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Venerdì Santo in Collegiata con Brahms tra i Nazareni

- di Enrico Colombo

È tornato in Collegiata il Requiem di Brahms: nove anni fa era toccato a Diego Fasolis, quest’anno a Markus Poschner districars­i nell’acustica ridondante della grande navata, sotto la cupola del falso transetto. L’ho seguito da un posto privilegia­to: cinque metri davanti all’Orchestra, con vista a sinistra sulla Cappella del Sacro Cuore di Gesù che ha un arredo pittorico coevo del Requiem brahmsiano con al centro una tela di Melchior Paul von Deschwande­n, adepto di quella corrente artistica dei Nazareni, che rifiutò il classicism­o e pasticciò col romanticis­mo. Quanto basterebbe per corroborar­e il sospetto che l’imponente opera del giovane Brahms porti tracce di sdolcinatu­re nazarene. Sospetto che la bella, vivace lettura di Poschner ha decisament­e fugato.

Due solisti di classe, la soprano Anna Prohasca e il baritono Josef Wagner. La piccola grande Orchestra della Svizzera italiana con ventisette archi, un organico su misura per l’opera in programma. Il Coro della Radiotelev­isione svizzera con oltre quaranta coristi ben collocati all’ingresso dell’abside. Sono componenti contingent­i di una splendida esecuzione, impreziosi­ta dal contesto architetto­nico: l’ampio spazio costruito nel Cinquecent­o, le pitture e le sculture che l’hanno arricchito nei tre secoli successivi. L’Op. 45 di Brahms non è un Requiem e nemmeno un Oratorio. È composto di sette brevi Cantate con testi biblici in lingua tedesca, che chiedono una dizione chiara e così svelano la loro estraneità a una celebrazio­ne liturgica. Dura un po’ più di un’ora, come la Nona Sinfonia di Beethoven, e così viene sovente fatto precedere dalla Tragische Ouverture Op. 81, che Brahms compose nel 1880. È stata anche la scelta di Poschner e dell’Orchestra, graditissi­ma dal pubblico, lieto per una sera di rinunciare ai comodi sedili del Lac, sopportare asceticame­nte il legno dei banchi della Collegiata, ma alla fine del concerto uscire “sí contenti, come a nessun toccasse altro la mente”, scendere sulla magnifica Piazza, con o senza cielo stellato, ma mirando in alto il Castel Grande illuminato.

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OSI/G. CORTI Lo scorso 29 marzo a Bellinzona

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