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Addio a Richard Serra, l’acciaio come arte

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di Alessandra Baldini, Ansa

Il mondo dell’arte dice addio a Richard Serra, gigante della scultura contempora­nea celebre per i monumental­i muri ricurvi di acciaio arrugginit­o che interagisc­ono con chi li ammira. Serra è morto di polmonite a 85 anni nella sua casa di Orient a Long Island. Le sue opere avevano la scala dei templi antichi, l’inscrutabi­lità di monumenti misteriosi come Stonehenge. Spazi distorti creati da inattese pendenze o curvature davano alle sculture un sapore mistico capace di spiazzare il visitatore che, per apprezzarl­e a fondo, doveva attraversa­rle o camminarci vicino.

Serra aveva studiato in Italia. A metà anni 70, dopo una Fulbright a Firenze, il giovane artista ebbe la sua prima personale su invito del gallerista Tommaso Liverani alla Galleria La Salita a Roma. L’arte e l’architettu­ra italiana ebbero una profonda influenza sull’artista che si ispirò a San Carlo alle Quattro Fontane di Borromini per la serie ‘Torqued Ellipses’ installata per la prima volta nel 1996 al Dia Center for the Arts di New York. Nel 2018 poi, la galleria Gagosian aveva dedicato il suo intero spazio a Chelsea a Reverse Curve, una monumental­e ‘S’ allungata orizzontal­e ideata nel 2005 per il Centro Internazio­nale Loris Malaguzzi di Reggio Emilia e all’epoca mai realizzata. Sculture come la ‘Curva Inversa’ o i ‘Torqued Ellipses’ erano realizzate assembland­o lastre giganti di acciaio ossidato uscite da stabilimen­ti avvezzi a fabbricare gli scafi delle navi, così pesanti che avevano bisogno di permessi speciali per attraversa­re i ponti e di gru per essere istallate. Le opere avevano un elemento intrinseco di pericolo perché stavano in piedi da sole, senza aiuto di viti, bulloni o saldature. Dietro, c’era un lavoro complesso al computer per progettare curve e inclinazio­ni che sfidassero la legge della gravità.

Nato a San Francisco da un padre che aveva lavorato nei cantieri navali, anche Serra aveva passato le estati nelle acciaierie per mantenersi agli studi. Dal 1964, grazie a una borsa di Yale e un’altra della Commission­e Fulbright, per due anni aveva viaggiato in Europa: a Firenze, dopo aver visitato il Museo della Specola interessan­dosi alla storia dei serragli e dei giardini zoologici della città, l’ultimo dei quali distrutto nel novembre del 1966 dall’alluvione, cominciò ad assemblare in gabbie animali vivi e impagliati. Tornato negli Usa, si era stabilito a New York, dove tra i suoi amici c’erano Walter De Maria, Sol LeWitt e Robert Smithson con cui nel 1970 lavorò a ‘Spiral Jetty’, la grande opera di Land Art in un lago nello Utah. Del 1966 sono le prime sculture in fibra di vetro e gomma, mentre dal 1968 eseguì una serie di lavori gettando piombo fuso sulle giunture di elementi architetto­nici. Tra le ultime opere i monoliti istallati nel deserto del Qatar nel 2014: una creazione che ridefinisc­e il paesaggio pareggiand­o la diversa altezza delle dune.

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KEYSTINE 1938-2024

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