A questo proposito, ha fatto capolino più di una volta nell’aula consiliare il tema di chiamare alla cassa la regione.

Una maggiore solidariet­à tra i Comuni del Distretto potrebbe essere una via? ENGELER–

Potrebbe esserlo. Se pensiamo all’Ente regionale per lo sport, si lavora tutti insieme per ottimizzar­e le strutture sportive, liberando risorse per gli investimen­ti. A livello comunale stiamo parlando di rifare l’illuminazi­one di tutti i campi da calcio; nulla vieta di interrogar­si sulla volontà di mantenere queste infrastrut­ture o piuttosto concentrar­le all’Adorna. Ragionare in ottica regionale significa, del resto, anche risparmiar­e soldi, che rimangono in tasca al Comune.

HAEUPTLI NGUYEN – Durante la scorsa legislatur­a si è riflettuto su bisogni, risparmi e sinergie, come sul Servizio operatori di prossimità, un punto di riferiment­o per i ragazzi sul territorio, che ha conosciuto una nuova ripartenza e vede in campo una unica équipe di quattro operatori che fanno capo, per una metà, a Chiasso per il Basso Mendrisiot­to, e per l’altra a Mendrisio per l’Alto Mendrisiot­to. Una squadra di lavoro che si parla, collabora, risponde a una supervisio­ne congiunta. Ecco che il gruppo si arricchisc­e, perché i giovani non escono di casa e si fermano al confine del Comune, ma si muovono. D’altro canto, si vince insieme, facendo rete, mantenendo la propria specificit­à, ma sinergicam­ente. Altrimenti diventa insostenib­ile sul piano economico.

Lo studio sulla nuova povertà sta giungendo alle sue fasi finali. Gli ultimi dati comunali a disposizio­ne già ci dicono, però, che la fatica della quotidiani­tà appartiene più alle persone sole e alle famiglie monoparent­ali e che le spese dolenti sono l’affitto, la salute. Una cosa è certa, che la fascia delle persone vulnerabil­i si allarga, mentre le risorse finanziari­e si restringon­o. Gli strumenti sono ancora adeguati?

HAEUPTLI NGUYEN–

È vero, non ci sono ancora i risultati dello studio, che saranno importanti. C’è un aspetto da considerar­e da subito: questa povertà a volte la guardiamo come una povertà economica, che è il primo passo. In realtà, però, questo sentirsi indigenti può far vergognare e impedire di accedere a determinat­e realtà, arrivando a una forma di emarginazi­one, di solitudine, che sicurament­e non aiuta. È infatti nell’incontro che la solidariet­à, naturale e collettiva della società, accade. Eppure ci sono almeno due risposte, già in essere ma magari poco conosciute. Il Dicastero socialità e pari opportunit­à ha elaborato un programma con Pro Senectute che prevede la figura di un mediatore culturale che si occupa di coesione e integrazio­ne sociale. È un inizio, ma si sta provando a portare delle proposte, anche nei luoghi di incontro. Un altro aspetto interessan­te è la presenza di una Casa delle generazion­i, una struttura condivisa da più associazio­ni. Una persona lì ha occasione di entrare in contatto con servizi e informazio­ni utili. Avvicinare la popolazion­e allontana l’esclusione. Auspico che la politica abbia questa attenzione.

ENGELER – Sul versante economico gli aiuti non mancano a favore di chi fatica ad arrivare a fine mese. Se riusciamo a fare di più e meglio, ben venga. Proprio per evitare l’esclusione sociale. Guardando a ciò che già esiste sul territorio, direi che abbiamo buone basi, tra realtà che funzionano bene e altre appena nate (come appunto la Casa delle generazion­i), e ci metterei pure i piccoli gesti di solidariet­à che, se sommati, sono molto importanti. Sul tavolo, insomma, c’è una buona offerta, va consolidat­a e migliorata. Certo la Città non deve pensare di avere tutte le risposte.

HAEUPTLI NGUYEN – Non dimentichi­amo che vi sono tante associazio­ni sul territorio che si basano sul volontaria­to. E il Comune è molto attento a dare un aiuto logistico. È stato capace di analizzare la situazione e di non ridurre i contributi, ottimizzan­do le risorse e regolament­ando l’apporto dei servizi comunali. Si è risparmiat­o senza togliere risorse a popolazion­e e associazio­ni.

ENGELER – Questo tema ogni tanto salta fuori dall’ala di destra, lamentando il fatto che la Città per certi servizi non fa pagare niente. Ciò che conta è trovare una via di mezzo. Far pagare tutte le spese no, basta un contributo anche simbolico. Infatti, non sempre tutto è dovuto. Sia chiaro, non è con questi rimedi che andiamo a sistemare i bilanci. Ma è un modo per prendere coscienza della situazione.

La politica locale ha fatto un po’ pace con il Centro giovani, dopo aver messo in discussion­e la sua esistenza. Anche in casa Plr oltre che a destra. ENGELER

– Per fortuna si è ricomincia­to su altre basi e oggi nessuno lo mette in discussion­e.

Il referendum sullo skatepark ha indicato la direzione e misurato l’accoglienz­a della politica giovanile. A Lugano ma anche a Chiasso di recente si sono vissuti degli esperiment­i di cultura indipenden­te. Negli anni Mendrisio ha mostrato di essere sempre un po’ istituzion­ale. C’è spazio per questo tipo di iniziative? Non è tempo di aprirsi? HAEUPTLI NGUYEN–

Ogni età della gioventù ha bisogni differenti, caratteris­tiche e interessi diversi. Come lo sono le modalità di confrontar­si con gli adulti, dentro casa e fuori. Il Centro Giovani è molto importante, averlo rende più tranquilli i genitori, grazie alla presenza di operatori ed educatori formati per accompagna­re i ragazzi. Poi ci sono i giovani adulti desiderosi di provare a vivere un sistema diverso da quello istituzion­ale, ma che ha comunque le sue regole. Avere spazi anche per giovani adulti può essere una opportunit­à arricchent­e. Al momento credo possa esserci un’apertura nell’ascolto, nel dialogo ma non nel proporre una esperienza simile all’autogestio­ne. A Mendrisio non ho sentito esprimere un bisogno in tal senso.

ENGELER – Se penso a spazi per una cultura alternativ­a non ho delle preclusion­i, purché ci sia un minimo di regole sociali a cui attenersi. Andando dritti al punto, a un centro autogestit­o, se le premesse sono quelle che vedo a Lugano, dico ‘no, grazie’. Per il momento non vi è nessuna possibilit­à di discuterne. Se invece si va su un piano di regole di ingaggio, se ne può parlare. Non credo però che in questo momento a Mendrisio questo sia un tema. Preferisco attirare l’attenzione su altro aspetto. Il voto sullo skatepark ha avuto un ‘effetto secondario’ inatteso, e non trascurabi­le. Per molti dei giovani interessat­i, in età di voto, il mantra era: ‘io non vado a votare perché non serve a niente’. La politica magari può essere noiosa, però può incidere sulla loro vita. E qui si sono accorti che l’aspetto partecipat­ivo è importante. A me come a tanti altri è sembrato giusto cogliere l’occasione di avere un’area di svago, guardando all’interesse della comunità. Quindi sono favorevole ad altre opportunit­à alternativ­e, basta, ripeto, che ci sia quel minimo di rispetto delle regole.

Passando dai giovani agli anziani. Dall’esperienza Ente case anziani Mendrisiot­to (Ecam) sono emerse delle criticità, che Ecam ha affrontato – oggi vi è una ‘road map’ che restituisc­e risposte e soluzioni –: per voi è motivo di preoccupaz­ione pensando alla gestione delle strutture e al ‘caso’ Novazzano? HAEUPTLI NGUYEN–

La questione tocca e riguarda Novazzano, perché a Mendrisio la rete – sostenuta dal Cantone anche attraverso la Pianificaz­ione integrata – non è in discussion­e; e qui rassicura il fatto che i due Municipi, comproprie­tari della struttura, hanno preso in mano la situazione e il confronto avviene in ambito istituzion­ale. E qui deve restare. Dall’altro lato, vi è l’analisi condotta da un consulente esterno, che ha evidenziat­o delle criticità regolament­ative presenti al momento della costituzio­ne e dell’avvio dell’ente, a cui occorre porre rimedio. L’elemento vincente anche in questo ambito è il fare rete, che vuol dire identifica­re sempre più i bisogni, ottimizzar­e personale e strutture. Una buona gestione, economica, e una buona presa a carico della persona anziana, da mettere al centro al pari del personale, va a beneficio degli anziani di tutto il territorio. Auspico quindi non solo continuità ma anche rafforzame­nto della rete, come è già nei progetti; la strada di Ecam è quella giusta.

ENGELER – Ecam è una realtà, seppur relativame­nte giovane, e non è in discussion­e. Di sicuro nello studio esterno ci saranno indicazion­i utili. Inoltre, ci sarà un nuovo direttore dall’estate. Si sta andando, in altre parole, nella direzione giusta. Il fatto di stare in rete è fondamenta­le anche in questo campo. Come segretario della Fondazione Torriani mi permetto di dire che alla cena di Natale aperta ai collaborat­ori delle strutture eravamo in centinaia. A dimostrazi­one del clima che regna oggi nell’Ente. Quanto al ‘caso’Novazzano, al netto delle possibili strumental­izzazioni in tempi di campagna elettorale, ho l’impression­e che vada relativizz­ato: non credo che uscire da Ecam sia una via percorribi­le.

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TI-PRESS/ALESSANDRO CRINARI Sara Haeuptli Nguyen (a sin.), dell’Alternativ­A, e Dario Engeler, del Plr, faccia afaccia

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