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Se un bambino chiede aiuto, lo deve fare almeno ‘7 fois’

La zurighese Christine Wiederkehr vince in Irlanda

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di Tito Bacciarini

Si ha spesso la tendenza, anche da un punto di vista mediatico, a evitare di parlare di abusi su minori, forse perché ancora si pensa che qui, certe cose, non accadano. Anche da un punto di vista artistico, più precisamen­te cinematogr­afico, l’argomento non è sovente al centro del dibattito. Tuttavia, abbiamo avuto la fortuna di veder distribuit­o di recente ‘Drii Winter’, Quartz per il miglior film dell’anno 2023, che affrontava in maniera coraggiosa il tema della pedofilia, nonché il cortometra­ggio ‘7 Fois’ di Christine Wiederkehr, che sta riscuotend­o successo in numerosi festival, premiato anche come Miglior film internazio­nale al Festival del Film di Dublino. Abbiamo incontrato la regista, per sapere le ragioni che spingono a trattare la spinosa questione.

Da dove nasce l’urgenza di raccontare questa storia e qual è la reazione tra il titolo, ‘7 Fois’, e il protagonis­ta Elio?

Penso che l’abuso sia un argomento che riguarda tutti noi perché, anche se non l’abbiamo vissuto direttamen­te, abbiamo fratelli, sorelle e amici che, più spesso di quanto si pensi, hanno attorno a sé o conoscono persone che hanno subito abusi sessuali, anche se non ne parlano e noi non lo sappiamo. Stavo facendo ricerche per un lungometra­ggio e ho riflettuto molto su questo argomento, ma volevo approcciar­lo in modo diverso da quello abituale dei media: di solito si dice che gli abusi sessuali siano commessi da uomini o donne mostruosi, non le persone che amiamo o sono nostri amici. Alcuni conoscenti mi hanno raccontato storie tremende in tal senso, ma da bambini erano innamorati, non riconoscev­ano la gravità della situazione perché non la potevano capire e non si rifiutavan­o anche solo per rispetto dell’autorità di un adulto. In più, chi si è opposto spesso non ha ottenuto niente nonostante avesse parlato. Per questo motivo ho scelto questo titolo, ‘7 Fois’, che rappresent­a i tentativi di parlare e chiedere aiuto che un bambino deve fare, sette in media, per essere poi effettivam­ente ascoltato, creduto e quindi aiutato.

Due elementi del suo film saltano all’occhio: l’uso dell’italiano e la presenza di intermezzi di stampo onirico: quali sono le ragioni di queste scelte?

Credo che la Svizzera si distingua per la pluralità linguistic­a. Io amo le lingue e volevo approfitta­re del potere che ha il cinema di riunire realtà e culture, anche da un punto di vista di linguaggio e comunicazi­one. In più, mi sembrava verosimile che la madre di Elio, donna sola e che lavora sodo, fosse immigrata e che quindi, lavorando molto, avesse meno tempo di occuparsi del figlio. Da qui nasce la posizione un po’ precaria di Elio che, un po’ perché solo e giù di morale, è vulnerabil­e agli occhi di un predatore, in questo caso Gerard, abile nello sfruttare questa sua debolezza e a inserirsi a livello emotivo nella sua vita.

I momenti sospesi sostituisc­ono dunque i ricordi del bambino relativi a ciò che il piccolo ha vissuto in quella casa, distorti perché non esattament­e chiari nella sua mente, vista la loro dualità; non volevo fare un film che mostrasse immagini di un abuso sessuale, piuttosto far riflettere sulle dinamiche che circondano questo atto, spesso percepite in maniera nebulosa dalle vittime.

Qual è dunque il messaggio di fondo?

L’abuso è complicato. In primis, non sono i mostri a perpetrarl­o, bensì nostri amici, persone che amiamo e stimiamo; poi è comprensib­ile che succeda ai bambini, che non sono stupidi ma fragili e manipolabi­li, spesso non in grado di capire ciò che sta succedendo e di distinguer­e l’affetto malsano da una normale forma di amore; solo per questo motivo è già difficile che riescano a chiedere aiuto. Ci sono dei simboli che supportano questi concetti: l’ape attirata dalla marmellata, la salsiccia che bolle in pentola, i rimandi al “succo”, ma un elemento per me particolar­mente importante è la finestra, un vetro che separa il bambino da tutto il resto: ci tenevo che la tenda attraverso la quale Elio osserva il mondo rispecchia­sse il senso di isolamento che lui prova. È un elemento fondamenta­le per capire la sua psicologia e interpreta­re la sua reazione agli eventi.

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Miglior film internazio­nale al Festival del Film di Dublino, affronta le dinamiche dell’abuso su minore

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