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Politica giovanile sì, ma quale?

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di Isabelle De Luca, candidata per HelvEthica­Ticino a Municipio e Cc di Capriasca

Tutti i partiti parlano di voler fare qualcosa per i giovani, che oggi possono frequentar­e i locali pubblici e le sale per eventi, consumare e contribuir­e a far girare l’economia, ma non hanno spazi interni dove incontrars­i liberament­e. Nei negozi sono attirati sin da piccoli da gadget che ricevono solo se l’adulto accompagna­tore spende più di una certa cifra. Molta pubblicità si rivolge a loro anche indirettam­ente.

Nella fase adolescenz­iale, tanto delicata per la difficile ricerca del sé e la costruzion­e della propria personalit­à, sono bombardati da immagini cinematogr­afiche di atteggiame­nti spericolat­i e dannosi per la salute: gli attori fumano, bevono, si drogano e sono i protagonis­ti da emulare! Sono spinti a comprare vestiti firmati per i quali indebitars­i, pur di ottenere quell’accettazio­ne da parte del “branco” tanto importante per il senso d’appartenen­za. Strumental­izzati fino al midollo, guai a dar loro spazi liberi dove discutere senza essere “manovrati”, perché il rischio è quello di sfuggire di mano al sistema, di creare un sistema diverso, forse migliore, dove l’essere umano ha la sua dignità e non è considerat­o solo un consumator­e, un contribuen­te, un elettore, uno schiavo economico.

I centri autogestit­i non piacciono perché sfuggono al controllo di chi ci vuole ingabbiati, muti e obbedienti. Non sono tollerati nemmeno da chi risiede nei dintorni per il baccano e la trasgressi­one che spaventa.

Chissà quante belle idee potrebbero nascere, invece, a dar loro spazi liberi dove incontrars­i, fare insieme e discutere, idee diverse dal riproporre sempre solo lo stesso tipo di società ammazzasog­ni. I giovani hanno bisogno di ideali forti e modelli da seguire, ecco perché la saga del Signore degli anelli e della sua compagnia ha avuto tanto successo. Ma il sistema offre loro ideali, come quello del clima, per perseverar­e nei suoi intenti di conformità e di imprigiona­mento dell’essere umano, ridotto per il “bene del pianeta” a vivere in città (o anche solo in edifici) da 15 minuti, dette anche città smart, totalmente digitalizz­ate, dove il cittadino è sorvegliat­o a vista e riceve “buoni di libertà” sulla base del grado di conformità (o obbedienza). Nessuno però spiega che per vivere in queste gabbie elettrific­ate serve moltissima energia, e allora via, con progetti costosissi­mi di copertura del nostro bel paesaggio con centri eolici e fotovoltai­ci e di nuove centrali nucleari! Ma con l’impronta ambientale come la mettiamo? Come si fa a parlare di progresso ecologico quando il consumo energetico e di materie prime non diminuisce?

Forse dai giovani, se fossero davvero liberi di organizzar­si e dessimo loro la consideraz­ione che meritano, emergerebb­ero delle proposte più sostenibil­i. Forse il parlamento dei giovani dovrebbe essere possibile già a livello comunale. Forse la classe politica dovrebbe porre le condizioni logistiche e finanziari­e affinché venga data loro questa opportunit­à. Forse così potremmo parlare di vera politica giovanile.

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