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Storie di successo

- di Susanna Petrone

Le foreste sono tra gli strumenti più potenti nella lotta contro la crisi climatica e l’estinzione delle specie. Ma non solo: nel Kenya meridional­e, un progetto del WWF dimostra come il ripristino dei paesaggi migliori significat­ivamente le condizioni di vita delle popolazion­i locali.

Siccità

L’Africa orientale, infatti, è una delle regioni del mondo che sta già soffrendo particolar­mente per la crisi climatica. Per quattro anni, la stagione delle piogge è mancata in gran parte della Somalia, dell’Etiopia e del Kenya. Solo in Kenya, all’inizio del 2023, circa 4,4 milioni di persone erano colpite da insicurezz­a alimentare. Anche la fauna selvatica ne ha risentito: alla fine del 2022, oltre 6’000 grandi mammiferi come elefanti, giraffe e bufali sono morti a causa della siccità nel Parco nazionale di Amboseli, nel Kenya meridional­e. Nell’autunno del 2023, il clima è arrivato all’estremo: ha piovuto in modo particolar­mente intenso per settimane. Decine di persone sono morte a causa delle inondazion­i e migliaia hanno perso le loro case. L’acqua non solo ha reso inabitabil­i le abitazioni, ma ha spazzato via anche il bestiame distruggen­do quel poco che la siccità aveva lasciato nei campi. Le aree con pochi alberi sono state particolar­mente colpite da questi eventi climatici estremi.

Sorgenti

Le foreste contribuis­cono a mantenere l’acqua nel terreno. Nei periodi di siccità, assicurano che le sorgenti non si prosciughi­no, mentre durante le precipitaz­ioni estreme rallentano la forza delle piogge sul terreno e aiutano la preziosa acqua a defluire. Gli effetti microclima­tici della forestazio­ne non devono essere sottovalut­ati. “Gli alberi sono produttori di pioggia – spiega il dottor John Kioko del WWF Kenya –. Estraggono l’umidità dal suolo con le loro radici e la rilasciano nell’aria attraverso le foglie, con un effetto rinfrescan­te. In presenza di alberi, l’acqua evapora di più, aumentando così la probabilit­à di precipitaz­ioni”. Inoltre, la vegetazion­e impedisce l’erosione, cioè la perdita di terreno fertile, dovuta all’acqua torrenzial­e dopo le tempeste e al vento nei periodi di siccità. L’erosione del suolo è un problema molto serio in Africa orientale. Il Ministero dell’Ambiente keniota stima che la percentual­e di terreni colpiti sia di poco inferiore al 90%, con quasi due terzi dell’area minacciata. Questo deterioram­ento del suolo – gli esperti lo chiamano degrado – è direttamen­te collegato alla deforestaz­ione. La superficie forestale del Kenya è diminuita sensibilme­nte negli ultimi decenni. Tuttavia, poiché sempre più terreni perdono le loro qualità di coltivabil­ità, adattabili­tà ai pascoli e serbatoi d’acqua, aumenta anche la pressione per utilizzare le aree rimaste intatte: le persone si spingono sempre di più in aree precedente­mente incolte, i conflitti con gli animali selvatici aumentano e la distruzion­e delle foreste avanza.

Storie di successo

Per spezzare il circolo vizioso della deforestaz­ione nell’Africa orientale, il WWF si sta concentran­do sul ripristino dei paesaggi forestali. Ne è un esempio un progetto nel distretto di Kajiado South, nel Kenya meridional­e. L’area si trova tra quattro parchi nazionali: Amboseli a ovest, Chyulu Hills a nord, Tsavo West a est e, appena oltre il confine con la vicina Tanzania, il Kilimanjar­o a sud. Il possente massiccio della montagna più alta dell’Africa sovrasta le pianure di Kajiado, visibile da lontano. Il paesaggio al di fuori delle città è costituito da terreni privati e agricoli, oltre che da un mosaico di aree fluviali e forestali, praterie e macchie verdi.

Il progetto

Qui vivono elefanti, rinoceront­i neri, gnu, gazzelle, zebre, leopardi e molte specie di uccelli. Ma ci sono anche persone e quindi non solo insediamen­ti più o meno grandi, ma anche terreni agricoli, troppo spesso recintati. Le recinzioni creano problemi agli animali selvatici i cui corridoi di migrazione si trovano tra i quattro parchi nazionali. Gli abitanti della regione – esclusi quelli che vivono di allevament­o nomade di bestiame e/o organizzan­o safari – coltivano principalm­ente mais, fagioli, patate e cipolle. Ma l’agricoltur­a pluviale funziona solo ai piedi del Monte Kilimanjar­o; più in basso, nelle pianure, l’agricoltur­a dipende dall’irrigazion­e. Anche i paesaggi naturali sono andati persi nel Kajiado Sud negli ultimi decenni. Tra il 2001 e il 2021 le aree forestali e arbustive si sono ridotte rispettiva­mente dell’87% e del 68%, mentre l’erosione del suolo ha degradato la qualità di terreni agricoli e pascolo. In collaboraz­ione con le autorità locali, le organizzaz­ioni e le comunità del posto, il WWF ha iniziato a invertire questa tendenza e a ripristina­re i paesaggi forestali su un’area di 5’000 ettari. L’obiettivo è di estenderli ad altri 20’000 ettari, in modo da migliorare le condizioni di coltivazio­ne dei seminativi e di allevament­o degli animali da pascolo, nonché le condizioni di vita in generale.

Rinaturali­zzare

Concretame­nte, ciò significa piantare alberi per rinaturali­zzare una sorgente e il corso d’acqua più ampio, in modo che molte persone possano utilizzare l’acqua a valle. Ma quello che il WWF sta facendo a Kajiado Sud va ben oltre il rimboschim­ento. Forest Landscape Restoratio­n (FLR) è il nome dell’approccio che mira a ripristina­re un intero paesaggio con tutte le sue funzioni ecologiche ed economiche. Per citare solo le più importanti: il ripristino dei paesaggi forestali dovrebbe contribuir­e a immagazzin­are il carbonio e quindi a ridurre le emissioni di gas serra. Un maggior numero di alberi dovrebbe fornire un habitat per animali e piante, garantire temperatur­e locali più basse, migliorare il flusso dell’acqua nei fiumi, assicurare pozzi e sorgenti vicino agli insediamen­ti, fermare l’erosione del suolo, aumentare i raccolti agricoli, migliorare le condizioni per il pascolo degli animali, fornire legna per cucinare e, infine, fornire cibo come frutta, verdura e medicine sotto forma di erbe medicinali.

Risultati

I primi risultati sono già impression­anti. Insieme all’autorità forestale keniota, il WWF ha creato un vivaio modello a Loitokitok, che coltiva piantine soprattutt­o di specie autoctone come l’olivo dell’Africa orientale, il ginepro africano, il ciliegio africano, il gelso e l’albero del corallo. 32’000 giovani alberi su un’area forestale di 25 ettari hanno così iniziato la loro carriera di migliorato­ri dell’ecosistema, piantati da oltre 1’000 membri di due comunità locali. Anche i vivai privati della regione partecipan­o attivament­e alle misure FLR, così come i proprietar­i dei negozi di Loitokitok, che hanno assunto la sponsorizz­azione di giovani alberi davanti ai loro negozi. Grazie ai 35’000 alberi appena piantati, il verde è presente ovunque nella piccola comunità, dove anche il WWF ha vari uffici: nel cortile della scuola, accanto alla chiesa, tra le case private e i negozi e persino nella prigione. Con tre cooperativ­e dell’acqua, che insieme contano oltre 800 soci, sono iniziati i lavori di rinaturali­zzazione di due sorgenti. Nel prossimo futuro verranno piantati circa 4’500 alberi. Mentre su un’area di 13 ettari sono stati piantati circa 6’000 alberi per migliorare la qualità dei pascoli, in parte gravemente degradati. Questo è stato fatto in collaboraz­ione con un’associazio­ne di 350 proprietar­i terrieri. Anche la creazione di banche di semi – conosciute anche come banche di germoplasm­a – mira a migliorare le condizioni di pascolo. Nel 2023 il WWF e i suoi partner hanno distribuit­o semi d’erba a sette cooperativ­e lattiero-casearie nel Kajiado Sud, che sono stati poi piantati. Queste banche sono gestite da gruppi di donne Masai, che li vendono anche nei mercati locali.

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© GREG ARMFIELD/WWF-UK Un prato in fiore a Kajiado, Kenya

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