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Le ‘parole dell’umanità’ diventano mosaici

Un progetto ha fatto incontrare per le strade della cittadina di frontiera un artista, gli utenti di realtà del territorio e il festival ‘ChiassoLet­teraria’

- di Daniela Carugati

“Siate coraggiosi”. Le tessere colorate danno forma a un pensiero che oggi quanto mai vale più di un semplice incoraggia­mento. Presto resteranno scolpite per sempre in una via di Chiasso su una targa-mosaico, memento per quanti attraverse­ranno questa realtà di frontiera. Nell’atelier del Centro diurno Osc (Organizzaz­ione sociopsich­iatrica cantonale) di Chiasso da mesi si sta lavorando con passione a un progetto che ha l’ambizione dichiarata di fissare nella pietra ‘Le parole dell’umanità’; per sentirci tutti un po’ più parte di questa nostra comunità. Non a caso l’iniziativa è scaturita da una intuizione dell’artista siciliano Benedetto Norcia – che nella cittadina ci ha vissuto per un ventina di anni – e si è concretizz­ata grazie all’arte dell’incontro, che ha fatto incrociare le vite degli utenti del Club Athena con il festival ‘ChiassoLet­teraria’, lo stesso Comune e altre realtà sociali locali. Una esperienza che presto ci consegnerà una ventina di opere e altrettant­i pensieri che coglierann­o di sorpresa il passante lungo un percorso che verrà inaugurato in veste ufficiale giovedì 2 maggio (alle 18).

Parole per restare umani

‘Condivisio­ne’: una volta di più questa parola chiave apre molte porte. Per il Centro diurno Osc di via Bossi è scritta nel ‘Dna’. «I principi stessi che sorreggono la nostra attività ci spingono a non ripiegarci su noi stessi, ma a uscire dalle mura della struttura per farci conoscere, alimentare il senso di comunità e parlare del tema della salute mentale – ci conferma Ursula Rampoldi, responsabi­le delle attività del Centro diurno per il Servizio di socioterap­ia Osc –. Il Centro è come una famiglia, protettivo, ma sprona anche a essere presenti sul territorio. Quindi quando abbiamo ricevuto la proposta di Benedetto Norcia siamo stati ben propensi ad accettarla». A quel punto è iniziato un ‘viaggio’ che si è rivelato sorprenden­te per chi vi ha preso parte. E a dargli forza sono state appunto le parole e le frasi non prese in prestito da poeti famosi, ma testimonia­nza degli stessi partecipan­ti. Pensieri semplici e liberi che, come ci spiega Patrick Adro, presidente del Club Athena, «per noi significan­o tanto, e che ci accomunano come essere umani». Una rivendicaz­ione di appartenen­za tutt’altro che banale. «Chiunque nella vita può incontrare delle difficoltà, ma ciò a volte può portare a diventare degli invisibili – ci rende attenti la responsabi­le –. I nostri utenti qui al Centro trovano un loro ruolo, riconosciu­to, ma fuori, nella società, vengono ignorati pur avendo lo stesso diritto di cittadinan­za».

La frontiera, luogo di incontro

E allora viene da pensare che un tale progetto non poteva che nascere e sviluppars­i a Chiasso, ovvero in una città di confine che, non casualment­e, ha ispirato anche il festival letterario, giunto quest’anno alla sua diciottesi­ma edizione, dedicata infatti ai ‘Pensieri selvaggi’, dunque non conformist­i (come riferiscon­o oggi le nostre pagine culturali). «Chiasso in effetti – richiama ancora Ursula Rampoldi – è attraversa­ta da commerci, turismo ma pure da migranti, a loro volta degli invisibili. E la frontiera è un punto di incontro tra popoli. Fare comunità, insomma, non è una esigenza solo nostra». La voglia di conoscere l’altro ha quindi spinto oltre il progetto: le targhe-mosaico parleranno le lingue del mondo. «Parole e frasi – ci mostra Patrick Adro – sono state tradotte in diverse lingue, espression­i di culture e nazionalit­à diverse, presenti anche a Chiasso. Di conseguenz­a abbiamo utilizzato vari alfabeti, senza lasciare nulla al caso e cercando di essere il più possibile fedeli ed efficaci (in termini di sintesi). Questa operazione ci ha permesso di avvicinare e conoscere altri popoli: è stato interessan­te e arricchent­e. Lavorare ai mosaici poi ha avuto un effetto terapeutic­o, quasi meditativo».

‘Fermatevi a riflettere’

Gli utenti del Centro diurno hanno condiviso questo pezzo di cammino con persone – in totale una ventina – che fanno capo ad altri servizi, come il Progetto Macondo della Fondazione Il Gabbiano, il Servizio di prossimità di Ingrado e Soccorso operaio svizzero. E ciascuna ha portato la sua storia di vita, in una mescolanza di esperienze e di origini. Tant’è che dedicare ore del proprio tempo, come ci dice Ines , è stato davvero piacevole: «Le ore passavano e non ce ne accorgevam­o nemmeno». Al Centro diurno sono ben consapevol­i di aver avuto una «grande opportunit­à», quella di essere parte integrante di ‘ChiassoLet­teraria’; e al contempo sono grati del sostegno ricevuto, pure sul piano finanziari­o e logistico (con il Comune ha dato una mano anche la Fondazione Pierina e Alberto Valsangiac­omo). «A questo punto la nostra speranza – ci confida Ursula Rampoldi – è che il maggior numero possibile di persone incontri le targhe-mosaico lungo il suo cammino e si conceda un momento di riflession­e affinché il loro significat­o resti». E dia modo di intrecciar­e vecchi e nuovi legami.

‘Dentro di loro, la divinità’

Potere di quelle piccole tessere di marmo o vetro, i pensieri di quanti hanno lavorato ai mosaici «diventeran­no parole di pietra», fa notare Benedetto Norcia . L’artista siciliano non è nuovo, del resto, ad ‘avventure’ simili. In passato il suo atelier ha già fatto ‘tappa’ a Casvegno, nell’ambito dell’Osc, e ha accolto un ragazzo autistico. «Nel 1995 – ci racconta – ho collaborat­o con la linea ceramiche della Fondazione Diamante a Riva San Vitale. Sono sempre stato vicino a queste realtà, per studi e per approfondi­menti umani. Dentro di loro si nasconde quello che i greci chiamavano le divinità. Perché quando il Dio ti possiede non sei padrone di te stesso; pensiamo alle Baccanti, la tragedia di Euripide. D’altro canto, sino agli inizi del Novecento, quando venivano dimessi i pazienti di quelli che erano chiamati manicomi, si scriveva ‘Dio concedendo’. Queste persone si muovono sul piano delle emozioni. E io come artista parlo alle emozioni, dialogo con l’anima, non con la ragione». Affondano qui pure le radici del progetto chiassese, durante il quale l’artista ha accompagna­to la ventina di utenti coinvolti, trasmetten­do loro la tecnica indiretta del mosaico. «È un’idea che ho meditato in questi anni e che ho sottoposto al Comune di Chiasso. E l’incontro con Ursula Rampoldi, che mi ha aperto le braccia, e il Centro diurno mi ha dato l’opportunit­à di concretizz­arlo: sono diventato uno di loro. E siamo partiti». In effetti, questa esperienza lascerà il segno. «Con il mosaico i pensieri non si cancellano. C’è poi un altro aspetto interessan­te – sottolinea Norcia –: si inizia a costruire qualcosa da elementi quasi tutti uguali, le tessere, ma che diventano cose diverse, una parola, un concetto. C’è una identifica­zione con la frase scelta dall’autore e poi condivisa e discussa, in modo da trovare una sintesi e un significat­o. L’umanità che si manifesta con il linguaggio parlato e scritto è il potere di riportare in vita le parole». Con le targhe-mosaico ci sono riusciti. Le prime due saranno posate proprio in via Bossi per poi costellare le vie di Chiasso, sino allo Spazio Officina. Strada facendo, il 2 maggio alcune stimoleran­no i poeti e premi svizzeri di letteratur­a Fabiano Alborghett­i e Prisca Agustoni e il traduttore e attivista curdo Jamal Zandi.

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CENTRO DIURNO OSC Al lavoro nell’atelier di viaBossi

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