laRegione

Abusò sessualmen­te, il Papa ‘spreta’ il don

L’ex religioso, nel 2021, fu condannato dalle Assise criminali a 4 anni di carcere per aver stuprato una giovane quando era parroco nel Basso Ceresio

- di Cristina Ferrari e Andrea Manna

Don Claudio Mazzier non è più un prete. A dimetterlo dallo stato clericale è direttamen­te papa Francesco. Dell’ormai ex sacerdote si era parlato in Ticino in occasione del processo che lo aveva visto alla sbarra nel febbraio del 2021.

L’ex religioso era stato condannato dalla Corte delle Assise criminali di Lugano, presiedute dal giudice Amos Pagnamenta, al termine di un procedimen­to di rito abbreviato, a 4 anni di detenzione. Oltre ai reati di coazione sessuale e violenza carnale, il 50enne, difeso dall’avvocato Luigi Mattei, era stato riconosciu­to colpevole di contravven­zione alla Legge federale sugli stupefacen­ti, avendo consumato almeno un chilo di marijuana fra il 2017 e il 2020.

Ma il fatto più grave che gli era stato contestato e riconosciu­to, come anticipato, riguarda lo stupro, nel 2013, di una parrocchia­na 18enne durante un viaggio in Italia. Mazzier si era, infatti, offerto di accompagna­rla a Rimini per assistere a un concerto di musica pop. Qui l’allora prete, originario del Locarnese, ma in quell’occasione attivo in una Parrocchia del Basso Ceresio (dove era giunto fra il 2006 e il 2014), approfittò, abusando sessualmen­te, della fragile situazione della giovane, dopo che era già stata oggetto di sue morbose attenzioni, attraverso baci ed effusioni, negli anni precedenti (dunque quando la ragazza era ancora minorenne).

Il caso era emerso nel maggio 2020, dopo l’arresto dell’uomo, suscitando clamore – oltre che per la fattispeci­e – per essere stato il primo abuso sessuale commesso da un ecclesiast­ico comunicato direttamen­te dalla Curia di Lugano.

‘Agì per egoismo’

Una storia che oltre ai risvolti squallidi, per il comportame­nto dell’allora parroco (che «agì per egoismo», come sottolinea­to dal giudice Pagnamenta nel corso della lettura della sentenza), ha poi avuto un esito tragico con la morte a 22 anni della vittima sulla quale Mazzier avrebbe dovuto riservare, come desiderio della famiglia, un’attenzione diversa così da aiutarla a uscire da un momento particolar­mente difficile e di sofferenza psicologic­a.

Tanto che, come emerso nel dibattimen­to del processo di tre anni fa, la ragazza non avrebbe voluto compiere quella trasferta, forse allarmata – come scrivevamo nella cronaca di quei giorni – da quanto precedente­mente avvenuto in Ticino e dall’escalation di un rapporto che non era più come avrebbe dovuto essere. La situazione era, infatti, degenerata il secondo giorno di quel viaggio che avrebbe dovuto essere di semplice divertimen­to ed evasione: avendole fatto bere alcol sin dal pomeriggio, alla sera il 50enne aveva raggiunto la 18enne ormai completame­nte ubriaca in albergo, abusandone sessualmen­te. Una violenza proseguita poi sotto forma di forte pressione psicologic­a nei giorni successivi, una volta di ritorno a casa, quando il prelato aveva da un lato intimato alla giovane di non riferire a nessuno dell’accaduto per evitare che lui finisse nei guai e dall’altra facendole intendere subdolamen­te che, se avesse parlato di quella sera, non sarebbe mai stata creduta.

Fra confession­i e denunce

La giovane, poco più che maggiorenn­e, dopo un primo tentativo andato a vuoto nel 2015, aveva invece trovato la forza di raccontare quanto era successo in quei suoi giovanissi­mi anni. Confidenze che erano girate già fra i parrocchia­ni e che erano poi arrivate all’orecchio del vescovo Valerio Lazzeri nel marzo del 2020. Il vescovo, in un momento già particolar­e per tutta la Chiesa, non solo ticinese, per la questione abusi, a sua volta aveva interpella­to la Commission­e diocesana di esperti per la gestione di casi di abusi sessuali in ambito ecclesiast­ico, decidendo così di segnalare il caso alla Magistratu­ra. «Sarà da prevedere un periodo prolungato in una comunità religiosa per recuperare la dimensione spirituale» aveva ammesso il sacerdote in aula, nel 2021, dopo aver accusato la pena, e dopo essere stato sospeso dall’esercizio del ministero. Il pontefice, evidenteme­nte, seppur con evidenti tempi biblici (non una semplice espression­e, considerat­o che sono passati tre anni dal processo e undici dai fatti), gli ha indicato un’altra via più diretta e perentoria: ‘Fuori da qui!’.

Una decisione che potrebbe coinvolger­e un altro prete ticinese coinvolto anch’esso in un recente procedimen­to penale. Dell’ex parroco di Cadro, don Samuele Tamagni, infatti, si era parlato poco più di un anno fa, in quanto condannato a 33 mesi di carcere per aver sottratto oltre 850mila franchi per finanziare il giovane con cui aveva una relazione. Il giudice Mauro Ermani, nel marzo 2022, aveva del resto affermato che «si fatica a trovare le parole per spiegare come il sacerdote abbia potuto tradire tutti gli ideali che si era impegnato a rispettare e diffondere».

 ?? KEYSTONE ?? Dalla sbarra allacondan­na
KEYSTONE Dalla sbarra allacondan­na

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland