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Uccise le sue bimbe, chiesto carcere a vita

Nel 2021 una bellinzone­se ha accoltella­to a morte le figlie di 7 e 8 anni. Per la difesa non si è trattato di assassinio: ritenuti sufficient­i 13 anni

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Carcere a vita per assassinio plurimo. È quanto ha chiesto l’accusa nel processo apertosi martedì davanti al Tribunale distrettua­le di Bucheggber­g-Wasseramt nei confronti di una madre bellinzone­se 41enne che nel gennaio del 2021 ha ucciso due sue figlie di 7 e 8 anni a Gerlafinge­n, nel Canton Soletta, dove si era da poco trasferita insieme alle tre figlie (la maggiore, avuta da una precedente relazione è stata risparmiat­a) a seguito della separazion­e dal marito. La difesa ha invece suggerito una pena massima di 13 anni: considerat­o lo stato mentale alterato della donna, non si tratterebb­e di assassinio, che richiede tra l’altro una particolar­e mancanza di scrupoli, bensì di omicidio intenziona­le. La sentenza è attesa per domani. Il dramma, ricordiamo, aveva suscitato grande commozione al Sud delle Alpi essendo entrambi i genitori originari della nostra regione: lei, cresciuta nel Bellinzone­se, e lui della frazione airolese di Nante, dove amava recarsi con le bambine a trovare i familiari e in inverno a sciare. La coppia aveva vissuto per molti anni nel Canton Berna dove il marito si era formato come ingegnere trovandovi anche lavoro.

‘Arrecare massimo dolore al marito’

Il delitto è avvenuto il 16 gennaio 2021: quel sabato mattina l’imputata si è recata nelle stanze dove le due bambine dormivano, pugnalando­le al cuore, nel loro letto, una dopo l’altra, con un grande coltello da cucina. Coltello che ha poi messo in una borsa, prima di andare nella stanza della figlia maggiore per dirle che le sue due sorellastr­e non erano più vive. Poi ha chiamato la polizia. Se da un lato i fatti sembrano essere molto chiari, dall’altro il movente è più controvers­o. Stando alla Procura la donna ha agito per vendetta con l’obiettivo di arrecare il massimo dolore possibile al marito. Un movente, dunque, particolar­mente perverso che giustifich­erebbe l’accusa di assassinio. A chiedere il divorzio era infatti stato il marito che aveva apparentem­ente vissuto bene la separazion­e, al contrario della moglie che si sentiva trascurata ed era gelosa. Stando all’accusa non è stato un caso l’aver risparmiat­o la figlia più grande, che allora aveva 12 anni, concepita con un altro uomo: la sua morte non avrebbe colpito il marito nella stessa misura.

Disturbi della personalit­à

L’avvocato difensore si è invece concentrat­o sui disturbi della personalit­à (accertati da una perizia psichiatri­ca) dell’imputata che l’avrebbero indotta a compiere il delitto. Nessuna vendetta nei confronti del marito, insomma. Infatti, inizialmen­te la madre intendeva uccidersi, ma non voleva lasciare le bambine da sole. Inoltre, a causa dei suoi disturbi, nelle settimane precedenti al delitto aveva avvertito le autorità della presunta pericolosi­tà del marito. Di conseguenz­a è stata accusata anche di calunnia. Reato per il quale la difesa chiede l’assoluzion­e poiché l’imputata non ha mentito consapevol­mente alle autorità.

Da piccola emarginata a scuola, con madre severa e padre assente

La difesa ha poi ripercorso la vita dell’imputata: un’infanzia traumatica in Sud America – prima come bambina di strada e poi in orfanotrof­io – contraddis­tinta dalla povertà. All’età di 8 anni è poi stata adottata da una coppia svizzera: un evento avvenuto all’improvviso, al quale non era preparata. La donna ha quindi affermato che la sua giovinezza nel Bellinzone­se non è stata felice: emarginata a scuola, ha vissuto con una madre severa e un padre spesso assente. Dopo il dramma l’intera famiglia materna ha interrotto i contatti. L’imputata ha invece parlato spesso al telefono col padre con cui ha ancora un buon rapporto e che si è recato in carcere a farle visita; pure la figlia maggiore è andata a trovarla una volta.

Raccomanda­ta una terapia ambulatori­ale

Secondo la perizia psichiatri­ca la donna soffre di un disturbo borderline e di un disturbo istrionico di personalit­à. Il profilo è quello di un’egocentric­a che vuole attirare su se stessa l’attenzione. Nella perizia si raccomanda quindi un trattament­o ambulatori­ale durante la pena detentiva. Raccomanda­zione condivisa sia dall’accusa sia dalla difesa. L’avvocato della figlia maggiore dell’imputata ha chiesto un risarcimen­to di 100mila franchi, mentre quello del padre delle due vittime oltre un milione.

‘Assumersi le sue responsabi­lità’

Nella sua dichiarazi­one conclusiva, l’imputata si è scusata e ha detto quanto fosse dispiaciut­a per tutto. Ha poi aggiunto di essere in tribunale per assumersi le sue responsabi­lità.

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TI-PRESS Sentenza attesa perdomani

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