Corriere della Sera - La Lettura
Nico Naldini è un antico greco e trova il deserto pieno di desiderio
Esiste ancora tra noi qualche vecchio pagano, qualche greco antico, tale sia per la mentalità sia per lo stile? Se esiste, uno di questi è senza dubbio l’ottantenne poeta, narratore, biografo e saggista friulano, ma trevisano di adozione, Nico Naldini. La sua esperienza lirica si disegna sullo sfondo della grande poesia omoerotica di Kavafis e di Auden e, in ambito italiano, di Sandro Penna: «Negli anni della vita/ ho soltanto portato in giro/ l’odore dei ragazzi che abbracciavo./ Qualcuno mi sgridava/ altri mi ferivano/ ma succhiato il dolce sangue/ la ferita già guariva». La semplicità incantata della visione di Naldini si esprime in un verso libero dal ritmo colloquiale, andante e musicale. La raccolta Piccolo romanzo magrebino (Guanda, 2016), nata dai lunghi e ripetuti soggiorni dell’autore in Tunisia, immette il trasalimento amoroso nell’arcaico e nitido paesaggio nordafricano, nelle povere case assolate, nelle notti di lapislazzulo, nelle brezze incostanti e leggere come i fanciulli che vi appaiono e scompaiono suscitando il morso del desiderio. Ha ragione Francesco Zambon, nella suggestiva postfazione, di sostenere che alcuni componimenti di Naldini risultano difficilmente distinguibili da quelli dell’Antologia greca, quasi Naldini fosse un Meleagro, se non un Anacreonte, dei nostri giorni. Al centro di tutto è sempre la bellezza maschile, non quella adulta, ma adolescenziale, con il corteggio di attese, miraggi, ricordi e nostalgie che continuano ad alimentare la vita del vecchio poeta: «Così negli antichi vasi/ figure si rincorrono/ senza soluzione tra amare/ ed essere amati».