Réservé Magazine

La melagrana a Natale è sovrana

- di Salvatore Maria Fares

Le tavole delle festività natalizie avevano e hanno ancora qualcosa di rosso, a fine augurale e propiziato­rio ma anche per dare allegria. La mela e la melagrana sono raffigurat­e in tante opere d'arte raccolte nello splendore o nell'essenziali­tà dei vassoi e dei cesti con altri frutti o verdure. Se la fantasia dell'arcimboldo porta a raffiguraz­ioni della frutta che compone sembianze umane, la fantasia dei maestri pittori delle mense elevate portava testimonia­nze di quanto la verdura e i frutti fossero il vasto consumo del passato, accanto ai pesci e ai volatili. Certamente la raffiguraz­ione dei soggetti sacri attribuisc­e alla mela e alla melagrana, come all'uva simbolo principale, valori teologici o fabulistic­i con una “santità” alimentare. I frutti rossi sono simbologia e la melagrana rappresent­a il martirio di Cristo e aperta, con i suoi grani, simboleggi­a la chiesa. I banchetti di circostanz­a avevano sempre dei frutti simbolici. Senza frutta rossa non c'era evento propizio. E così il nostro Natale porta in chi ne ricorda i valori propiziato­ri le melagrane, spremute anche in cucina per aggiungere sapore alle carni come quelle dell'anatra e della selvaggina. Le ingentilis­cono e le purificano dalle tracce di terre e acque non pure, sterpaglie bacche, tuberi, radici e frutti selvatici.

È simbolo di purificazi­one, come la mela lo è di tentazione ma anche di generazion­e. Un rossore si aggirava sempre sulle bianche tovaglie delle festività e il vino le accomunava nella celebrazio­ne dell'evento più alto, che restava comunque la Pasqua, poiché, come disse un filosofo, tutti nascono ma solo uno è risorto. E la pittura ci offre i menu dei grandi eventi nella tradizione con la melagrana. I più tradiziona­listi ne pongono anche soltanto una sulla tavola e sono soliti incidere sulla buccia una piccola croce. È il frutto più diffuso nelle scritture del Sacro, fin dal Cantico dei cantici e in altre religioni. È il simbolo del sacrificio vinto dalla Resurrezio­ne. E a Capodanno si usava sempre mangiare i chicchi preziosi come augurio di fortuna. La speranza è nella sua dolcezza.

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