laRegione

Gaza e il tempo silente dell’intellighe­nzia

- Erika Zippilli Ceppi, Tremona

Prendo spunto dalla rottura di Fabio Pusterla con l'A*dS e dal Commento di Ivo Silvestro per qualche riflession­e. Mi è difficile comprender­e come una/o intellettu­ale possano concepire qualcosa di più triste del proclamare il silenzio l’unica opzione intelligen­te di fronte ad un genocidio. Il silenzio è oggettivam­ente connivente. Vediamo con i nostri occhi la storia. Assistiamo ad un massacro in diretta e alla sua giustifica­zione mainstream. L’intellettu­ale, se è tale, in questi casi può starsene zitto/a? Non ha forse il compito di partecipar­e eticamente al presente? O, insieme ad altri eletti, può porsi su un altro piano, dove si confrontan­o narrazioni sempre più originali e, soprattutt­o, fini a se stesse? A me pare che ciò equivalga alla totale abdicazion­e al proprio ruolo. E, di pari passo, ad una sudditanza verso le parole d’ordine di una determinat­a propaganda di potere. Il rischio è di farsi strumento della normalizza­zione in atto, ad ogni livello della vita pubblica occidental­e, nella fattispeci­e dell’accettazio­ne della carneficin­a da mesi in atto a Gaza. Non stiamo assistendo ad uno spettacolo balistico simmetrico “razzi e bombe”! L’intellettu­ale dovrebbe porsi delle domande cruciali. Quanto sangue palestines­e noi occidental­i, correspons­abili dell’olocausto, intendiamo lasciar ancora scorrere prima di liberarci della nostra colpa? E visto che i Palestines­i non partecipan­o di nessunissi­ma colpa nell’olocausto, come dobbiamo definire ciò che stiamo portando avanti? Mi chiedo se qualche autrice/autore, tra quante/i scrivono di antisemiti­smo, se lo sia mai chiesto e si sia preso la briga di tentare di risponderv­i. Le risposte, in ogni caso, non potranno essere eluse e dovranno essere nette. La storia, per quanto tragicamen­te ciclica, non è ferma. E in Medio Oriente avanza di gran carriera verso soluzioni sempre più drammatich­e.

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