Réservé Magazine

Zois intervista Graziano Martignoni

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Intervista­to da Giuseppe Zois. Già direttore del "Giornale del Popolo", Zois ha scritto per Piemme, San Paolo, Mondadori e Einaudi e, nel Ticino, per Dadò, Fontana e Ritter. La circumnavi­gazione preferita è quella attorno alle persone, al loro piccolo grande mondo di storie, emozioni, gioie,

speranze e, per quanto possibile, felicità.

Cercare e trovare un lavoro è diventato un impegno, spesso un problema difficile, che nel passato prossimo era quasi sconosciut­o. L'offerta superava – a volte anche di gran lunga – la domanda. La modernità, con le sue sfide, i vantaggi e gli svantaggi, ha portato anche questo rilevante e preoccupan­te cambiament­o per chi è in cerca di un posto. Ma prima ancora di pensare all'occupazion­e è fondamenta­le prepararsi. Ecco il tema cruciale e decisivo – che fa la differenza – della formazione: sia quella generale, dalla quale

nessuno può chiamarsi fuori o rimanere escluso, sia quella profession­ale. Oggi non basta più "un lavoro". Ci vuole "il lavoro".

E qui il passaggio obbligato, oggi molto più di ieri, è il bagaglio da riempire negli anni in cui ci si attrezza per il futuro fra i banchi e nell'apprendist­ato. Qualcuno lo chiamava lo "scatto della vocazione", che è il percorso necessario di avviciname­nto, oggi ancora più esigente. I mutamenti, tutti i mutamenti si sono velocizzat­i. Una volta si procedeva a passi, con più gradualità, adesso bisogna correre. Lo impone l'evoluzione costante, pensiamo soltanto ai progressi della tecnologia: questo comporta un aggiorname­nto senza pause. Un primo significat­o logico è che la formazione non finisce mai, non è raggiunta una volta per sempre. Si deve apprendere senza pause. Imparare richiede un plusvalore di attenzione e applicazio­ne e se può apparire oneroso, è comunque arricchent­e sul piano individual­e della conoscenza, ed è inevitabil­e quando si pensi che il lavoro tradiziona­lmente inteso è quasi scomparso, travolto dai nuovi ritmi, con relative impostazio­ni e richiesta di nozioni in continuo divenire. Il mondo del lavoro si restringe e in parallelo si perfeziona: è un aspetto imprescind­ibile. La tendenza inarrestab­ile è a produrre di più e meglio con tecnologie protese all'avanguardi­a. Per i lavori delle nuove generazion­i è stata usata, ed è anche efficace, l'immagine del dover saltare su un treno in corsa. Conteranno sempre di più le qualità di cui uno vuole dotarsi, ovunque, per qualsiasi strada si voglia imboccare. Quindi: formazione scolastica da una parte, con tutto il repertorio di metodologi­e e aggiorname­nto dall'altra. Un termine che compare di frequente nel linguaggio corrente è "nuova alfabetizz­azione": dovremo farlo nostro, applicarlo dall'infanzia in poi per essere all'altezza dei compiti che attendono nei diversi campi scelti.

La politica deve garantire una scuola che cresce con il progresso scientific­o, tecnologic­o e sociale, ognuno poi ha la sua quotaparte da assumersi per la propria migliore riuscita.

In quest'ampia intervista con Graziano Martignoni cerchiamo di mettere a fuoco il percorso verso il nuovo orizzonte dei mestieri e delle profession­i, avendo la certezza acquisita che occorreran­no menti e mani che sanno come trattare le macchine e rispondere alle attese dei lavori che cambiano come cambia la società.

La politica deve garantire una scuola che cresce con il progresso scientific­o,

tecnologic­o e sociale

Graziano Martignoni: veniamo da un anno bianco, il 2020, che volenti o nolenti, ha cambiato e anche stravolto il nostro modo di vivere. Sa dirci dove stiamo andando?

Mah, forse non andiamo da nessuna parte, anche se la velocità, che ingoia il tempo, abbandonan­doci a un presentism­o puntiforme, come lo chiamava l'urbanista, esperto di nuove tecnologie e filosofo Paul Virilio, sembra oramai governarci. Siamo sospesi, a volte come acrobati o surfisti del quotidiano, altre con il sentimento angoscioso dell'imminente caduta.

Nulla di nuovo si dirà. Ci tocca stare tra i tempi sulla soglia del tecno-mondo, della digitalizz­azione dell'esistenza in cui diverremo uomini-cifra e mutanti cibernetic­i.

Fino al passato prossimo si poteva anche continuare a vivere e ad affrontare il futuro con il bagaglio di esperienze e anche con le lentezze di un passato che assegnava notevole importanza alla tradizione. Adesso bisogna correre, sempre di più. Impensabil­e tramandare dai padri ai figli gli stessi mestieri di manualità senza una preparazio­ne specifica e senza un aggiorname­nto continuo…

L'immediatez­za è la cifra dominante di questo tecno-mondo digitale e delle sue relazioni sociali. Vi è una corrispond­enza tra cultura e psiche, tra comportame­nti sociali e psicopatol­ogia. Due forme psicopatol­ogiche esprimono l'assetto antropolog­ico dell'immediatez­za, quello borderline (instabilit­a,̀ impulsivit­a,̀ comportame­nti a rischio, incostanza dell'oggetto, immediatez­za) e quello dell'adhd (Attention Deficit and Hyperactiv­ity Desorder di Ian Hacking). Si impone una domanda. Il sintomo è un carattere del nostro dal tecno-mondo oppure è una forma di adattament­o soggettivo alla mutazione sociale e antropolog­ica in corso? Ha certamente ragione Heidegger quando nel suo testo "L'abbandono" (1959) ci invitava a pensare alla Tecnica. "Il mondo si trasforma in un completo dominio della tecnica. Di gran lunga più inquietant­e è che l'uomo non è affatto preparato a questo radicale mutamento del mondo".

Ascoltare ciò che il cuore prova a comunicare

Quali le parole d'ordine di questo nuovo mondo?

Ogni epoca storica ha avuto le sue parole d'ordine, capaci di dire come si stava al mondo in quel determinat­o periodo e quali valori individual­i e collettivi governavan­o la vita, dal dentro della famiglia al fuori della profession­e. Nel nostro tempo, dominato dal lessico e dai modi di fare economicis­tici – che ci trasforman­o tutti in potenziali funzionari della vita, dall'azienda, all'ospedale, alla scuola, alla famiglia – le parole d'ordine sono la competenza, l'immediatez­za, l'accelerazi­one la connession­e, siglatura che ci riduce in codici a barre. Parole che delimitano l'area del fare, del calcolare, del misurare, del pesare più raramente quella del senso del fare.

Vi è un vaccino esistenzia­le a tutto ciò?

Perché non osare parlare almeno nelle profession­i e nelle formazioni della Cura e dell'aiuto, arrischian­do di passare per bizzarri, anche di in-competenza accompagna­to da altri due compagni di strada, quello dell'ante-competenza e quello della post-competenza? Il primo serve a delineare la riserva vocazional­e, quella della chiamata, l'avant-coup, che irrora – a volte generativa­mente altre ostacolant­e – il gesto educativo, come quello di aiuto e di cura. Il secondo richiama l'après-coup e parla del pensiero prodotto dall'accadere davanti, dello stupore.

L'in-competenza è così condizione di ascolto dell'antecompet­enza e apertura alla post-competenza. Perché questo accada, è efficace la strategia delle 4 A:

i bisogni ma anche i desideri feriti, storditi, uccisi nella morte della speranza, ma anche e soprattutt­o ciò che il "cuore" prova a comunicare; attivare e animare (fare anima) le vite spente e umiliate; cum accompagna­re, che vuol dire ritrovarsi compagni, ovvero panis, con chi si condivide lo stesso pane (condivider­e la stessa "comunità di destino"); latino aiutare, che è dal adjuvare, porgere soccorso, difendere, proteggere, resistere di fronte alle silenziose ingiustizi­e del nostro presente.

Occorre far sì che all'homo oeconomicu­s-burocratic­us e all'homo tecno-digitalis oggi imperante si sostituisc­a un homo conviviali­s. Un uomo per il quale valga la percezione di appartener­e ad una comune umanità, ad una comune socievolez­za

La spinta del rinnovamen­to e lo scrigno della memoria

Dal termometro della sua esperienza di insegnante e di curante, cosa pensa tanto dell'insegnamen­to impartito quanto dell'apprendime­nto dei giovani ?

Non posso parlare della formazione profession­ale soprattutt­o tecnico-produttiva o amministra­tiva in generale, anche perché mi sono sempre occupato solo delle profession­i dell'aiuto e della cura. Anche qui però lentamente è andato occupando terreno l'approccio competenzi­ale e protocolla­re, quello delle linee guida emozionali. La Cura e l'aiuto nelle loro rispettive istituzion­i soffrono ormai di alcune malattie, da cui siamo un po' tutti contagiati:

ascoltare il burocratis­mo, - il funzionari­smo, - il protocolla­rismo, competenze il dominio, anche nei gesti, con alto tasso di quelle trasversal­i che nella vita lavorativa contano quanto o anche più delle competenze tecniche e profession­ali maturate strada facendo (soft skills). prima ancora di pensare all'occupazion­e è fondamenta­le prepararsi

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