Corriere della Sera - La Lettura
Gli oggetti nelle tasche ci parlano delle vittime
ono gli oggetti recuperati dalle tasche, i vestiti, i foglietti di carta nascosti a parlare delle vite di queste persone, delle loro speranze, del loro passato e di quello che pensavano di costruire». Le parole sono della dottoressa Cristina Cattaneo, del laboratorio di Antropologia e odontologia forense dell’Istituto di medicina legale dell’Università di Milano, che si è occupata della repertazione cadaverica dei 728 corpi recuperati nella stiva del peschereccio affondato nella notte del 18 aprile 2015 nel Mediterraneo. Martina Melilli, artista audiovisiva nata a Piove di Sacco (Padova) il 18 novembre 1987, ora di base a Legnaro (Padova), è rimasta colpita da questa dottoressa e dalle sue parole. Nel progetto presentato per ArteVisione, vorrebbe concentrarsi proprio sugli oggetti dei migranti, rappresentati in un luogo asettico sopraffatto dal rumore del neon, «che crea un silenzio assordante, lo stesso che subiscono le voci di queste persone dimenticate», per mostrare le mani che catalogano con cura questi oggetti: «L’ultimo gesto di umanità nei confronti di persone, ridotte a semplici numeri».