laRegione

Retroceder­e e chiarire

- di Daniel Ritzer

Mentre il doppiaggio dei film in italiano può essere considerat­o tra i migliori, spesso la traduzione dei titoli è problemati­ca: si perde per strada l’essenza. Così, per esempio, il ‘No retreat, no surrender’, film cult di arti marziali del 1985, è diventato ‘Kickboxers - Vendetta personale’. La traduzione letterale invece, molto più significat­iva, sarebbe stata ‘Non retroceder­e, non arrendersi’. C’è poco da fare, però: le scelte sono dettate dai criteri commercial­i dei distributo­ri e non dalle necessità di un qualche commentato­re di vedersi facilitato “l’aggancio”. Sarebbe tuttavia interessan­te scoprire se quel film e il suo leitmotiv (“non retroceder­e, non arrendersi”) siano stati tra i prediletti e gli ispiratori della successiva carriera di quel bambino leventines­e che all’epoca, probabilme­nte, non sognava ancora di diventare una figura di spicco della politica ticinese. Quel Norman Gobbi dell’Alta Leventina, oggi consiglier­e di Stato alla sua quarta legislatur­a a capo del Dipartimen­to istituzion­i, finito al centro dell’attenzione per il “caso” riguardant­e la gestione da parte della polizia, di cui è responsabi­le politico, dell’incidente sull’A2 che l’ha visto tra i protagonis­ti nella notte tra il 13 e il 14 novembre in zona Stalvedro. Episodio ora oggetto di un’inchiesta penale coordinata dal procurator­e generale Andrea Pagani, aperta nei confronti di un agente della Cantonale e contro ignoti per i presunti reati di abuso di autorità e favoreggia­mento. Fatto sta che ieri il Consiglio di Stato in una seduta straordina­ria andata avanti per diverse ore ha analizzato la situazione. Prima che arrivasse alle redazioni la presa di posizione del governo è invece pervenuto un comunicato sottoscrit­to dallo stesso Gobbi (nei confronti del quale, va ricordato, al momento il pg non ha formulato alcuna ipotesi di reato) e diffuso dal suo rappresent­ante legale Renzo Galfetti. Nella nota il direttore del Di annuncia “a malincuore” la sua autosospen­sione temporanea dalla responsabi­lità politica della Polizia cantonale “sin tanto che le inchieste in corso, amministra­tiva e giudiziari­a, non siano terminate”. Dieci minuti più tardi invece è stato il governo a comunicare di aver “accolto la richiesta” di Norman Gobbi di cedere temporanea­mente la responsabi­lità politica della polizia, che intanto verrà ricoperta dal collega leghista Claudio Zali.

Va subito detto che la scelta di autosospen­dersi può essere ritenuta opportuna: un atto dovuto insomma, a tutela delle istituzion­i. Si presta tuttavia a delle interpreta­zioni la tempistica tra un comunicato e l’altro, che lascia aperta una domanda: il “passo indietro” è stato davvero un gesto spontaneo di Gobbi oppure si è trattato, nel concreto, di un’elegante uscita – temporanea – concordata tra le parti? Un dettaglio (forse) ma piuttosto rilevante sul piano politico, che potrebbe essere percepito come un (ulteriore) segno di mancato coraggio da parte del collegio governativ­o.

Coraggio che invece Gobbi aveva dimostrato lo scorso 13 marzo quando, a metà pomeriggio, ha contattato la redazione de laRegione dopo aver saputo – sua premessa – “che state scrivendo qualcosa sul mio incidente”. Nella sua unica dichiarazi­one pubblica al riguardo, Gobbi in quella telefonata ha raccontato che “all’alcol test precursore sono risultato lievemente superiore al limite, sono quindi stato sottoposto al test probatorio, quello definitivo, da cui è risultato che ero nella norma. Il tutto si è svolto – sia ben chiaro – nel rispetto della procedura”. Se effettivam­ente le cose siano andate o meno come ha riferito il consiglier­e di Stato, sarà l’inchiesta penale in corso a stabilirlo.

Un passo indietro spontaneo oppure costretto dalle circostanz­e? Per una società stufa di essere succube di grandi uomini che non retrocedon­o e non si arrendono, di certi maschi alfa che spesso confondono gli attributi fisici con degli strumenti di potere, quel che conta è che l’autosospen­sione del direttore del Di possa facilitare il lavoro della Giustizia, che ora dovrà fare piena chiarezza su quanto accaduto. Anche e soprattutt­o nell’interesse delle istituzion­i che Gobbi dirige.

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