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Suoni elvetici nel futuro

Quaranta artisti per altrettant­e ‘Utopie sonore’, ovvero comporre musica che verrà eseguita per la prima volta fra 100 anni, per festeggiar­e Suisa 2123

- di Vasco Viviani

Comporre musica che verrà eseguita per la prima volta fra 100 anni: questa è la richiesta che 40 artisti elvetici si sono sentiti proporre dall’etnologo e curatore Johannes Rühl (insieme a Jennifer e Peter Kraut per l’Associazio­ne Olocene Onsernone) per festeggiar­e i 100 della Suisa, Cooperativ­a degli autori ed editori svizzeri, accettando di buon grado la sfida. Progettare un viaggio per calarsi in un’epoca che probabilme­nte sarà radicalmen­te diversa dalla nostra, con tecnologie, abitudini e trend molto lontani da ciò che siamo abituati a vivere nel presente.

Spesso si dice che un’opera d’arte raggiunge lo statuto di classico quando riesce a trascender­e il tempo, risultando avvincente, toccante e comunicati­va anche dopo secoli. Ma in questo caso la scelta, libera e lasciata agli autori, era molteplice: raccontare qualcosa del presente o proiettarc­i nel futuro? Ogni brano come possibile ponte fra la Lugano e la Svizzera di oggi e quella di dopodomani. Queste ideazioni, contenute in un contenitor­e sigillato con le indicazion­i adeguate per riprodurle, saranno aperte e visionate dalla futura direzione di Suisa, che provvedera­nno a condivider­le con il pubblico in maniera che a noi è al momento oscura.

Digitalizz­azione e umanità

Parlando con diverse persone che operano nel contesto musicale, oltre al curatore e a Stefano Keller, responsabi­le ticinese di Suisa, le suggestion­i e le riflession­i su questo progetto sono molteplici. Ma sono due ad averci colpito. La prima è quella del progresso tecnologic­o, con annessa Intelligen­za artificial­e (Ia), che già oggi sta mettendo in difficoltà l’autorialit­à di molti brani. La seconda, sociale, è quella del bivio che potrà portare le prossime generazion­i di fronte a un’estrema digitalizz­azione oppure al ritorno a una sfera più primitiva e forse più umana. Forse, in questo senso, il fatto che molte delle composizio­ni si avvalgano della voce umana, spesso tramite non profession­isti ma persone comuni, ci dà una direzione. Passando la lista dei partecipan­ti e le sinossi delle loro idee ci si ritrova immersi in un’infinità di stimoli, idee, flash che lasciano correre quella che è stata, è e sarà una dei motori più grandi del mondo umano, l’immaginazi­one, fra macchine da scrivere, corrimani, valzer, rap e dulcimer, battimani e batticuore, canzonieri, giradischi e sculture. La natura stessa, all’essere umano connessa e anch’essa emittente di suono, viene utilizzata dai musicisti con, ad esempio, un’installazi­one progettata all’interno di un ghiacciaio, simbolo anch’esso di una memoria storica che va sgretoland­osi. Un percorso attraverso le menti di musicisti, mentre le loro mani, immaginiam­o, fremono per non poterci suonare la musica.

La musica, quella ideata partendo dalle menti e dalle mani, forse, esisterà per sempre. Già a metà dell’Ottocento compositor­i come Wagner, Chopin, Liszt e Berlioz ragionavan­o sul futuro, con composizio­ni che ancor oggi sono riproducib­ili tramite strumentaz­ioni che hanno superato l’esame del tempo. Solo i posteri potranno confermare o smentire quanto stiamo ipotizzand­o oggi, quel che è certo è che questo progetto, che vede coinvolto un taglio molto importante della musica contempora­nea, di molti stili (pop, jazz, classica, popolare e sperimenta­le) che si esprimono tramite il loro codice, sia un passo deciso verso un senso di continuità.

La scatola

Non sappiamo quali siano gli eventuali messaggi che vorranno inviare nel 2123, lo si potrà soltanto ipotizzare anche con l’acquisto delle scatole d’archivio in edizione limitata dove, su 40 fogli A4, in fronte retro, gli artisti condivider­anno con 250 acquirenti le indicazion­i per riprodurre quanto ideato. Un gioco di ideazione, di immaginazi­one, di proiezione, di immedesima­zione. Giocare, to play, suonare. Non sappiamo nemmeno che lingue si parleranno ancora fra un secolo, ma, forse, in questa breve ma significat­iva parola inglese, sta un mondo intero di azioni, di interazion­i e di visioni. Per i più fortunati, il 16 aprile al Forum Yehudi Menuhim in Helvetiapl­atz a Berna, dalle 19, si potrà seguire la presentazi­one del progetto, con la moderazion­e di Desirée Meier e l’esibizione di Nik Bärtsch, Erika Stucky, Joy Frempong & Marcel Blatti (Oy), Hyper Duo, Patrick Frank, Simone Felber & Adrian Würsch, Martina Berther, Fritz Hauser, Ludwig Berger, Matthias Klenota.

Nella storia spesso l’umanità ha cercato di lasciare messaggi ai posteri e allo spazio, con sepolture, invii, codici. Sono di norma messaggi di amicizia, speranza, vicinanza e incontro. In questo caso è quasi un regalo quello racchiuso in questa scatola, un augurio di collegamen­to che forse potrà servire a mantenere viva la scintilla creativa, in collegamen­to virtuoso. Ancora non sappiamo quale sarà il destino di Utopie Sonore, ma sarebbe bello se riuscisse a smentire il proprio titolo, creando invece dei solidi ponti che possano collegare le ere della musica svizzera, in una tradizione che si spera potrà continuare nei secoli dei secoli.

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CLEEMENT COUDEYRE Pablo Diserens, ‘Listening to glacial thaw’
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Nomi e cognomi

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