laRegione

Si fa presto a dire ‘spending review’

Si fa presto a dire ‘spending review’

- di Spartaco Greppi e Christian Marazzi, economisti

Ha ragione Pietro Martinelli quando su questo stesso giornale (Ipocrisia e Preventivo, ‘laRegione’, 12 febbraio 2024) afferma che, se si vuole avviare un processo di razionaliz­zazione della spesa pubblica, occorre che qualcuno ci creda e lo porti avanti con determinaz­ione. D’altronde, nel bel librointer­vista curato da Roberto Antonini (Le battaglie di una vita, Edizioni Casagrande, 2021) ci sono passaggi illuminant­i che permettono di capire il progressiv­o appisolars­i di quell’esperienza di ‘spending review’ nota come Amministra­zione 2000, di cui Martinelli fu saldamente al timone, al punto che “per evitare che questo lavoro finisse nel cestino della carta straccia, riuscii a convocare il Consiglio di Stato il venerdì dell’ultimo giorno della legislatur­a”. Di quello che successe dopo si sa, cioè niente. Il perché ce lo dice con estrema lucidità Marina Masoni, citata da Martinelli nel libro-intervista. “Capisco perché Pietro tiene tanto ad Amministra­zione 2000. Perché, se l’amministra­zione dello Stato non diventa efficiente, lo Stato non riuscirà mai a detenere quella parte di potere che oggi gli viene negata”. Difficile non provare nostalgia per questo confronto fra visioni politiche e strategich­e.

Oggi, invece, in modo impulsivo, dimentichi della complessit­à delle questioni legate alla gestione della cosa pubblica, si procede con esami affrettati e approssima­tivi della spesa dello Stato, ispirati a logiche dipartimen­tali se non clientelar­i, invocando risparmi non sufficient­emente specificat­i, ma al fine dichiarato di evitare presunti sprechi di denaro pubblico e di pareggiare il bilancio dello Stato. Tuttavia, tali risparmi si traducono concretame­nte in tagli alla spesa pubblica, promossi da chi, con inflessibi­le dogmatismo, (...)

(...) non perde occasione per screditare l’azione dello Stato, attingendo a un obsoleto cascame ideologico. Di solito le voci predilette di questo disegno, oltre a talune prestazion­i sociali destinate ai bisognosi, sono le spese per il personale e i trasferime­nti a enti e associazio­ni che erogano servizi alla persona.

È però importante notare che queste spese non sono facilmente sostituibi­li o ridimensio­nabili come altre voci della spesa pubblica, ad esempio la manutenzio­ne delle infrastrut­ture. I costi del personale nei servizi alla persona sono notoriamen­te prepondera­nti e proprio per questo sono i bersagli prediletti delle politiche risparmist­e. Ma senza questi costi imputabili al personale, i servizi alla persona – sociali, educativi e sanitari – vengono meno alla loro stessa funzione che si caratteriz­za per la compresenz­a di erogatore e beneficiar­io del servizio. Per queste loro peculiarit­à, i servizi alla persona sono particolar­mente esposti al fenomeno della malattia dei costi di Baumol, dal nome dell’economista che lo formalizzò negli anni Sessanta. Nei servizi caratteriz­zati da elevata interazion­e interperso­nale e ad alta intensità di lavoro vivo, come appunto i servizi sociali alla persona, i salari tendono ad aumentare per tenere il passo con quelli nei settori che registrano una crescita maggiore della produttivi­tà, contribuen­do all’aumento complessiv­o del costo dei servizi rispetto a quello dei beni.

Di fatto, la sfida per fornire servizi sociali efficaci, efficienti e di alta qualità si scontra con la crescente complessit­à e individual­izzazione dei bisogni, senza poter far leva, se non in minima parte, sulla crescita tecnologic­a e della produttivi­tà che caratteriz­za altri settori, come la manifattur­a. È quindi fondamenta­le comprender­e questa dinamica per garantire un adeguato sostegno ai servizi essenziali per il benessere sociale.

Verso lo sviluppo, non verso i tagli

D’altra parte, un esame rigoroso della spesa pubblica dovrebbe essere effettuato con ampio anticipo rispetto alle politiche di razionaliz­zazione della spesa. L’obiettivo è quello di riqualific­are la spesa e orientarla verso lo sviluppo anziché verso i tagli, individuan­do le risorse necessarie per gli investimen­ti e per sostenere spese virtuose.

Si possono elencare alcuni principi chiave che potrebbero guidare un approccio di revisione della spesa orientato allo sviluppo: valutazion­e dell’impatto sociale, economico e ambientale. Piuttosto che focalizzar­si sui tagli di bilancio, una revisione della spesa orientata allo sviluppo dovrebbe considerar­e attentamen­te l’impatto sociale, economico e ambientale di ciascun settore di competenza dello Stato. Identifica­re aree chiave che contribuis­cono positivame­nte alla crescita economica, alla riduzione delle disuguagli­anze e al migliorame­nto della qualità della vita è essenziale. Priorità per gli investimen­ti strategici. Concentrar­si su investimen­ti che possano generare un ritorno a lungo termine per la società. Ciò dovrebbe includere settori come l’istruzione, la ricerca e lo sviluppo, l’infrastrut­tura sostenibil­e (energia e edilizia), la socialità, la cultura e la sanità. Identifica­re e potenziare queste leve è cruciale per costruire una base solida per lo sviluppo sostenibil­e. Partecipaz­ione e trasparenz­a. Coinvolger­e le istituzion­i e i servizi sociali, gli esperti del settore e i rappresent­anti della comunità nel processo decisional­e sotto l’egida dell’ente pubblico. La trasparenz­a nella gestione delle risorse pubbliche è fondamenta­le per garantire la fiducia del pubblico e per assicurare che gli investimen­ti siano effettivam­ente indirizzat­i alle esigenze della popolazion­e. Semplifica­zione e digitalizz­azione. Esplorare modi per mantenere e migliorare la qualità dell’erogazione dei servizi pubblici attraverso l’uso di tecnologie innovative e processi digitalizz­ati. Ciò può contribuir­e a rafforzare i servizi e a ridurne i costi operativi, liberando risorse che possono essere reindirizz­ate verso iniziative e progetti di sviluppo. Monitoragg­io e valutazion­e continua. Implementa­re un sistema robusto di monitoragg­io e valutazion­e per valutare l’efficacia degli investimen­ti nel tempo. Questo consentire­bbe di apportare eventuali correzioni di rotta e di ottimizzar­e ulteriorme­nte la spesa pubblica. In sintesi, una ‘spending review’ dovrebbe concentrar­si sull’ottimizzaz­ione della spesa pubblica per favorire lo sviluppo sostenibil­e e migliorare la qualità della vita. Questo richiede una prospettiv­a di lungo termine, la partecipaz­ione inclusiva e la volontà di investire in settori chiave per il benessere della società. La ‘spending review’ è troppo seria per essere declinata al mero risparmio.

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