Israele: ‘L’Iran pagherà al momento giusto’
Teheran ha attaccato. Tel Aviv: ‘Distrutto il 99% dei 300 droni e missili lanciati contro di noi’. Khamenei: ‘Gerusalemme sarà dei musulmani’
Tel Aviv – L’Iran alla fine ha attaccato nella notte tra sabato e domenica. E la Casa Bianca è riuscita per il momento a frenare la sete di vendetta di Benyamin Netanyahu. Israele promette però di dare la sua risposta all’attacco dell’Iran, che per la prima volta ha lanciato centinaia di droni e missili contro lo Stato ebraico, rischiando di far precipitare il Medio Oriente nell’abisso.
La reazione, ha spiegato il ministro Benny Gantz dopo ore di riunioni, consultazioni frenetiche e appelli globali alla de-escalation, arriverà ma “nel modo e nel momento più adatti. Costruiremo una coalizione regionale contro la minaccia dell’Iran ed esigeremo un prezzo”. E sarà il Gabinetto di guerra a deciderlo.
L’attacco
Israele si è risvegliato ieri mattina dopo una delle notti più difficili di sempre. Dopo giornate di allarmi e paura per un attacco considerato imminente da parte degli ayatollah come ritorsione al raid che il primo aprile ha ucciso un generale dei pasdaran a Damasco, sabato sera alle 22 è scattata la vendetta di Teheran con cinque ondate: tre con i droni kamikaze Shahed 136 e due con missili da crociera e balistici. Un’azione ‘telefonata’ da Teheran, che ha avvertito gli alleati della regione e non solo ben 72 ore prima dell’ora X, ma che ha comunque impiegato oltre 300 tra droni e missili. La maggior parte di questi sono stati abbattuti prima del confine israeliano sui cieli dell’Iraq e della Giordania. Le forze di difesa israeliane – con l’aiuto di caccia americani, britannici francesi e giordani – hanno annunciato di aver intercettato e distrutto il 99% dei vettori scagliati da Teheran. Alcuni sono però passati e il bilancio è di circa 30 feriti, tra cui una ragazzina di 7 anni che è in gravissime condizioni.
La rivendicazione
Teheran ha rivendicato che “l’attacco ha raggiunto tutti i suoi obiettivi”, con “duri colpi” inferti a una base aerea del Negev, colpita da missili balistici Kheibar.
E ha ammonito non solo gli Usa “a stare fuori dal conflitto” minacciandone le basi nella regione, ma anche tutti quei Paesi che hanno aiutato Israele a contenere l’attacco. Per questo sono stati convocati dal ministero degli Esteri a Teheran gli ambasciatori di Francia, Gran Bretagna e Germania. Poi ha risposto al segretario dell’Onu Antonio Guterres – che ha parlato di “Medio Oriente nel baratro e devastante escalation”– sostenendo di aver esercitato “il diritto all’autodifesa” e ha ammonito Israele a non compiere “altre follie” o la reazione sarà “molto più pesante”. Di tutt’altro tenore il resoconto dell’Idf, che ha riferito di “danni minimi”, cosa che probabilmente ha facilitato a Washington il compito di frenare la controrappresaglia israeliana. “Abbiamo piani offensivi e di difesa. Siamo in allerta. Ma non intendo al momento aggiungere ulteriori dettagli a riguardo”, ha tagliato corto in serata il portavoce dell’esercito israeliano, Daniel Hagari, con chi gli chiedeva in conferenza stampa se Israele avesse reagito o meno.
Il colloquio con Biden
Decisivo nella notte, ad attacco ancora in corso, è stato un colloquio telefonico di 25 minuti tra il premier Benyamin Netanyahu e il presidente Usa Joe Biden, mentre alcuni ministri del gabinetto di guerra israeliano chiedevano a gran voce una reazione immediata all’affronto iraniano. Il capo della Casa Bianca ha chiesto moderazione al suo interlocutore, più volte redarguito sulla condotta di guerra a Gaza, avvertendolo che Washington non avrebbe sostenuto un contrattacco dello Stato ebraico.
Assieme a Biden, l’Occidente, dal G7 all’Ue, si è schierato compatto contro l’escalation, condannando tuttavia altrettanto chiaramente l’attacco dell’Iran. In serata, dopo ore di silenzio, si è fatta sentire anche la Guida suprema iraniana, Ali Khamenei: “Gerusalemme sarà nelle mani dei musulmani e il mondo musulmano celebrerà la liberazione della Palestina”, ha scritto in ebraico su X, pubblicando un video di droni iraniani che sorvolano la Spianata delle moschee a Gerusalemme durante l’attacco di sabato notte.
Quelli che festeggiano
‘Morte a Israele, morte all’America!’. Questo si è cantato a Teheran durante l’attacco a Israele e nelle ore successive. Una festa nelle strade della capitale, dove hanno manifestato i sostenitori del governo, e anche nell’aula del Parlamento, dove un centinaio di deputati ha augurato la morte a Israele, giurando fedeltà alla Guida suprema Ali Khamenei mentre il presidente dell’Assemblea, Mohammad Bagher Ghalibaf, lodava “lo schiaffo del popolo iraniano” che ha dato “una lezione” a Tel Aviv.
La notte di Teheran è stata illuminata da fuochi d’artificio in alcune piazze e davanti all’università, dove molte persone si sono radunate guidando caroselli di motociclette e sventolando la bandiera della Repubblica islamica e della Palestina per celebrare la ritorsione contro Israele, dopo il raid sull’ambasciata iraniana di Damasco che il primo aprile ha ucciso sette membri delle Guardie della rivoluzione. “Il prossimo schiaffo sarà più forte”, hanno gridato i manifestanti, mentre Teheran assicura che è pronta a colpire di nuovo. “Se Israele attacca gli interessi, gli asset, le personalità o i cittadini dell’Iran in futuro, attaccheremo il regime sionista di nuovo dal territorio iraniano”, ha detto il comandante delle Guardie della Rivoluzione, Hossein Salami, mentre anche il presidente Ebrahim Raisi ha messo in guardia rispetto ad “atti irresponsabili contro l’Iran”. Per Teheran, “l’attacco contro Israele è stata una risposta limitata”, ha detto il ministro degli Esteri, Hossein Amirabdollahian, dichiarando che le basi americane nella regione non sono un obiettivo dell’Iran, a meno che non aiutino Israele nella risposta che lo Stato ebraico ha promesso all’Iran, dopo essere stato attaccato. “La questione (dell’attacco contro l’ambasciata di Teheran a Damasco) può considerarsi chiusa così”, ha affermato la rappresentanza iraniana all’Onu, minacciando però una risposta “considerevolmente più dura” qualora vi fossero attacchi da parte di Israele.