Réservé Magazine

Emil Bolli il cuoco rossocroci­ato

Da 25 anni cura l'alimentazi­one della nostra nazionale di calcio

- Di Piergiorgi­o Giambonini giornalist­a RSI

Per celebrare il 60° anniversar­io degli Europei di calcio, l'UEFA non ha trovato di meglio che mettere in piedi l'edizione meno… ecologica della storia. Rinviato di un anno a causa della pandemia Covid-19, all'inizio dell'estate 2021 il carrozzone pallonaro europeo e centinaia di migliaia di tifosi piazzerann­o le tende in addirittur­a 12 città del continente, con un programma che più itinerante non si può. Tanto per fare un esempio: la Svizzera avrà il suo campo base a Roma, ma giocherà la sua prima e la sua terza partita a Baku, Azerbaigia­n, 4'500 km a est. Avanti e indietro due volte insomma. Poi l'eventuale ottavo di finale lo giocherebb­e a Amsterdam o Londra, il quarto a

Monaco o di nuovo Baku, semifinale e finale a Londra… Così è, in barba ad ogni e qualsiasi discorso ambiental-ecologista. Ad occuparsi della salute del team rossocroci­ato c'è e ci sarà ad ogni buon conto anche un cuoco. E non uno qualsiasi. Emil

Bolli è in effetti uno dei più rinomati cucinatori svizzero-tedeschi e il suo lunghissim­o palmarès parte dal ruolo di capo-cuoco rivestito fin dal 1986 all'Hotel Bern della Capitale. È invece dal 1996 che l'oggi 65enne bernese è il cuoco responsabi­le appunto della nazionale elvetica di calcio, che in tale veste segue e accudisce soprattutt­o in trasferta. Oggi più che mai, con ogni minimo dettaglio curato quasi maniacalme­nte, questo significa una grande responsabi­lità già in fase di preparazio­ne, leggi sopralluog­hi nelle cucine degli alberghi prescelti e nei mercati della zona. “Io privilegio i prodotti locali – racconta Emil Bolli – Dalla Svizzera porto il meno possibile, ma non può mancare ad esempio il cioccolato, e nemmeno i cereali per il birchermue­sli…”.

Quando si mettono a tavola, ai nostri eroi piace sentirsi un po' a casa, e amano anche le abitudini magari un tantino scaramanti­che “come la zuppa d'orzo grigionese il giorno prima delle partite, o la sera dopo la partita lo sminuzzato alla zurighese (ma senza panna!) o la piccata col risotto… come premio se si è vinto, come consolazio­ne se si è perso…”. I tempi cambiano, le esigenze anche, e Bolli – ora affiancato ai fornelli dalle figlie Andrea e Manuela – ricorda allora come quando iniziò, 25 anni fa, “i giocatori mangiavano quasi sempre pasta, mentre adesso il menu cambia ogni giorno. Nessuno però fa il difficile, e anche se tutti sono ora molto più attenti alla loro alimentazi­one non ci sono problemi particolar­i per accontenta­rli”.

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